La fata papavero
Quando all’inizio dei tempi tutto era in fase di trasformazione avvenne che il Sole, nel suo percorrere la volta celeste, in un giorno d’estate, guardò alla Terra, e disse sconsolato: “ Oh! In questi giorni… La fata papavero
La più completa raccolta di fiabe, favole e racconti brevi che parlano di "gnomo", tra le migliaia inviate da tutti gli autori di "Ti racconto una fiaba".
Quando all’inizio dei tempi tutto era in fase di trasformazione avvenne che il Sole, nel suo percorrere la volta celeste, in un giorno d’estate, guardò alla Terra, e disse sconsolato: “ Oh! In questi giorni… La fata papavero
In una valle cinta da alte montagne risiedeva un piccolo villaggio dove viveva una comunità di gnomi. Teodorico uno gnomo un po’ bizzarro, si divertiva ad inventare cose nuove e sperimentare nuove pozioni. Una mattina… Teodorico lo gnomo inventore
C’era una volta una graziosa città abitata da uomini e gnomi in completa sintonia tra di loro, questa città era stimata da tutti come una delle più belle e serene nel mondo… Non molto lontano… Lo Gnomo Re
Nel bosco delle meraviglie vivono famiglie di gnomi. Inge è molto laboriosa ed ha tre piccoli vivaci gnomi Ezechiela, Rafael ed Emmanuel. Inge e i tre piccoli, vanno spesso per frutti di bosco, ma i… Mamma gnomo e le fate
C’era una volta in un paese fantastico un magico trenino, esso era formato da sole tre carrozze ed era famoso in quanto la sua destinazione conduceva direttamente in luoghi magici.
Il capotreno, il sig. Hope, un omino piccolo e minuto, si distingueva per la sua lunga barba e i grandi baffi bianchi. Egli era molto entusiasta del lavoro che svolgeva, provava grande soddisfazione nel vedere la gioia espressa negli occhi di ogni bambino.
Ogni qualvolta che si dava inizio alla partenza il signor Hope, con un singolare fischietto impartiva l’ordine di avvio. A bordo posizionati nella prima carrozza due piccoli fratelli Scila, e Tony, felici di poter visitare luoghi magici e fantastici.
In un piccolo boschetto di latifoglie, vicino a un misero ruscello, vi era un fiorente villaggio di gnomi. Arbor, come tutte le mattine si stava attrezzando per la raccolta delle mele mature che attendevano pazientemente di essere mangiate.
Il giovane gnomo aveva appena 110 anni, possedeva dei lunghi capelli rosso fuoco che svolazzavano leggeri attorno a un viso dai lineamenti sottili e delicati, nascosti dalla folta capigliatura si intravedevano due occhi blu come il mare che quando venivano contemplati erano capaci di far ritornare in mente vecchi ricordi felici.
Dopo aver controllato attentamente l’equipaggiamento composto da cestello, coltellino, bomboletta di insetticida biologico e un magro pranzo al sacco; si avviò lentamente lungo lo stretto sentiero che conduce alle verdi colline coltivate al di là del bosco.
Tantissimo tempo fa in un piccolo paesino di montagna del nord Europa viveva con la mamma e con il nonno una meravigliosa fanciulla dai lunghi capelli castani e dagli occhi color verde scuro di nome Bluette che abitava lungo ai margini di una fitta foresta in una misera casetta di legno dal tetto giallo davanti alla quale stava immobile una gigantesca pietra di roccia.
Bluette era una fanciulla sognatrice,operosa e amabile con tutti molto apprezzata in paese per la sua grande bontà ed altruismo.
Aiutava spesso la madre una donna molto esigente nelle faccende di casa e accudiva con dedizione e costanza il nonno oramai vecchio e ammalato da anni.
In questa fiaba intendo spiegare che quando qualcuno si sveglia e non si ricorda un sogno, non è che non se lo ricorda ma è perché ha finito completamente i sogni. Vi racconto una fiaba a questo proposito.
C’era una volta una bambina molto piccola,di 4 anni, che andava al secondo anno di Scuola Materna, si chiamava Beatrice.
Aveva una famiglia di tre persone: mamma, papà e sorella di 11 anni che andava in prima media, si chiamava Francesca.
Beatrice era molto solare, allegra e spensierata, ma ultimamente i suoi pensieri erano oscurati da un incubo: aver finito i sogni.
Infatti era così ogni notte; Beatrice piangeva, urlava, dicendo che aveva finito i sogni. Ogni notte questo si ripeteva e non c’era modo di calmarla!
La mia vita, all’inizio, non è stata molto emozionante. Me ne stavo lì in negozio, diritto e serio tra i miei compagni, in attesa che qualcuno si decidesse ad acquistarmi.
Certo, quando un cliente entrava, puntando l’indice verso il nostro scaffale, erano dei begli spaventi: capitare in mano a quel bambino cicciotto con gli occhiali e le lentiggini, ad esempio, significava finire nella spazzatura nel giro di pochi giorni!
Quando la vidi arrivare, la mia padrona intendo, non mi sembrò una persona molto raccomandabile: parcheggiò (si fa per dire) la sua automobile tutta storta, col muso contro il cassonetto , poi accese le quattro frecce e saltò giù dalla macchina come se fosse inseguita da un branco di leoni affamati.
“Non ci voglio andare, a casa di quella sclerata!” dicevo tra me, ma lei inesorabile indicava il portamatite:
“Uno di quei pennarelli sottili… nero, misura 0,1”.
Ero io. Inutile farsi illusioni: i rossi, i blu e i neri 0,2 e 0,05 tiravano un sospiro di sollievo, mentre il cartolaio mi posava sul bancone.
Mirò è uno dei tanti abitanti del bosco di Caidate, un piccolo paesino vicino Varese. Chi ha avuto la fortuna d’incontrarlo, e succede proprio raramente, pare l’abbia descritto come un esile gnomo biondo, con lunghi capelli e orecchie a punta, i suoi piedi sono più lunghi delle orecchie e, le sue scarpe appuntite, lo sono ancor di più, quasi come le dita delle sue mani.
Indossa pantaloncini neri sopra una calzamaglia azzurra, una giacca rossa con le frange e un cappello-campanello a quattro punte color arcobaleno che suona a tutto “drin”, sia quando è allegro o preoccupato, sia quando semplicemente, si china in avanti per guardare le punte delle sue scarpe. Lui vive felice nella sua casetta bianca e rossa, un grande fungo amanita con l’ ingresso sul gambo.