Audio Fiabe – Ti racconto una fiaba – La grande raccolta di fiabe e favole https://www.tiraccontounafiaba.it La più grande raccolta di fiabe classiche, racconti originali, audio fiabe e video fiabe per avere una fiaba nuova da raccontare ogni sera ai tuoi bimbi. Mon, 05 Nov 2018 15:07:21 +0000 it-IT hourly 1 https://www.tiraccontounafiaba.it/wp-content/uploads/2017/05/cropped-android-icon-1024-32x32.png Audio Fiabe – Ti racconto una fiaba – La grande raccolta di fiabe e favole https://www.tiraccontounafiaba.it 32 32 Il cacciatore sfortunato https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/video-fiabe/gianni-rodari-favole-telefono-cacciatore-sfortunato.html https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/video-fiabe/gianni-rodari-favole-telefono-cacciatore-sfortunato.html#respond Mon, 05 Nov 2018 15:07:21 +0000 https://www.tiraccontounafiaba.it/?p=9210 Tratto dall’omonimo racconto di Gianni Rodari, Favole al telefono
Letto da Virginia Billi

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La lepre e la tartaruga https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/la-lepre-e-la-tartaruga.html https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/la-lepre-e-la-tartaruga.html#respond Tue, 02 Oct 2018 16:24:33 +0000 https://www.tiraccontounafiaba.it/?p=9137 Racconto tratto dalla fiaba “La lepre e la tartaruga” di Esopo
Voce: Virginia Billi

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Paganini non ripete https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/paganini-non-ripete.html https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/paganini-non-ripete.html#respond Wed, 26 Sep 2018 15:38:46 +0000 https://www.tiraccontounafiaba.it/?p=9123 Quando Paganini, dopo un ultimo, interminabile, acrobatico geroglifico di suoni rapidissimi, ebbe terminata la sonata, nel salone del regal palazzo di Lucca scoppiò un applauso da far tremare i candelabri gocciolanti di cera e iridescenti di cristalli di rocca, che pendevano dal soffitto. Il prodigioso esecutore aveva entusiasmato, come sempre, l’uditorio.

Calmatosi il fragor dei consensi e, mentre cominciavano a circolare i rinfreschi e d’ogni intorno si levava un cicaleccio ammirativo, la marchesa Zanoni, seduta in prima fila e tutta grondante di merletti veneziani intorno alla parrucca giallastra, disse con la voce cavernosa e fissando il concertista con un sorriso che voleva essere seducente tra le mille rughe della sua vecchia pelle:

– Bis!

Inguainato nella marsina, con le ciocche dei capelli sugli occhi, Paganini s’inchinò galantemente, sorrise alla vecchia gentildonna e mormorò a fior di labbra:

– Mi dispiace, marchesa, di non poterla contentare. Ella forse ignora che io, per difendermi dalle richieste di bis che non finirebbero mai, ho una massima dalla quale non ho mai derogato, né mai derogherò: Paganini non ripete.

La vecchia signora non lo udì. Con un entusiasmo quasi incomprensibile in lei, ch’era sorda come una campana, continuava a batter le mani e a gridare, con le corde del collo tese come una tartaruga:

– Bis! Bis!

Paganini sorrise compiaciuto di tanto entusiasmo ma non si lasciò commuovere. Fe’ cenno alla vecchia dama di non insistere e ripeté con cortese fermezza:

– Paganini non ripete.

– Come? – fece la vecchia che, naturalmente, non aveva sentito.

– Paganini – ripeté il grande violinista, a voce più alta, – non ripete.

La vecchia sorda non aveva ancora capito. Credé che il musicista avesse consentito e si dispose ad ascoltare nuovamente la sonata. Ma, vedendo che il celebre virtuoso s’accingeva a riporre lo strumento nella custodia, esclamò afflitta:

– Come? E il bis?

– Le ho già detto, signora, – fece Paganini – Paganini non ripete.

– Non ho capito – disse la vecchia.

– Paganini non ripete – strillò Paganini.

– Scusi, – fece la vecchia – con questo brusio non si arriva ad afferrar le parole. Parli un po’ più forte.

Il violinista fece portavoce delle mani attorno alla bocca e le urlò quasi all’orecchio:

– Paganini non ripete!

La vecchia scosse il capo.

– Non ho capito le ultime parole – gridò, come se sordo fosse l’altro.

– Non ripete, non ripete, Paganini non ripete! – strillò il virtuoso.

La vecchia fece una faccia allarmata.

– Si vuol far prete? – domandò.

– Ma no – urlò Paganini sgomento. – Paganini non ripete.

– Ha sete? – fece la vecchia.

E volta ai domestici in livrea, che circolavano coi vassoi:

– Un rinfresco al nostro glorioso violinista.

– Ma che sete! – esclamò questi. – Che rinfresco!

– Via, via, il bis ora – insisté la vecchia, convinta che il concertista stesse per contentarla. Ma questi di nuovo s’inchinò con perfetta galanteria e:

– Le ripeto – disse – che Paganini non ripete.

– Quel pezzo ultimo – continuava la sorda.

– Paganini non ripete! – urlò il violinista proteso sull’orecchio di lei, facendo svolazzare i merletti veneziani, che le pendevano dalla gialla parrucca. – Quante volte glielo debbo ripetere?

– Una volta, – fece la vecchia che era riuscita ad afferrare l’ultima frase e credé che Paganini le domandasse quante volte doveva ripetere la sonata – una sola volta mi basta.

– Ma Paganini non ripete – ripeté Paganini.

– Va bene, va bene –, replicò la vecchia, che questa volta aveva capito e credé che Paganini non volesse ripetere la frase detta – non occorre che me lo ripeta, ho capito benissimo; mi basta che faccia il bis.

– Paganini – strillò Paganini con quanto fiato aveva in gola – non ripete, non ripete, non ripete!

La vecchia fe’ cenno di non aver capito. Paganini si vide perduto. Si volse al gruppo degli altri invitati che si erano affollati intorno a loro attratti dalla scena e disse in tono disperato:

– Fatemi il favore, diteglielo voi. Non ha ancora capito che non ripeto.

Gliel’ho ripetuto venti volte, glielo sto ripetendo: non ripeto! Quante volte glielo debbo ripetere?

(Vite degli uomini illustri, Achille Campanile)

L’audio fiaba

Racconto tratto dalla fiaba “Paganini non ripete” di Achille Campanile.
Voce: Virginia Billi

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L’ombra https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/lombra.html https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/lombra.html#respond Mon, 04 Jun 2018 13:57:12 +0000 https://www.tiraccontounafiaba.it/?p=8946 Racconto tratto dalla fiaba “L’Ombra“, di H.C. Andersen
Voce: Virginia Billi

Senza di lei, l’ombra, non saremmo completi.

La nostra ombra non ci dice come abbiamo gli occhi, l’ombra non ha occhi è solo una sagoma del nostro corpo. Se abbiamo un neo sulla guancia, nell’ombra non c’è. L’ombra toglie le imperfezioni, toglie le nostre caratteristiche che ci contraddistinguono dagli altri.

L’Ombra è la prima tappa del processo di individuazione  che ciascuno di noi deve affrontare per crescere come individuo.

Una sera lo straniero era seduto sul balcone; alle sue spalle nella stanza brillava la luce e quindi era del tutto naturale che la sua ombra si posasse sulla parete della casa di fronte, anzi si trovava proprio tra i fiori di quel balcone, e quando lo straniero si mosse, anche l’ombra si mosse, perché di solito succede così. «Credo che la mia ombra sia l’unica persona vivente che si vede laggiù!» disse quell’uomo istruito. «Guarda come sta seduta con garbo tra i fiori, la porta è socchiusa; adesso l’ombra dovrebbe essere tanto accorta da entrare, guardarsi intorno, e poi tornare a raccontarmi quello che ha visto. E già, dovresti farmi questo piacere!» disse scherzando. «Su, da brava, entra! Su, vai?» e intanto fece cenno all’ombra e l’ombra gli rivolse lo stesso cenno. «Sì, sì, vai, ma poi torna!» Lo straniero si alzò e anche la sua ombra sul balcone di fronte si alzò, lo straniero si voltò e l’ombra si voltò, ma se qualcuno avesse fatto attenzione, avrebbe visto molto chiaramente che l’ombra entrò in quella porta socchiusa di quel balcone di fronte, proprio nel momento in cui lo straniero rientrò nella sua stanza e lasciò cadere la tenda dietro di sé. Il mattino successivo quell’uomo istruito uscì per bere il caffè e leggere il giornale. «Che succede?» esclamò, quando fu al sole «non ho l’ombra. Allora ieri sera se n’è proprio andata e non è ritornata più; che rabbia!» (L’Ombra, fiaba di Hans Christian Andersen).

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Pinocchio // Audio fiaba https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/pinocchio-audio-fiaba.html https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/pinocchio-audio-fiaba.html#respond Wed, 03 Jan 2018 10:52:20 +0000 https://www.tiraccontounafiaba.it/?p=8719 La fiaba audio

I disegni del video sono di Mattia Notaristefano.

Il testo completo

C’era una volta un falegname di nome Mastro Ciliegia a cui capitò fra le mani, mentre stava riparando la gamba di un tavolo, uno strano pezzo di legno.

Mentre il falegname si accingeva a tagliarlo, il pezzo di legno cominciò a lamentarsi. Impaurito, Mastro Ciliegia pensò bene di liberarsene subito, dandolo ad un suo amico di nome Geppetto, che voleva costruirsi un burattino.

Geppetto, che di mestiere faceva il ciabattino, tornò a casa contento con sottobraccio il pezzo di legno, pensando al nome che avrebbe dato al burattino: “Lo chiamerò Pinocchio!”, si disse, “questo nome gli porterà fortuna!”

Arrivato nel misero sottoscala che gli serviva da casa e da bottega, cominciò ad intagliarlo, ma ad un tratto: “Ahi! Mi fai male!”, si sentì dire.

Con sua grande meraviglia, il pezzo di legno era animato.

Il buon uomo, emozionato, continuò il suo lavoro: modellata la testa, gli fece i capelli e poi gli occhi, che subito si misero a guardarlo fisso. Aveva appena fatto il naso che questo cominciò a crescere e per quanto lo tagliasse, rimaneva sempre lungo. La bocca appena intagliata cominciò a ridere e poiché Geppetto protestava arrabbiato, gli tirò fuori la lingua. Ma questo non era ancora niente: quando il ciabattino gli ebbe fatto le mani, il burattino gli portò via la parrucca e quando ebbe le gambe per prima cosa gli tirò un calcio.

Geppetto con le lacrime agli occhi, esclamò: “Che birba di un figlio! Non ti ho ancora finito e già cominci a mancare di rispetto a tuo padre!”

Poi prese il burattino sottobraccio e un passo dietro l’altro, cercò d’insegnargli a camminare. Pinocchio, sgranchite le gambe, poco dopo si mise a correre per tutta la stanza e Geppetto dietro, senza poterlo raggiungere, finchè il burattino aperta la porta, scappò nella strada.

Ma Pinocchio correva più svelto di lui e benché il povero ciabattino continuasse a urlare: “Fermatelo! Fermatelo!”, fra la gente che assisteva divertita alla scena, nessuno si mosse.

Per fortuna un carabiniere, sentite le grida, si mise a gambe larghe in mezzo alla strada e bloccò il fuggitivo, riconsegnandolo al padre.

“Ti tirerò le orecchie!”, disse ancora trafelato per la corsa Geppetto al burattino, ma si accorse che non avrebbe potuto punirlo in questo modo, perché si era dimenticato di fargliele.

Pinocchio, che si era molto spaventato nel trovarsi tra le manacce del carabiniere, chiese scusa a Geppetto di essere scappato e questi lo perdonò. Anzi, appena a casa gli fece un vestitino di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza d’albero ed un berretto di mollica di pane.

Il burattino abbracciò il padre: “Voglio andare a scuola, diventare bravo e aiutarti nella tua vecchiaia!”, esclamò felice.

Geppetto, commosso, rispose: “Ti ringrazio dei tuoi buoni propositi, ma non abbiamo neanche i soldi per comprare il sillabario!”

Pinocchio si fece triste anche lui, mentre Geppetto, rimasto pensieroso, si alzò d’un tratto in piedi e infilatasi la vecchia casacca di fustagno, uscì correndo di casa.

Poco dopo tornò con in mano un sillabario, ma senza la casacca. Fuori nevicava.

“E la casacca, babbo?”

“L’ho venduta!”

“Perché l’hai venduta?”

“Perché mi faceva caldo!”

Pinocchio saltò al collo di Geppetto per baciare un padre così buono.

Aveva smesso di nevicare e Pinocchio col sillabario nuovo sotto il braccio, si avviò per andare a scuola pieno di buoni propositi.

“Oggi voglio subito imparare a leggere, domani a scrivere e dopodomani imparerò a fare i conti. Poi guadagnerò dei soldi e comprerò una bella giacca nuova Geppetto. Se la merita.”

Il suo fantasticare fu interrotto dal suono improvviso di una banda e Pinocchio dimenticando la scuola, si trovò in una piazza piena di gente che si affollava intorno ad un baraccone dai colori vivaci.

“Cos’è quel baraccone?”, chiese ad un ragazzetto.

“Non sai leggere? E’ il Gran Teatro dei Burattini!”

“Quando si spende per entrare?”

“Quattro soldi”, rispose l’altro.

“Chi mi da quattro soldi per questo bel libro nuovo?”, chiese a voce alta Pinocchio.

Un rigattiere lì vicino comprò il sillabario e Pinocchio potè entrare nel teatro. Povero Geppetto, com’erano stati vani i suoi sacrifici!

Era appena entrato nel teatro, che una delle marionette che si muovevano sulla scena, si accorse della sua presenza e cominciò a urlare: “C’è Pinocchio! C’è Pinocchio!”

“Vieni qui! Vieni con noi! Evviva Pinocchio, nostro fratello!”, si misero a chiamare tutti i burattini in coro.

Pinocchio salì sul palco in mezzo ai nuovi amici, mentre in platea il pubblico protestava per tutta quella confusione.

Uscì allora Mangiafuoco, il burattinaio, un omone spaventoso a guardarsi, gli occhi truci iniettati di sangue: “Cosa succede! Basta così! Tutti in riga, stasera faremo i conti!”

La sera Mangiafuoco si mise a tavola, ma quando si accorse che gli mancava della legna per finir di cuocere un bel pezzo di montone, si ricordò dell’intruso che aveva interrotto lo spettacolo.

“Vieni qua, Pinocchio! Mi servirai come lega da ardere!”

Il povero burattino cominciò a piangere e ad implorare: “Babbo mio, salvami! Non voglio morire… non voglio morire!”

Mangiafuoco nel sentire le invocazioni di Pinocchio, domandò sorpreso: “Il tuo babbo e la tua mamma sono sempre vivi?”

“Il babbo sì, la mamma non l’ho mai conosciuta!”, rispose Pinocchio con un fil di voce.

L’omone cominciò ad intenerirsi: “Chissà che dispiacere sarebbe per tuo padre se ti buttassi nel fuoco… Ma devo finire di cuocere il mio montone! Vuol dire che brucerò un altro burattino! Gendarmi! Venite qui! Portatemi Arlecchino ben legato!”

Pinocchio nel vedere l’altro burattino che stava per essere bruciato al suo posto, si mise a piangere più forte di prima.

“Pietà Eccellenza! Pietà! Vi chiedo grazia per il povero Arlecchino!”

“Qui non c’è grazia che tenga!”, urlò Mangiafuoco inferocito.

“Io voglio mangiare della carne bene cotta!”

“In questo caso”, gridò fieramente Pinocchio rialzandosi in piedi, “non è giusto che Arlecchino debba morire al mio posto! Bruciate me!”

Mangiafuoco rimase perplesso: “Guarda! Guarda!”, si disse, “un burattino eroe non l’avevo mai incontrato!”

Tirò su col naso e disse con tono più gentile: “Sei proprio un bravo ragazzo! Quasi, quasi…”

Pinocchio cominciò a sperare: gli occhi terribili del burattinaio lo fissarono a lungo, finchè finalmente: “Va bene! Va bene! Per stasera mangerò il montone mezzo crudo, ma la prossima volta, guai a chi tocca!”

Fra i burattini ci fu subito gran festa per la grazia ricevuta. Mangiafuoco si fece raccontare da Pinocchio la sua storia ed impietosito per la bontà di Geppetto, regalò al burattino cinque monete d’oro.

“Portale a tuo padre, poveretto! Digli di comprarsi una casacca nuova e salutalo tanto da parte mia!”

Pinocchio felice lasciò il Teatro delle Marionette, ringraziando Mangiafuoco per la sua generosità.

Stava tornando a casa di corsa, quando incontrò un Gatto mezzo cieco ed una Volpe zoppa e non seppe resistere alla tentazione di raccontare loro la fortuna capitatagli.

I due, nel vedere le monete d’oro architettarono subito un piano e gli dissero: “Se vuoi davvero far felice tuo padre, dovresti portagliene molte di più. Noi conosciamo un campo magico, dove potresti seminarle e raccoglierne il giorno dopo dieci volte di più!”

“Ma non è possibile!”, domandò Pinocchio stupito.

“Te lo spiego subito”, disse la Volpe.

“Nel paese dei Barbagianni c’è un campo chiamato da tutti “dei miracoli”, dove se in una piccola buca metti uno zecchino d’oro, il giorno dopo trovi un bell’albero carico di monete nuove!”.

Pinocchio, ingenuamente, si lasciò convincere dai due falsi amici e finì all’Osteria del Gambero Rosso per festeggiare il loro incontro e la futura ricchezza.

Dopo la cena ed un breve riposo avrebbero dovuto ritrovarsi tutti e tre a mezzanotte, per raggiungere il Campo dei Miracoli, ma Pinocchio svegliato dall’oste all’ora fissata, seppe che il Gatto e la Volpe erano già partiti da tempo, lasciandolo solo.

Non gli rimase che pagare la cena con una delle monete d’oro ed avviarsi attraverso un sentiero nel bosco verso il campo magico, quando improvvisamente…

“O la borsa o la vita!”, gli imposero due brutti ceffi incappucciati di nero.

Pinocchio, che aveva nascosto le monete sotto la lingua, non rispose. Inutili furono i tentativi dei due per sapere dove fossero i soldi.

Pinocchio zitto non parlava, nonostante i due minacciassero di impiccarlo. I banditi misero intorno al collo del povero burattino una corda che si stringeva sempre più.

“Babbo mio aiutami!”, fu l’ultimo pensiero di Pinocchio.

Il Gatto e la Volpe, poiché erano loro i due briganti incappucciati, si allontanarono minacciando: “Resterai appeso finchè non ti deciderai a parlare. Torneremo fra poco a vedere se hai cambiato idea!”

Ma una fatina che abitava lì vicino sentì le invocazioni…

Da una finestra del suo castello, la Fatina dai Capelli Turchini vedeva Pinocchio dondolare scalciando, appeso ad una quercia del bosco. Impietosita, battè tre volte le mani e di colpo un Falco ed un Cane apparvero come per incanto.

“Svelto!”, disse la Fatina al primo.

“Vola sulla quercia e col tuo becco taglia la corda che trattiene quel povero ragazzo!”

E al secondo: “E tu prepara una carrozza e portalo qui con tutti i riguardi!”

Detto fatto, Pinocchio, che sembrava morto, si trovò al castello in un bel letto caldo, mentre Corvo, Civetta e Grillo, tre medici famosi, erano chiamati a consulto dalla Fatina.

Una medicina molto amara, consigliata dai tre saggi medici, guarì subito Pinocchio.

La Fatina allora, carezzando il burattino, gli chiese: “Raccontami cosa ti è successo!”

Pinocchio cominciò la sua storia senza parlare della vendita del sillabario, ma quando la sua benefattrice gli chiese dov’erano le monete d’oro, disse d’averle perse, mentre sapeva di averle nascoste nel frattempo in tasca.

Subito il suo naso cominciò ad allungarsi sempre di più, mentre la Fatina ridendo gli diceva: “Hai detto una bugia, si vede subito dal naso che ti si allunga!”

Pinocchio rosso dalla vergogna, non sapeva più dove mettere quel naso ingombrante e si mise a piangere. La Fatina allora, impietosita ancora una volta, battè le mani e un nugolo di picchi arrivò subito a beccare il naso, che tornò così normale.

“Ricordati di non dire più bugie, altrimenti il tuo naso si allungherà di nuovo!”, gli raccomandò la Fatina.

“Adesso va da tuo padre e portagli le monete!”

Pinocchio, riconoscente, l’abbracciò e partì di corsa per tornare a casa.

Ma vicino alla grossa quercia nel bosco, ritrovò il Gatto e la Volpe e disubbidendo alle promesse fatte, ingenuamente si lasciò di nuovo convincere a seppellire le monete nel Campo dei Miracoli.

Il giorno dopo ritornò fiducioso, ma ahimè, le monete erano scomparse!

Pinocchio sconsolato ritornò a casa senza le monete che Mangiafuoco gli aveva dato per Geppetto. Ma il babbo, dopo averlo sgridato per la lunga assenza, lo perdonò e la scuola accolse il burattino che sembrava aver messo finalmente giudizio.

Ma di nuovo comparve qualcuno a portarlo sulla cattiva strada: era Lucignolo, il più svogliato della classe.

“Perché non vieni con me nel Paese dei Balocchi, dove non si studia mai e si gioca tutto il giorno?”

“Ma esiste davvero un paese così?”, chiese Pinocchio incredulo.

“Stasera passa il carro che mi porterà là”, disse Lucignolo, “vuoi venire?”

Pinocchio, dimenticando le promesse fatte al padre ed alla Fata Turchina, si stava mettendo ancora nei guai.

Venne mezzanotte ed il carro arrivò per prendere i due amici ed altri due ragazzi che, come loro, non vedevano l’ora di arrivare in un paese dove non esistevano più libri, né maestri, né scuole.

La carrozza era trainata da dodici pariglie di ciuchini tutti della stessa grandezza, che invece di essere ferrati come le atre bestie da tiro, avevano alle zampe stivaletti da uomo di pelle bianca.

Tutti salirono sulla carrozza e Pinocchio, più felice degli altri, montò su un ciuchino. Il Paese dei Balocchi li aspettava!

Nel Paese dei Balocchi tutto era proprio come Lucignolo aveva promesso: i ragazzi si divertivano, senza mai studiare, era proibito parlare di scuola e a Pinocchio non sembrava vero di poter sempre giocare.

“Che bella vita!”, diceva Pinocchio tutte le volte che incontrava Lucignolo.

“Vedi che avevo ragione?”, ribatteva soddisfatto questi.

“E’ vero Lucignolo! Se oggi sono felice è tutto merito tuo. E pensare che il maestro mi diceva di non frequentarti…”

Ma una mattina, svegliandosi, Pinocchio ebbe una brutta sorpresa: lui che aveva le orecchie solo disegnate, perché Geppetto non aveva fatto in tempo a intagliarle, si accorse, toccandosi, che durante la notte gli erano cresciuti un magnifico paio di orecchi pelosi. Ma non era tutto!

La mattina dopo erano cresciuti ancora di più. Pinocchio dalla vergogna, si infilò un gran berretto di cotone ed andò a cercare Lucignolo. Anche l’amico però aveva in testa un berretto che gli scendeva fino al naso.

I due ragazzi si guardarono a lungo, pensando alla stessa cosa; insieme si tolsero i berretti e si misero a ridere nel vedersi a vicenda così buffi con quelle lunghe orecchie pelose.

Ridevano, ridevano ma tutto ad un tratto Lucignolo impallidì e cominciò a barcollare: “Aiuto Pinocchio! Aiuto!”

Ma anche Pinocchio stava già barcollando e si mise a piangere: il viso dei due ragazzi cominciò a prendere la forma di un muso, mentre sentiva il bisogno di camminare a quattro zampe.

Stavano diventando due grigi somarelli; continuavano a lamentarsi per questa trasformazione, ma ormai invece di gemere, ragliavano. Quando il padrone del carro che li aveva condotti nel Paese dei Balocchi sentì il raglio dei nuovi asini, si sfregò le mani tutto contento.

“Ecco due nuovi somari da portare al mercato. Ne ricaverò almeno quattro monete d’oro!”

Questo era dunque il triste destino di tutti i ragazzi che lasciavano la scuola per passare le giornate solo a giocare.

Lucignolo fu venduto ad un contadino, Pinocchio invece fu comprato dal padrone di un circo che voleva ammaestrarlo per farlo poi saltare e ballare, come gi altri animali della compagni. Com’era dura la vita del somaro! Da mangiare, fieno e quando questo era finito, paglia, E frustate! Frustate tutti i giorni per imparare i difficili esercizi del circo.

Finchè un giorno, costretto a saltare nel cerchio, cadde malamente e si azzoppò.

Il direttore del circo chiamò allora il garzone di stalla: “Non so che farmene di un somaro zoppo! Portalo in piazza e rivendilo, anche per poco!”

Nessuno voleva comperare un ciuco così malconcio, finchè si fece avanti un ometto: “Lo compro solo per usare la pelle! Vorrei farne un bel tamburo per la banda del mio paese!”

Per pochi soldi Pinocchio cambiò padrone e nel sentire la triste fine che lo aspettava ragliò a lungo lamentosamente.

L’uomo condusse il ciuco sulla riva del mare, gli mise un grosso macigno al collo e legò una zampa con una lunga corda, poi con una spinta lo buttò nell’acqua.

Con in mano la fune si sedette sullo scoglio, aspettando che il ciuco morisse affogato per poi scorticarlo e togliergli la pelle.

Sott’acqua Pinocchio sentiva la fine vicina: in un lampo ripensò ai dispiacere che aveva dato a Geppetto, alle promesse non mantenute ed invocò ancora una volta la Fata ai Capelli Turchini.

La Fata sentì il richiamo e vedendo che Pinocchio stava per affogare, gli mandò intorno un branco di grossi pesci che si misero a divorare tutta la carne del somaro finchè arrivarono all’osso, ossia al legno di cui era fatto Pinocchio.

A quel punto i pesci smisero di mangiare mentre Pinocchio sentiva la fune tirarlo fuori dall’acqua.

Invece dell’asino morto, l’uomo sbalordito vide quindi apparire a fior d’acqua il burattino vivo, che si dimenava come un’anguilla.

Riavutosi un po’ dal primo stupore balbettò, quasi piangendo: “E il ciuco che ho gettato in mare, dov’è?”

“Quel ciuchino sono io!”, rispose il burattino ridendo.

“Tu? Non credere di prendermi in giro! Se mi arrabbio io…”

Pinocchio pazientemente gli raccontò allora la sua storia: “…ecco perché tirando la fune avete trovato un burattino vivo, invece di un somaro morto!”

“La tua storia non mi interessa!”, urlò imbestialito l’uomo.

“Io so che ho speso venti soldi per comprarti e rivoglio i miei quattrini! Se non ho più il mio ciuco, ti porterò al mercato per rivenderti a peso come legna da ardere!”

Pinocchio che si era slegato, gli fece allora uno sberleffo e con un bel salto si tuffò in acqua, allontanandosi a nuoto.

“Addio padrone! Se avete bisogno di un po’ di legna stagionata per il vostro camino, ricordatevi di me!”

Pinocchio felice di essere di nuovo un burattino di legno, nuotava allegramente, allontanandosi dalla spiaggia. Ben presto fu un puntino lontano in mezzo al mare.

Ma le sue disavventure non erano finite: un enorme, mostruoso pescecane emerse dal mare alle sue spalle.

Pinocchio atterrito, si accorse della smisurata bocca che lo inseguiva e cercò di sfuggire, nuotando il più velocemente possibile, ma il mostro si avvicinava sempre più.

Cercò anche di cambiare direzione ma invano, raccolse allora tutte le sue forze per una fuga ormai impossibile: sentiva dietro di sé il risucchio dell’acqua che entrava nell’immensa apertura.

D’un tratto si trovò inghiottito con violenza insieme a tanti altri pesci che avevano avuto la sventura di trovarsi davanti al terribile pescecane. Pinocchio fu sballottato con violenza dal vortice d’acqua nella gola del mostro, fino a rimanerne stordito.

Quando rinvenne si trovò nel buio più profondo, mentre sentiva sopra di sé ad intervalli lo spaventoso ansimare delle branchie del pesce.

Cominciò ad inoltrarsi carponi per quella che gli sembrava una strada in discesa, urlando: “Aiuto! Aiuto! Nessuno viene a salvarmi?”

D’un tratto intravide un fioco chiarore e via via che si avvicinava, si accorse di una fiammella che brillava lontana. Finchè, cammina cammina…

“Babbo! Com’è possibile…?”

“Pinocchio! Figlio mio! Sei proprio tu!”

I due si abbracciarono, piangendo dalla commozione e fra i singhiozzi, cominciarono a raccontarsi le loro disavventure. Geppetto con le lacrime agli occhi, carezzava la testa del burattino e cominciò a raccontargli come era capitato nella pancia del pescecane.

“Ti ho cercato dappertutto, poi visto che non ti trovavo sulla terra, mi ero costruito una barchetta per cercati in mare, ma prima una burrasca mi capovolse, poi il pescecane mi inghiottì. Per fortuna ogni tanto questo mostro ingoia anche i resti di navi affondate dalle tempeste ed allora trovo fra i rottami quello che mi serve per sopravvivere!”.

“Però siamo ancora vivi!”, disse Pinocchio quando ebbero finito di raccontarsi le loro peripezie, “…e dobbiamo fuggire da qui!”

Il burattino, prese per mano Geppetto e facendosi luce con la candela, cominciò a risalire lungo il corpo del mostro.

Arrivarono nella gola spaziosa del pescecane e qui si fermarono pieni di paura, ma per loro fortuna di notte questi dormiva a bocca aperta perché era malato d’asma.

“Ecco, è il momento di scappare!”, bisbigliò Pinocchio e poco dopo il burattino nuotava veloce, reggendo sulle spalle Geppetto.

Per loro fortuna, il giorno prima il pescecane si era avvicinato alla spiaggia, così poco dopo riuscirono a raggiungere la riva.

Albeggiava e Geppetto tutto bagnato era mezzo morto dalla paura e dal freddo.

“Appoggiati al mio braccio, babbino caro, non so dove siamo, ma vedrai che troveremo di nuova la strada di casa!”

Vicino alla spiaggia c’era una vecchia capanna di frasche abbandonata, dove trovarono un primo rifugio. A Geppetto era venuto un gran febbrone e Pinocchio uscì.

“Vado a cercarti del latte!”, disse.

Un belare di capre lo guidò nella direzione giusta e poco dopo si trovò davanti ad un contadino, ma senza i soldi per comprare il latte.

“Il mio somaro è morto, se farai girare al suo posto la macina del mulino per mezza giornata, avrai il latte che desideri!”

Così per giorni e giorni Pinocchio ogni mattina si alzava presto per provvedere la mantenimento di Geppetto.

Tornarono finalmente a casa e Pinocchio lavorava fino a tardi, fabbricando canestri e panieri di giunco per guadagnare da vivere per sé e per il padre.

Un giorno venne a sapere che la Fatina, colpita da mille disgrazie, si trovava malata all’ospedale.

Per aiutare la sua benefattrice, rinunciò ad un vestito nuovo e le mandò i soldi per curarsi, anche se a costo di grandi sacrifici.

Una notte Pinocchio fece un bellissimo sogno in cui gli apparve la Fatina che lo ringraziava e la mattina appena sveglio si accorse allo specchio di essere un altro. Vide l’immagine di un bel ragazzo dai capelli castani e dagli occhi celesti.

Geppetto lo abbracciò felice.

“E il vecchio Pinocchio di legno dov’è?”, gli chiese subito il ragazzo ancora incredulo.

“Eccolo là!”, gli rispose allora Geppetto, “quando i ragazzi da cattivi diventano buoni, cambiano vita ma anche aspetto!”

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Gli undici cigni // Audio fiaba https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe-classiche/hans-christian-andersen/gli-undici-cigni-audio-fiaba.html https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe-classiche/hans-christian-andersen/gli-undici-cigni-audio-fiaba.html#respond Fri, 13 Oct 2017 15:32:53 +0000 https://www.tiraccontounafiaba.it/?p=8547 Tratta dalla fiaba “I cigni selvatici“, di Hans Christian Andersen

L’audio fiaba

Il testo

C’era una volta un re che aveva undici figli ed una figlia.

Era rimasto vedovo da tempo e decise di risposarsi.

Ma, senza saperlo, scelse come moglie una strega, alla quale i suoi figliastri non piacevano per niente.

Per questo motivo mandò la sua figliastra a fare la sguattera in un castello lontano; ma questo non bastava per cui decise di trasformare gli undici figliastri in cigni.

Di giorno erano cigni e solo per poche ore alla notte potevano tornare umani.

Dopo un anno la figlia tornò al castello e non trovò più i suoi fratelli, Disperata, decise di partire per cercarli.

Attraversò  foreste e pianure, finchè non giunse in un bosco vicino ad una montagna.

In questo bosco c’era una capanna, dove c’era una vecchia strega che filava.

La ragazza le chiese notizie dei suoi fratelli e la strega disse soltanto di avere visto undici bellissimi cigni che facevano il bagno in uno stagno vicino.

La ragazza andò a spiare lo stagno e vide che di notte i cigni ridiventavano i suoi fratelli.

Potè di nuovo abbracciarli, ma loro le dissero che al mattino dovevano ridiventare cigni per via della maledizione della matrigna.

Lei raccontò tutto alla strega della foresta, che le disse di non poter fare niente: lei era una strega buona e le streghe buone non possono niente contro le magie fatte dalle streghe cattive.

Ma le confidò il modo di sciogliere l’incantesimo: “Dovrai andare in un campo poco lontano da qui che è fatato, raccogliere dei cardi, filarli e preparare per loro delle camicie che dovrai far loro indossare per mandare via l’incantesimo!”.

La ragazza accettò ed iniziò ad andare nel campo dove si graffiò per raccogliere i cardi.

La vecchia le aveva anche rammentato che non avrebbe dovuto parlare di questa cosa con nessuno, Un giorno, mentre stava raccogliendo i cardi, passò di lì un principe che si innamorò di lei e decise di sposarla.

Purtroppo il principe aveva una madre che era una strega e conosceva bene la matrigna della ragazza.

Decise di rovinare la vita della giovane nuora.

La ragazza, anche da sposata, e anche se attendeva un bambino, continuava a cucire le camicie di cardi per i suoi fratelli.

Suo marito dovette partire per un lungo viaggio proprio quando il bambino doveva nascere.

Lei diede alla luce due bambini ma la matrigna mise al loro posto due grossi ed orrendi ragni e disse che era una strega e aveva fatto tutto facendo una magia con i cardi.

Allora le streghe venivano bruciate vive e la giovane fu portata al rogo: stava finendo di fare le camicie per i suoi fratelli.

Di colpo arrivarono tutti gli undici cigni e lei li ritrasformò in essere umani gettando loro sopra le camicie.

Potè allora raccontare tutta la sua storia.

Le due streghe cattive dovettero fuggire via di tutta fretta dai regni che furono così regnati dalla ragazza, da suo marito e dagli undici fratelli con giustizia d’umanità.

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I due orsacchiotti // Audio fiaba https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/due-orsacchiotti-audio-fiaba.html https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/due-orsacchiotti-audio-fiaba.html#respond Mon, 09 Oct 2017 09:33:56 +0000 https://www.tiraccontounafiaba.it/?p=8531 https://dl.dropboxusercontent.com/s/vkva70s3mwua7ts/due-orsacchiotti.mp3

Il piccione e la piccioncina si dicevano dolcissime parole sopra un ramo del faggio.

Orsacchiotta, dal suo covo, li vide, ne udì il dialogo amorevole e con due colpi di zampe svegliò il marito orso, che se la dormiva profondamente.
– Orsaccio, vieni a vedere, vieni a sentire! Quando mai ti sei comportato come il simpatico piccione? Quando mai tu mi hai fatto discorsi così gentili? –
– Abbi pazienza. Il mio carattere è un po’ ispido. Non posso cambiarlo. –
– Ti manca la buona volontà. Se tu lo volessi, potresti essere una persona amabile, un marito coi fiocchi, come il piccione. E io sarei orgogliosa di te. E felice. Sarei allora perfettamente felice. –

All’orso, quei rimproveri, suscitarono una certa sofferenza. E ci ripensò. Ci ripensò quel giorno, ci ripensò nei giorni che seguirono. Amava molto la moglie e, per vederla contenta, avrebbe rinunziato a un vaso di miele, a un sacco di nocciuole. Pensa e ripensa, ebbe un’idea che gli parve genialissima.

Una mattina, invece di restarsene a dormicchiare nel covo, andò a cogliere fragole nel bosco. Dispose la dolce frutta in un cestello e la portò alla sposina. A cui sgranò, porgendo il dono, le parole amorevoli che aveva preparato da molto tempo.

Ma l’orsacchiotta, dimentica della sua nostalgia per i metodi sentimentali del piccioncino, sghignazzò in faccia allo sposo e con una zampata mandò per aria cestello e fragole, e gettò a terra il povero orso.

 

Fiaba popolare bulgara.

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Gloria e la rivolta delle bambole // Audio fiaba https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/gloria-rivolta-bambole.html https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/gloria-rivolta-bambole.html#respond Wed, 04 Oct 2017 08:28:38 +0000 https://www.tiraccontounafiaba.it/?p=8481 Testo di Cristina D’Agostino

Narratrice: Cristina D’Agostino.

Voci: Alice, Giorgia, Marta e Sara del corso di Teatro di Cavaglià.

 

C’era una volta una bambina di nome Gloria, che era una gran pigrona e la mattina non voleva mai alzarsi dal letto.

Ma un giorno successe una cosa davvero incredibile. Quella mattina, come al solito, Gloria non si voleva alzare e rispose alla mamma.

Gloria: No, non voglio alzarmi

Allora la mamma, stanca di doverla convincere ebbe un’idea, chiese aiuto agli oggetti.

Mamma: “Coperta, scopri Gloria perchè non vuole alzarsi per andare a scuola”.

Ma la coperta rispose: “No, non scopro.”

Mamma: “Allora chiederò alla serranda di aiutarmi. Serranda alzati e fai entrare la luce, perchè Gloria non vuole alzarsi per andare a scuola, ho già chiesto aiuto alla coperta ma mi ha detto di no.”

La serranda rispose: “No, non voglio alzarmi.”

Mamma: “Allora chiederò allo stereo di accendersi. Stereo accenditi e diffondi musica a tutto volume, perché Gloria non vuole alzarsi per andare a scuola. Ho già chiesto aiuto alla coperta e alla serranda, ma mi hanno detto di no.”

E lo stereo rispose ” No, io non mi accendo e non metto musica.”

Mamma: “Allora chiederò aiuto alla sveglia. Sveglia trilla e non ti fermare, perché Gloria non vuole alzarsi per andare a scuola, ho già chiesto aiuto alla coperta, alla serranda e allo stereo, ma mi hanno detto di no.”

La sveglia rispose: “No, io non trillo.”

Mamma: “Allora chiederò aiuto al rubinetto. Rubinetto apriti e allaga la casa perché Gloria non vuole alzarsi per andare a scuola, ho già chiesto aiuto alla coperta, alla serranda, allo stereo e alla sveglia, ma mi hanno detto di no.”

Il rubinetto rispose: “No, io non apro l’acqua e allagare la casa.”

Mamma: “Allora chiederò aiuto al materasso. Materasso rimbalza perché Gloria non vuole alzarsi per andare a scuola, ho già chiesto aiuto alla coperta, alla serranda, allo stereo, alla sveglia e al rubinetto, ma mi hanno detto di no.”

Il materasso rispose: “No, io non voglio rimbalzare.”

Mamma: “Allora chiederò aiuto alle bambole. Bambole potete andare via da questa casa                    ed andare da un’altra bambina? Perché Gloria non vuole alzarsi per andare a scuola, ho già chiesto aiuto alla coperta, alla serranda, allo stereo, alla sveglia, al rubinetto e al materasso, ma mi hanno detto di no”.

E, con grande sorpresa di tutti, le bambole risposero: “Si, andiamo via volentieri. Perchè Gloria ci tratta male. Ci lascia per terra sul pavimento freddo. Ci sporca la faccia colorandoci con i pennarelli”.

Sentento che le bambole volevano andarsene Gloria balzò sul letto e disse: “No! Le bambole no! Mi alzo, mi alzo.”

La mamma disse:  “Grazie bambole, tutti gli altri oggetti non mi sono stati di aiuto.”

All’improvviso, tutti gli oggetti, che avevano detto di no alla mamma, presero vita e dissero:

“No, ti aiutiamo, ti aiutiamo.”

La coperta disse:  “Io scopro, scopro.”

Lo stereo disse: ” Metto la musica, metto la musica.”

La sveglia disse: Trillo, trillo.

Il rubinetto disse: “Apro l’acqua e allago.”

Il materasso disse: ” Rimbalzo, rimbalzo.”

Si creò un vero trambusto: la coperta si muoveva, il materasso rimbalzava, la sveglia e lo stereo suonavano a più non posso, il rubinetto faceva uscire tutta l’acqua.

La mamma allarmata disse: “Ehi, fermi, prima che si allaghi anche la casa! Gloria ha detto che si alza e và a scuola. Grazie a tutti, specialmente alle bambole.”

Così Gloria, grazie alla rivolta delle bambole,  non fece mai più i capricci per alzarsi dal letto.

 

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Petruccio // Audio fiaba https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/petruccio-audio-fiaba.html https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/petruccio-audio-fiaba.html#respond Wed, 20 Sep 2017 15:26:46 +0000 https://www.tiraccontounafiaba.it/?p=8458 Da una fiaba popolare toscana di fine ottocento.

La storia che sta per iniziare è antica, ha più di 100 anni. Se alcune cose vi sembreranno buffe ed antiquate, è perché si svolge in un tempo lontano, quando la televisione ed i telefoni cellulari non erano ancora stati inventati e ci si riuniva, magari intorno al camino, ad ascoltare storie e filastrocche.

 

C’era una volta famiglia composta da una mamma, un papà ed un bambino di nome Petruccio.

Un giorno il papà si ammalò e fu chiamato il medico, allora non si usavano tanto le medicine, il medico disse al papà che il rimedio migliore per guarire era quello di mangiare la minestra di cavolo. Per fortuna questa famiglia aveva un orto, nell’orto c’erano anche i cavoli. Così la mamma chiese al bambino: “Petruccio, Petruccio vai nell’orto a raccogliere il cavolo per il papà che sta male”.

Petruccio rispose: “No, non ci voglio andare”.

La mamma disse: “Allora chiederò al bastone che ti picchi. Bastone picchia Petruccio perché non vuole andare nell’orto a raccogliere il cavolo per il papà che sta male”.

Il Bastone rispose: “No, non voglio picchiare”.

La mamma disse: “Ah sii? Allora dirò al Fuoco di bruciarti. Fuoco brucia il Bastone perché il Bastone non vuole picchiare Petruccio, perchè Petruccio non vuole andare nell’orto a raccogliere il cavolo per il papà che sta male”.

Il Fuoco rispose: “No, non voglio bruciare.”

La mamma disse: “Allora dirò all’Acqua di spengerti. Acqua spegni il Fuoco perché il Fuoco non vuole bruciare il Bastone, perché il Bastone non vuole picchiare Petruccio, perchè Petruccio non vuole andare nell’orto a raccogliere il cavolo per il papà che sta male”.

L’Acqua rispose: “No, non voglio spengere”.

La mamma allora disse: “Anche tu mi dici di no?! Allora dirò al Bue che ti beva. Bue bevi l’Acqua perché l’Acqua non vuole spengere il Fuoco, perché il Fuoco non vuole bruciare il Bastone, perché il Bastone non vuole picchiare Petruccio, perchè Petruccio non vuole andare nell’orto a raccogliere il cavolo per il papà che sta male”.

Ma il Bue rispose: “No, non voglio bere”.

La mamma indispettita disse: “Allora io dirò alla Corda di legarti. Corda lega il Bue perché il Bue non vuole bere l’Acqua,  perché l’Acqua non vuole spengere il Fuoco, perché il Fuoco non vuole bruciare il Bastone, perché il Bastone non vuole picchiare Petruccio, perchè Petruccio non vuole andare nell’orto a raccogliere il cavolo per il papà che sta male”.

La Corda rispose: “No, non voglio legare”.

La mamma,meravigliata del rifiuto, disse: “Allora io dirò al Tpo di roderti. Topo rodi la Corda perché la Corda non vuole legare il Bue, perché il Bue non vuole bere l’Acqua,  perché l’Acqua non vuole spengere il Fuoco, perché il Fuoco non vuole bruciare il Bastone, perché il Bastone non vuole picchiare Petruccio, perchè Petruccio non vuole andare nell’orto a raccogliere il cavolo per il papà che sta male”.

Il Topo rispose: “Squit, squit. Non voglio rodere”.

La mamma quasi esausta disse: “Allora dirò al Gatto di mangiarti. Gatto mangia il Topo perché il Topo non vuole rodere la Corda, perché la Corda non vuole legare il Bue, perché il Bue non vuole bere l’Acqua,  perché l’Acqua non vuole spengere il Fuoco, perché il Fuoco non vuole bruciare il Bastone, perché il Bastone non vuole picchiare Petruccio, perchè Petruccio non vuole andare nell’orto a raccogliere il cavolo per il papà che sta male.”

Il Gatto, leccandosi già i baffi, rispose: “Miaooo! Io mangio, mangio.”

Non appena il Gatto disse che avrebbe mangiato il Topo, tutti gli animali e gli oggetti interpellati dalla Mamma, che fino a quel momento avevano detto di no, risposero:

Topo: “Io rodo, rodo.”

Corda: “Io lego, lego.”

Bue: “Io bevo, bevo.”

Acqua: “Io spengo, spengo.”

Fuoco: “Io brucio, brucio”

Bastone: “Io picchio, picchio.”

E Petruccio disse: “Io vado, vado.”

E così, alla fine, Petruccio andò nell’orto a raccogliere il cavolo per il Papà che stava male.

 

Narratrice: Cristina D’Agostino.

Voci: Alice, Giorgia, Marta e Sara del corso di Cavaglià. 

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Una lingua golosamente fantastica // Audio Fiaba https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/audio-fiaba-lingua-golosamente-fantastica.html https://www.tiraccontounafiaba.it/fiabe/audio-fiabe/audio-fiaba-lingua-golosamente-fantastica.html#respond Wed, 20 Sep 2017 15:03:05 +0000 https://www.tiraccontounafiaba.it/?p=8448 Testo di Cristina D’Agostino.

Voci: Greta, Jessica, Miriam, Sabrina e Valentina del corso di Teatro di Gaglianico (Biella).

Narratrice: Cristina D’Agostino.

 

Un giorno, in un parco, due signore di nome Jessica e Miriam, appassionate di esperimenti linguistici, erano pronte a presentare a tutti la loro ultima trovata, anche grazie all’aiuto delle loro assistenti Greta e Valentina.

Miriam: “Signore e signori voi tutti conoscete l’italiano ed il significato di ogni parola.”

Jessica: “Per esempio se dite “casa” state indicando un’abitazione, magari dove vivete voi. Se dite “albero” indicate una pianta grande con un tronco ed una chioma verde, giusto?”

Miriam: “Ora immaginate se l’italiano fosse diverso.”

Una signora, di nome Sabrina, interruppe chiedendo: “Ehm…scusi, diverso in che senso?”

Miriam: “Immagina se ci fossero solo parole che indicano cibi: salame, pizza, panino, formaggio…”

Jessica: “Nessun’altra parola al di fuori dei cibi, nessun verbo, niente “ciao”, “buongiorno”, “infatti”, “cioè”, “insomma”.”

Miriam: “Ecco a voi un esempio, due amiche che si incontrano e si salutano parlando questa lingua golosamente fantastica.”

Valentina: “Pizza pizza! Panino, panino.”

Greta: “Mortadella, insalata, biscotti!”

Valentina: “Biscotti, torta.”

Greta: “Caramelle, insalata.”

Miriam: “Ora ascolterete le due amiche che…no, non ve lo dico! Guardate e provate ad indovinare cosa si dicono.”

Jessica: “Dai, provate ad indovinare!”

Valentina (con tono arrabbiato): “Pizza, salame, mortadellaaa!”

Greta (arrabbiata): “Mortadella, hamburger, peperoncini!!!”

Sabrina: “Sembrano arrabbiate”.

Miriam: “Esatto! Stavano litigando. Ora vedrete le due amiche che sono tristi.”

Valentina (triste): “Pizza, patatine, insalata.”

Greta (con voce molto triste): “More, lamponi…patatineee.”

Miriam: “E’ una lingua buffa,vero?”

Jessica: “Questa lingua mette l’acquolina in bocca.”

Miriam: “Che dite sarebbe bello parlare di cibo tutto il giorno?!?”

Nuovamente Sabrina interruppe dimostrandosi perplessa: “Ma se poi dobbiamo parlare del cibo, andiamo a fare la spesa, ordiniamo un succo al bar…che parole dovremmo usare?!?”

Miriam e Jessica: “Boh!

Sabrina: “Questa lingua non va bene. Anche se è molto simpatica.”

Miriam e Jessica: “Si, è vero. E’ sicuramente divertente, ma è meglio che rimanga nel mondo della fantasia.”

 

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