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La formica canterina

formica canterina

Era stanca la formica
del lavoro di una vita,
piena zeppa di rimpianti
per aver sprecato istanti
che l’avrebbero portata
a un vero appagamento.
Ma era sempre indaffarata,
rimandava ogni momento!

In una giornata uggiosa,
più delle altre faticosa,
gettò via pala e piccone
e andò in cerca nel rione
di un’amica ormai perduta,
forse ormai una sconosciuta?

«Sono io, ti prego, ascolta!»
La cicala aprì la porta.

«Dopo tutti questi anni?
Senti il peso dei rimpianti?
Mi hai lasciata lì a morire,
ora vieni a ricucire?
Quell’inverno maledetto
non avevo neanche un tetto,
e tu mi hai messa da parte
solo perché vivevo d’arte!»

«Mi dispiace, vecchia amica,
vengo a te, sono pentita,
e ti devo domandare:
puoi insegnarmi, tu, a cantare?
Sono stufa del grigiore,
della terra, del sudore.
Voglio vivere di istanti,
non avere più rimpianti!»

La cicala, che era buona,
fino in fondo la perdona:
non è giusto aver rancore
per chi ci sta aprendo il cuore.
Le insegnò musica e tempo,
ne tirò fuori il talento.
Ora in due là a digiunare,
ma sapevano cantare.

La formica canterina
ora era ogni mattina
più felice e più gioiosa
e godeva di ogni cosa.
La sua amica ritrovata
sì, l’aveva perdonata,
e anche fatto ricordare
cosa vuol dire sognare.

Non c’è mai malinconia
con la giusta compagnia.
Ok, forse questa una morale decente ce l’ha:
impariamo a cantare, soprattutto nelle giornate uggiose!

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