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Tutte le fiabe che parlano di "figli"

La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "figli", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".

il valore del tuo sorriso

Il valore del tuo sorriso

Alexia è in visita dall’amica, si accorge, della tensione nell’aria. Loredana è nervosa urla ai ragazzi, si lamenta per ogni cosa combinino. Genera scontri litigi. “Scusa” fa rivolta ad Alexia “ma io no ce la… Il valore del tuo sorriso

Mamma Imperfetta

C’era una volta una donna che diventò mamma in un momento in cui non sperava più di esserlo, il bimbo che diede alla luce era quanto di più desiderato al mondo e la mamma era… Mamma Imperfetta

Il Re della Foresta

C’era una volta un Leone Grande grande grande che viveva nella Foresta più bella del mondo…lui era il Re di questa foresta e ne era molto fiero.

Aveva una bella famiglia, c’era mamma Leonessa, il piccolo Leoncino e la piccola Leoncina, tutte le mattine, dopo aver fatto colazione tutti insieme, il Papà leone salutava la sua famiglia e andava a fare un giro di ricognizione nella foresta. Aveva l’abitudine di controllare che tutto fosse apposto e che nessuno dei suoi Amici avesse problemi.

E così, usci da casa e fischiettando cominciò il suo giro…nel suo percorso incontrò per primo la scimietta…”buongiorno scimmia, come stai?”chiese il leone “buongiorno a te leone, io sto bene grazie, sto facendo il solito giro mattutino di controllo..”la scimmia rispose”che meraviglia leone, questa cosa mi rende proprio sicura, grazie”il leone sorrise e rispose “grazie a te, buona giornata”.

Il Re della Foresta

La gabbiana e la tartaruga

Un giorno una graziosa gabbiana, volando sopra l’oceano, si imbatté in una scena che la sconcertò: centinaia di tartarughine appena nate arrancavano faticosamente sulla spiaggia nel disperato tentativo di raggiungere il mare.

Per molte di loro la tanto agognata distesa azzurrina non restava che un miraggio, mentre la loro folle corsa terminava negli artigli di affamati uccelli predatori. Quando, in seguito, la nostra gabbiana venne a sapere che le tartarughe erano solite abbandonare le loro uova sulla spiaggia, totalmente ignare della sorte dei loro piccoli, restò veramente indignata.

Lei, che aveva pazientemente covato le sue uova e accudito i piccoli con tanto amore, fino a che non erano stati in grado di volare da soli fuori dal nido, non riusciva a capacitarsi di come una madre potesse essere tanto irresponsabile.

La gabbiana e la tartaruga

I tre fratelli

C’era una volta un padre che aveva tre figli, e nessuno dei tre si decideva a prendere moglie; un giorno quest’uomo, sentendosi vecchio, pensò:
“Come devo fare che, pur avendo tre figli, nessuno si vuole sposare? Meglio che ci pensi io e trovi un rimedio”.

Diede loro tre palle, li portò in piazza e disse di buttarle in aria: dove cascavano lì avrebbero preso moglie. Una cascò sopra la bottega di un vinaio, un’altra sul negozio di un macellaio, la terza in una vasca. 

Il maggiore dei tre aveva tirato la palla sulla bottega del vinaio, il secondo sulla bottega del macellaio, e il terzo, che aveva tirato sulla vasca, era il più piccino e si chiamava Checchino. Il padre, perché non ci fosse gelosia tra fratelli, diede una camicia ad ogni figlio, e disse che la donna che la cuciva meglio sarebbe stata la prima a sposarsi.

I tre fratelli

La sapia

TRATTENIMENTO SESTO della Giornata Quinta.

Sapia, figlia di una gran Baronessa, fa diventare uomo accorto Cenzullo[1], il figlio del Re che non poteva intendere lettere. Egli, a causa di un buffettone[2] datogli da Sapia, volendosi vendicare se la pigliò per moglie e dopo mille strazi, avutine senza sapere come tre figli, si riconcilia con lei.

Fecero festa grande il Signor Principe e la Principessa quando videro arrivate a buon fine le vicende di Cecchetella, che non credevano che dentro tanta burrasca trovasse quel porto; e dato ordine a Ciulla di sfoderare il racconto suo, lei vi mise mano.

La sapia

Le piacevoli notti // Favola I

Salardo, figliuolo di Rainaldo Scaglia, si parte da Genova, e va a Monferrato, dove fa contra tre comandamenti del padre lasciatili per testamento, e condannato a morte vien liberato ed alla propia patria ritorna.

– Di tutte le cose che l’uomo fa over intende di fare, o buone o rie che elle si siano, dovrebbe sempre il termine maturamente considerare. Laonde, dovendo noi dar cominciamento a’ nostri dolci e piacevoli ragionamenti, assai piú caro mi sarebbe stato, se altra donna che io al favoleggiare avesse dato principio; perciò che a tal impresa non molto sofficiente mi trovo, perché di quella facondia che in tai ragionamenti si richiede, al tutto priva mi veggio, per non mi essere essercitata nell’arte dell’ornato e polito dire, sí come hanno fatto queste nostre graziose compagne. Ma poiché cosí piace a voi, ed emmi dato per sorte ch’io a ragionare sia la prima, acciò che ’l mio tacere a questa nostra amorevole compagnia non cagioni disordine alcuno, con quella maniera di dire che mi sará dal divino favore concessa, al nostro favoleggiare darò debole cominciamento, lasciando l’ampio e spazioso campo alle compagne, che dopo me verranno, di poter meglio e con piú leggiadro stile sicuramente raccontare le loro favole, di ciò che da me ora udirete.

Le piacevoli notti // Favola I

Il contadino e i figli // Esopo

Il progetto
La favola esopica: il mondo visto con gli occhi degli umili

La tradizione attribuisce ad Esopo (VI sec. a. C.?) l’invenzione della favola; tuttavia sappiamo bene che la prima testimonianza nell’ambito della letteratura greca risale al racconto in versi dell’Usignolo e lo Sparviero, contenuto nel poema didascalico Ἔργα Ἡμέραι di Esiodo (VIII – VII secolo a.C.), se non addirittura ad Omero, il quale nell’Odissea paragona i Proci, nella predizione di Menelao, alla cerva imprudente che si reca a porre i suoi cerbiatti appena nati nella selva ove dimora il leone, decretandone così la morte.

Ad Esopo resta tuttavia riconosciuto il merito di aver consentito lo sviluppo del genere favolistico e di aver elaborato con originalità questa espressione d’arte popolare.

“Il significato globale dell’opera risulta chiaro: attraverso la finzione della favola, dietro il travestimento animalesco Esopo vuol proporre un’interpretazione del mondo dal punto di vista degli umili. Non fa meraviglia, quindi, se dalla sua raccolta emerge una realtà ben diversa da quella veicolata dal ‘mito’ aristocratico di Omero. …. Egli ha saputo indagare e ritrarre la vita degli umili nella tragicommedia dei loro estrosi ripieghi e nell’infamia della loro secolare oppressione; tuttavia, chiuso in un’opaca e fatalistica rassegnazione, non ha osato alimentare la speranza di un reale cambiamento” (L. Barbero)

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Il contadino e i figli // Esopo

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