Samuele e la Città dei Giochi
Samuele era un bimbo vivace e sempre in cerca di avventure immaginarie. Quel pomeriggio, correndo con gli amichetti nel parco antistante casa, aveva deciso di scalare l’unico albero presente, una grossa quercia che dominava un prato di arbusti secchi ed erbacce, nel quartiere di periferia abbandonata dove abitava con la sua famiglia.
Salendo lentamente, un po’ impaurito dall’altezza crescente, fantasticava di essere in un’enorme foresta in cerca del sentiero per scoprire un’antica città perduta. Si sedette a cavalcioni su un ramo, e guardando in basso si stupì di vedere il terreno molto più lontano di quanto pensasse. Spostando un po’ di foglie, si sporse dalla chioma dell’albero, e sgranò gli occhi pieni di stupore e meraviglia.
Il parco spelacchiato e malconcio si era magicamente trasformato in una distesa sconfinata di alberi altissimi, intervallati soltanto dalle anse di un grande fiume.
Il bimbo scese in fretta dall’albero. Ai piedi del gigante iniziava a radunarsi un gruppo di altri ragazzini a lui sconosciuti, alcuni pervasi dalla stessa fascinazione, altri in preda al pianto.
