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Tutte le fiabe che parlano di "scuola"

La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "scuola", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".

ritorno-scuola

Ritorno a scuola

Erano le tre del pomeriggio mentre Giulia avendo usato le vacanze solo per divertirsi stava studiando ridotta all’ultimo momento.

Giulia non c’e la faceva più e pensando tra se e se disse . Alberta la mamma di Giulia disse Giulia disse Giulia stava scendendo le scale mentre Lilly la sua gattina miagolava.

Giulia si era seduta a tavola e la mamma disse . Giulia fece alla mamma uno sguardo come dire non è colpa mia e poi disse.

Ritorno a scuola

La scuola

Sono a scuola, dietro al banco,
e sto scrivendo in un foglio bianco,
sto scrivendo tante cose,
e le mie amiche sono già curiose,

cose molto importanti,
che dedico a tutti quanti, 
care maestre : 
spero di aver superato il primo quadrimestre.

La scuola

Dietro la cattedra

Vorrei scriverle tutte
le vostre domande
ma non esiste un foglio così grande.

domande che affiorano 
ogni giorno differenti 
perché voi siete fiumi 
dai tanti affluenti. 

Dietro la cattedra

La scuola dei grandi

Anche i grandi a scuola vanno
tutti i giorni di tutto l’anno.
Una scuola senza banchi,
senza grembiuli nè fiocchi bianchi.

E che problemi, quei poveretti,
a risolvere sono costretti:
“In questo stipendio fateci stare
vitto, alloggio e un po’ di mare”.

La scuola dei grandi

La partenza per la scuola

Arrivederci, me ne vado a scuola
a studiare; lo vedi, ho la cartella!
Che? Ti dispiace ch’io ti lasci sola?
Non vuoi restar senza la tua sorella?…

Oh! sul tuo naso c’è una lacrimona;
non pianger, via, ritornerò, sii buona!
La mia bambola vuoi? la lascio a te;
tienla di conto, sai! (Povera me!…)

La partenza per la scuola

Filastrocca della matita

Io avevo una matita
tutta bella rifinita
col cappuccio nero in testa
che scriveva lesta lesta
paroline e parolone
di carine e di buffone.

Ma un bel dì la mia matita
si sentì così sfinita
che non volle scriver più
io le dico: ehi matita che fai? Su!.
– Non crucciarti o padroncina
ho la punta troppo fina
che non può durare a lungo
così il foglio più non pungo.-

Filastrocca della matita

Lo zaino invisibile

Nonostante sia trascorsa un’eternità, riesco ancora a ricordare la mia prima elementare: il grembiulino nero, il collettino rigido bianco, il fiocco blu.

Allora la scuola incominciava il primo di ottobre, San Remigio, e i bambini che iniziavano la prima elementare erano, perciò, detti remigini.

Ovviamente avevo, e ne ero orgoglioso, un bell’astuccio con matite colorate nuove (i pennarelli non esistevano ancora), temperamatite, gomma, cannuccia e pennini, sì, perché alle elementari non si usava ancora la biro, bensì penna e calamaio, quest’ultimo inserito nel banco e contenente una poltiglia che dell’inchiostro aveva ben poco e che il bidello a metà mattina veniva a rabboccare.

Oltre l’astuccio avevo poi l’abbecedario, un paio di quaderni (quelli piccoli) a righe e quadrotti, i quadretti grossi e il tutto era contenuto in una cartella verde che sembrava di pelle, ma era poco più che cartone pressato con un motivo che doveva simulare il cuoio.

La cartella aveva, oltre il manico, anche le cinghie per metterla sulle spalle.

Lo zaino invisibile

Kevin e il vecchio zaino Flick

All’inizio del terzo anno della scuola primaria, Kevin, proprio non ne voleva sapere di ritornare in classe con il suo vecchio zaino color blu.

-Mamma, io quello zaino non lo voglio più…ormai è vecchio e passato di moda! I miei compagni avranno già acquistato le cose più belle e alla moda!- continuava a lamentarsi.

-Pazienta Kevin, ne avrai anche tu uno nuovo, tra qualche mese- le diceva la mamma.

Suo malgrado, il piccolo cominciò la scuola con lo zainetto blu. Era triste, non voleva sfigurare davanti ai suoi amichetti che avrebbero sfoggiato cose nuove.

Kevin e il vecchio zaino Flick

Il regno di Sgrammatica

Nel paese di Sgrammatica, i guardiani con le zucche come testa,
da mesi già facevano gran festa, e non per via del calendario.
Era stato abolito in tutto il regno il famoso dizionario.
“Non si usa percké è pezante e ci si stanca bresto!”

Questa la grande scusa che, con un annuncio pieno di errori, usarono a pretesto.
Chi scriveva emozzione con due zeta era ben voluto.
I congiuntivi si usavano oramai di nascosto, persino in uno scantinato.
E per leggere in segreto si usavano candele al profumo di vaniglia.

Ogni libro che si restituiva, come premio due barattoli di miele d’ape.
A molti sgrammatichesi conveniva: ” Meglio miele che passar leggendo le serate.
“Qual’ è” con l’apostrofo era di moda, chi lo usava spesso vinceva dei gran balocchi:
orsacchiotti , carillon e soldatini di legno antico, poi triciclo e biciclette di color pistacchio.

Il regno di Sgrammatica

Una bambina di nome Cleo

Fiaba di Valerio Bottino

Tanto tempo fa, nel regno degli antichi egizi, viveva una bambina di nome Cleo.

Questa bambina non amava fare le faccende di casa: cucinare, mettere a posto, lavare…

Lei voleva fare delle cose più impegnative e divertenti, per esempio andare a scuola. Ma lei non poteva andarci, ci andava suo fratello, infatti la scuola era solo per i maschi.

Così Cleo di notte prendeva di nascosto i libri del fratello e cercava di imparare l’alfabeto. In poco tempo aveva imparato a leggere da sola. Una notte i suoi genitori la sentirono leggere e rimasero meravigliati della sua bravura!

Allora il giorno dopo andarono da un capo egizio e gli mostrarono quanto la loro figlia era brava nella lettura.

Una bambina di nome Cleo

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