Tantissimi anni fa, nell’antico Giappone, vivevano a Matsuyama, nella Provincia di Echigo, un uomo e sua moglie.
Quando questa storia ha inizio, erano già sposati da alcuni anni e la loro unione era stata benedetta dalla nascita di una bambina, che era la gioia e l’orgoglio della loro vita, e pensavano che sarebbe stata una fonte d’infinita felicità nella loro vecchiaia.
Giorni incisi a lettere d’oro nella loro memoria erano stati quelli che avevano segnato l’uscita della bambina dalla prima infanzia; la visita al tempio quando aveva appena tredici giorni, con la mamma che la portava in braccio orgogliosa, vestita con il kimono da cerimonia, per metterla sotto la protezione della divinità di famiglia; e poi la sua prima festa delle bambole, quando i genitori le avevano regalato una serie di bambole e i loro corredini da arricchire un anno dopo l’altro; e poi l’avvenimento forse più importante, al suo terzo compleanno, quando il suo primo obi, tutto oro e scarlatto, era stato legato intorno al suo vitino a simboleggiare che aveva oltrepassato la soglia della prima infanzia e l’aveva lasciata alle spalle.
Lo specchio di Matsuyama