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Il nibbio e l’usignolo

Dopo che un Nibbio, ladro patentato,
ebbe assai schiamazzato ed eccitato
dei ragazzi lo stuolo,
mise gli artigli in corpo a un Usignolo.

Questo araldo gentil di primavera
della sua vita a lui chiedea perdono,
dicendo: – E che ti giova, anima fiera,
mangiar un animal ch’è tutto suono?

Se attendi un poco, a te cantar saprò
la storia e il forte amore di Tereo…
– Tereo? che roba è ciò? forse un cibreo
che piace ai Nibbi? – il Nibbio dimandò.

– Tereo, – così l’Usignol cantarella, –
fu un re del qual ebbi a sentir gli ardori,
ed io ne canto una canzon sì bella,
che ovunque ha fatto palpitare i cuori.

– È cosa, – disse il Nibbio, – che consola
sentir a pancia vuota un’arietta.
– Ai re non spiacque la mia storia. – Aspetta
di contarla a’ tuoi re questa tua fola.

Io me ne rido e sto al proverbio vecchio,
che dice: pancia vuota non ha orecchio.

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