Quando le penne si mettono a parlare
La mia vita, all’inizio, non è stata molto emozionante. Me ne stavo lì in negozio, diritto e serio tra i miei compagni, in attesa che qualcuno si decidesse ad acquistarmi.
Certo, quando un cliente entrava, puntando l’indice verso il nostro scaffale, erano dei begli spaventi: capitare in mano a quel bambino cicciotto con gli occhiali e le lentiggini, ad esempio, significava finire nella spazzatura nel giro di pochi giorni!
Quando la vidi arrivare, la mia padrona intendo, non mi sembrò una persona molto raccomandabile: parcheggiò (si fa per dire) la sua automobile tutta storta, col muso contro il cassonetto , poi accese le quattro frecce e saltò giù dalla macchina come se fosse inseguita da un branco di leoni affamati.
“Non ci voglio andare, a casa di quella sclerata!” dicevo tra me, ma lei inesorabile indicava il portamatite:
“Uno di quei pennarelli sottili… nero, misura 0,1”.
Ero io. Inutile farsi illusioni: i rossi, i blu e i neri 0,2 e 0,05 tiravano un sospiro di sollievo, mentre il cartolaio mi posava sul bancone.
