Dante era un bambino svogliato. Per non studiare le sue lezioni, per non fare i compiti e per non aiutare i grandi, spesso scappava via di casa, solo soletto, e correva come un capriolo per i campi e per i boschi, mentre la sua povera mamma si angustava cercandolo dappertutto.
Dante era felice di essere libero, di non fare nulla dalla mattina alla sera, e parlava con tutto ciò che gli stava attorno.
«Oh, piccola ape color oro, dove corri così frettolosa? Fermati un po’, sii buona, scherza e ridi con me.»
«Non posso, piccino» rispose l’ape color oro. «Devo succhiare il nettare dei fiori, per farne miele e cera.»
Dante diventò pensieroso; poi riprese a correre e si rivolse all’asinello bigio macchiato di bianco che pascolava nel prato:
«Pigliami in groppa, asinello grazioso, e fammi fare una bella trottata.»
«Non posso, bimbo caro» rispose l’asinello. «Ora che ho mangiato, il mio padrone mi carica di erbe e frutta e andremo insieme in città.»
Dante fece una smorfia di dispetto. Si chinò sul ruscello limpido e gli mormorò:
«Ruscelletto, ruscelletto mio, te ne prego: arrestati un po’ e divertiti con me, che sono solo e mi annoio.»
«Non posso, piccolo mio» rispose il ruscello. «Devo correre verso il mulino, per far girare la macina; altrimenti il grano non diventa farina.»
Dante divenne improvvisamente triste.
All’improvviso vide un bellissimo passerotto tutto colorato che svolazzava su e giù allegramente e gli disse:
«Tu, piccolo passerotto, anche tu mi abbandoni? Dai! Vieni a giocare con me. Ho tanta voglia di correre e divertirmi con un amico…»
«Mi spiace, ma non posso» rispose il passerotto. «Sto imparando esercizi difficilissimi, tra poco volerò meglio di tutti.»
Dante era meravigliato e indispettito. Ma come? Tutti avevano qualcosa da fare, un dovere da compiere, un lavoro da eseguire?
Ad un tratto, dal bosco apparve una povera vecchietta, curva sotto un fascio di legna secca. Camminava piano piano, ansando.
«Come fate, vecchietta, a reggere tutta quella legna?» chiese il bambino.
«Eh, figliolo mio, ho raccolto con grande fatica questa legna in montagna: ora la porto in paese e la vendo al fornaio per due pani freschi. Così potrò mangiare per qualche giorno. E tu, come mai oggi non sei a scuola?» domandò la vecchietta.
Il piccolo Dante rispose: «Non voglio studiare.»
La vecchietta, stupita, disse: «Sei ormai un ometto e devi prenderti le tue responsabilità. Devi capire che esiste un tempo per giocare ed uno per studiare. Non dare un dispiacere alla tua famiglia.»
Dante la guardò con gratitudine e, dopo aver riflettuto, disse all’improvviso:
«Datemi il vostro fascio, lo porterò io.»
E così, passo dopo passo, la vecchietta e il bambino tornarono insieme al villaggio.
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