Nonostante sia trascorsa un’eternità, riesco ancora a ricordare la mia prima elementare: il grembiulino nero, il collettino rigido bianco, il fiocco blu.
Allora la scuola incominciava il primo di ottobre, San Remigio, e i bambini che iniziavano la prima elementare erano, perciò, detti remigini.
Ovviamente avevo, e ne ero orgoglioso, un bell’astuccio con matite colorate nuove (i pennarelli non esistevano ancora), temperamatite, gomma, cannuccia e pennini, sì, perché alle elementari non si usava ancora la biro, bensì penna e calamaio, quest’ultimo inserito nel banco e contenente una poltiglia che dell’inchiostro aveva ben poco e che il bidello a metà mattina veniva a rabboccare.
Oltre l’astuccio avevo poi l’abbecedario, un paio di quaderni (quelli piccoli) a righe e quadrotti, i quadretti grossi e il tutto era contenuto in una cartella verde che sembrava di pelle, ma era poco più che cartone pressato con un motivo che doveva simulare il cuoio.
La cartella aveva, oltre il manico, anche le cinghie per metterla sulle spalle.
Lo zaino invisibile