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Dudù, la farfalla generosa

Dudù era una farfalla nata male, non aveva colori.

Da che mise piede sulla Terra aveva capito che qualcosa in lei non funzionava; osservava le compagne librarsi leggere nell’aria con splendide tinte ad accarezzare il cielo, mentre lei era nata completamente bianca.

Capì della sua diversità tutte le volte che quelle dispettose delle compagne la tenevano alla larga, senza darle spiegazioni.

E allora lei, una mattina più triste del solito, prese coraggio e chiese all’amica di stanza, con una punta di dolore: “Perchè non parli mai con me? cosa hanno le altre che io non ho?”

Dudù, la farfalla generosa

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Il Paese senza specchi

Nel paese della gioia non esistevano gli specchi e nessuno perciò sapeva quale fosse il proprio aspetto; il magro non sapeva che era affilato come un grissino, il grasso non sospettava di essere tondo come un bue appesantito, la bella si beava dello sguardo altrui, la brutta si compiaceva di passare per simpatica, ma nessuno conosceva i dettagli del proprio corpo.

A dire il vero, in questo paese, non essendoci termini di riferimento e paragone, mancavano tutte le parole che in genere si riferiscono alle qualità delle persone; non esisteva “bello” e neanche “brutto”, e tantomeno “alto” oppure “basso” e le persone, per capirsi, si accontentavano di fare gesti per indicare gli altri.

“Hai visto il..?” e si faceva un certo segno con le dita a significare alto, oppure si limitava il gesto della mano per dire basso; per indicare una bella ragazza si facevano circolare pollice e indice, per indicarne una bruttina quelle stesse dita dovevano ruotare al contrario. Esistevano, invece, tutte le parole che indicano le qualità morali, come simpatico, intelligente, gentile, perchè quelle non si vedevano con gli specchi, ma con gli occhi che si trovano dentro il cuore.

Il Paese senza specchi

Il bizzarro paese

C’era un Paese in cui le auto costavano in base alle prestazioni che erano in grado di fornire; se andavano veloci costavano un tot, se avevano la carrozzeria pregiata un tal’altro, se consentivano di azionare i vetri in modo automatico, erano addirittura considerate un privilegio.

C’erano auto che era impossibile trovare sul mercato da tanto erano prese d’assalto dalla gente; c e n’erano alcune che ognuno avrebbe fatto carte false pur di avere per sè e che facevano impazzire gli operai, costretti dalle elevatissime richieste a frenetiche giornate di extra lavoro in fabbrica.

Quando i fortunati scorrazzavano per la contrada con l’auto nuova di pacca, segnalata dal vermiglio acceso della carrozzeria lucentissima, era tutto un commento di favore e invidia: “To, hai visto Ernesto, con la VX nuova? chissà come avrà fatto a comprarla! vedi tu se anche io il prossimo anno non me ne compro una, addirittura più bella!” e a seguire un coro di appunti rancorosi e astiosi.

Il bizzarro paese

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