Mamma coccodrillo
Mamma coccodrillo lo sa quando tira vento poco tranquillo, e si ingegna per riuscire a realizzare un riparo ai piccoli che alla vita devono uscire. Si suol dire “lacrime di coccodrillo”, forse è vero, ma… Mamma coccodrillo
La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "pregiudizio", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".
Mamma coccodrillo lo sa quando tira vento poco tranquillo, e si ingegna per riuscire a realizzare un riparo ai piccoli che alla vita devono uscire. Si suol dire “lacrime di coccodrillo”, forse è vero, ma… Mamma coccodrillo
Ormai veniva definito “il faro di mille leggende” non conoscendo la vera origine. Sandro sapeva di un eremita vissuto mesi lì. Matilde ne aveva paura, era convinta che un uomo con ferite gravi, poi morto,… Quel faro lontano
Vicino alla fontana di una piazza vivevano due piccioni, uno prepotente e l’altro timido e indifeso. Il piccione prepotente mangiava tutto quello che trovava e rubava il cibo a quello timido, facendo il gradasso e impedendogli di nutrirsi.
Così, il piccione prepotente era diventato un ciccione e quello timido, sempre più piccino.
“Toh… Guarda, una mollica di pane” e il piccione ciccione si lanciava subito sul bottino.
“Non ne avrai, mangerò tutto io” diceva al piccione piccino, sempre più triste e denutrito.
Un bel giorno, i due videro altri quattro piccioni che volavano, giocando e divertendosi.
“Voglio volare insieme a loro” disse il piccione ciccione, battendo le ali. Dopo due o tre tentativi di volare, il piccione ciccione dovette però arrendersi.
Scese la sera sulla foresta ai piedi della grande montagna.
Le ombre si fecero spazio tra gli alberi nascondendo i sentieri e costringendo i fiori a chiudere le loro corolle. Gli insetti ritornarono nelle loro casette, imitati da scoiattoli passerotti e altri animali del bosco.
Solo due abitanti del piccolo popolo si attardarono, presi com’erano dalla raccolta di succose bacche e piccoli ramoscelli che servivano per il fuoco dei loro camini.
Essi appartenevano alla grande famiglia degli gnomi e vivevano da sempre nella foresta.
C’era una volta un fiume lungo lungo. Che dico?! Lunghissimo! Talmente lungo da attraversare cento paesi. Ogni mattina, le acque del fiume erano piene di gente: uomini che pescavano, donne che lavavano i panni e bambini che si divertivano a fare il bagno. Sulle sponde del fiume avveniva anche il contrario e c’erano donne che pescavano e uomini che lavavano i panni. I bambini e le bambine però facevano tutti il bagno, visto che giocare e divertirsi era un loro diritto. O no?
Nei dintorni del fiume abitava una famigliola di coccodrilli: il coccopadre, la coccomadre e quattro coccofigli piccoli. Uno dei coccofigli era nato con un paio d’ali sul dorso e per questo era scansato da tutti gli animali.
“Ehi, coccomostro, ti piacerebbe giocare con noi?” Gli chiedevano i piccoli coccodrilli del gruppo.
“Certo!” rispondeva il piccolo, felice di essere invitato.
“E invece ti lasceremo solo anche oggi! Bleah…” gridavano in coro, facendogli la linguaccia e tenendolo in disparte. Il povero animaletto soffriva in silenzio e quando aveva pianto tutte le sue lacrime (che non erano finte, come quelle degli altri coccodrilli) andava a rifugiarsi da un vecchio rapace, suo amico.
A Madame Bunkeflod, dal suo devoto H.C. Andersen.
Sfrigolava e sibilava la fiamma che ardeva sotto il crogiolo, la culla della candela di sego; ne uscì una candela perfetta, robusta, lucente ed elegante. Era fatta in modo da promettere un futuro luminoso e raggiante a chiunque la guardasse e tutti credettero a questa promessa.
La pecora – una pecorella molto carina – era la madre della candela e il crogiolo suo padre. Sua madre le diede un corpo lucido e bianco, un barlume di vita; ma da sua padre ebbe il desiderio ardente del fuoco passerà poi nel suo midollo e nelle sue ossa per farla risplendere.
Così nacque e fu creata; la migliore e più luminosa speranza d’esistenza. Incontrò molte, molte strane creature e alla ricerca di risposte sulla vita – e forse trovarono un posto dove soddisfare queste curiosità. Ma ebbe troppa fiducia nel mondo che si preoccupava solo di se stesso e per nulla della Candela di Sego.
Erano giorni difficili nel condominio di Via San Polo, a causa del nuovo inquilino dell’ultimo piano.
Arrivarono prima i mobili. Antichi, probabilmente di un certo valore, ma divorati dai tarli e ben poco curati.
Dopodiché fu la volta dei libri. Voluminosi scatoloni stracolmi di libri. Qualche vicino curioso (soprattutto la signora Amata) era riuscito a dare una sbirciatina. Trattati filosofici, saggistica, teologia, dimostrazioni aritmetiche, qualche rara raccolta di poesie e addirittura libri di magia nera e occultismo.
Infine arrivò lui. Silenziosamente, quasi di soppiatto.
Il signor Ottavio, suo dirimpettaio, aveva passato quasi un’intera giornata a guardare dallo spioncino, per registrare ogni sua mossa.
Il delitto di Via San Polo o La vera storia di Sulpicio De la Rua