La vecchina che viveva nella bottiglia dell’aceto
Fiaba pubblicata da: Katinka Charlotte
Il testo della fiaba
C’era una volta una vecchina che viveva in una bottiglia dell’aceto. Un giorno passò di lì una fata che sentì la vecchina borbottare fra sè: – Che rabbia, che rabbia, che rabbia –
diceva la vecchina, – non dovrei mica vivere in una bottiglia dell’aceto. Dovrei vivere in un bel cottage col tetto coperto di paglia e le rose rampicanti sul muro, è lì che dovrei vivere. E la fata disse: – Benissimo, stasera quando vai a letto girati tre volte e chiudi gli occhi, e domattina vedrai cosa vedrai. Così la vecchina andò a letto, si girò tre volte e chiuse gli occhi, e la mattina dopo eccola lì, in un grazioso cottage col tetto di paglia, e le rose rampicanti sui muri. Si meravigliò e
rallegrò molto, ma si dimenticò di ringraziare la fata.
La fata andò a nord, e andò a sud, e andò a est, e andò a ovest, tutta presa dai suoi affari. Poi un bel giorno si disse:
– Andiamo a vedere come se la passa quella vecchina. Dev’essere molto felice nel suo piccolo cottage.
Quando arrivò davanti alla porta, sentì la vecchina che borbottava fra sé:
– Che rabbia, che rabbia, che rabbia, – diceva la vecchina, – non dovrei mica vivere in un piccolo cottage come questo, tutta sola. Dovrei vivere in una bella casetta in una fila di casette, con tendine di pizzo alle finestre, un battente di ottone sulla porta, e i venditori di cozze e vongole che passano per strada e fanno tanta allegria. La fata fu piuttosto sorpresa, ma disse:
– Benissimo. Stasera quando vai a letto girati tre volte e chiudi gli occhi, e domattina vedrai cosa vedrai.
Così la vecchina andò a letto, si girò tre volte e chiuse gli occhi, e la mattina dopo eccola lì, in una bella casetta in una fila di casette, con le tendine di pizzo alle finestre, e un battente di ottone
sulla porta, e i venditori di cozze e di vongole che passavano per strada e facevano tanta allegria.
E si meravigliò e rallegrò moltissimo. Ma si dimenticò completamente di ringraziare la fata.
La fata andò a nord, e andò a sud, e andò a est, e andò a ovest, tutta presa dai suoi affari; e dopo un po’ di tempo si disse: – Andiamo a vedere come se la passa quella vecchina. Adesso sarà felice di sicuro. Ma quando arrivò alla fila di casette, sentì la vecchina che borbottava fra sé: – Che rabbia, che rabbia, che rabbia, – diceva la vecchina, – non dovrei mica vivere in una fila di casette come questa, in mezzo a gente tanto ordinata. Dovrei vivere in una grande dimora di campagna circondata da un bel giardino, piena di servitù da comandare a bacchetta. La fata fu molto sorpresa, e abbastanza seccata, ma disse: – Benissimo, vai a letto e girati tre volte e chiudi gli occhi, e domattina vedrai cosa vedrai. Così la vecchina andò a letto, e si girò tre volte, e chiuse gli occhi, e il mattino dopo eccola lì, in una grande dimora di campagna circondata da uno splendido giardino, piena di servitù da comandare a bacchetta. E si meravigliò e si rallegrò molto, e imparò a parlare con grande proprietà, ma si dimenticò di ringraziare la fata. La fata andò a nord, e andò a sud, e andò a est, e andò a ovest, tutta presa dai suoi affari; passato qualche tempo, si disse: – Andiamo a vedere come se la passa quella vecchina. Adesso sarà felice di sicuro. Ma appena si avvicinò alla finestra del salottino, sentì la vecchina che si lagnava fra sé con grande proprietà di linguaggio:
– È certamente una vergogna, – diceva la vecchina, – che io debba vivere qui in solitudine, senza far vita di società. Dovrei essere una duchessa, una dama di corte della regina e dovrei girare in carrozza, con due valletti che mi seguano ovunque.
La fata fu estremamente sorpresa e notevolmente irritata, ma disse:
– Benissimo. Stasera vai a letto, girati tre volte e chiudi gli occhi, e domattina vedrai cosa vedrai.
Così la vecchina andò a letto, e si rigirò tre volte, e chiuse gli occhi, me il mattino dopo eccola lì, una duchessa con la sua carrozza, dama di compagnia della regina e con due valletti sempre al seguito. E si meravigliò e si rallegrò molto. Ma si dimenticò completamente di ringraziare la fata.
E la fata andò a nord, e andò a sud, e andò a est, e andò a ovest, tutta presa dai suoi affari; passato qualche tempo, si disse: – Andiamo a vedere come se la passa quella vecchina. Adesso che è duchessa sarà felice di sicuro.
Ma era appena arrivata a una finestra del grandioso palazzo cittadino della vecchina che la sentì borbottare col tono di voce più raffinato che ci si possa immaginare: – È davvero una rimarchevole vergogna che io debba essere una semplice duchessa, e debba far la riverenza alla regina. Perché non posso essere io stessa regina, seduta su un trono dorato, con in testa una corona d’oro, circondata da dame di corte? La fata fu assai irritata, anzi, decisamente arrabbiata, ma disse:
– Benissimo. Vai a letto girati tre volte, e chiudi gli occhi, e domattina vedrai cosa vedrai.
Così la vecchina andò a letto, e si girò tre volte, e chiuse gli occhi, e il mattino dopo eccola lì, a palazzo reale, regina di fatto e di diritto, seduta su un trono dorato, con in testa una corona d’oro, circondata da dame di corte. Si sentì veramente beata, e cominciò a dare ordini a destra e a manca. Ma si dimenticò completamente di ringraziare la fata. E la fata andò a nord, e andò a sud, e andò a est, e andò a ovest, tutta presa dai suoi affari. Passato qualche tempo, si disse: – Andiamo a vedere come se la passa quella vecchina. Adesso sì che sarà soddisfatta! Ma appena giunse alla soglia della sala del trono, sentì la vecchina che borbottava fra sé:
– È proprio una vergogna, una vera vergogna, – diceva, – che io debba essere regina di un paesucolo insignificante come questo invece di far andare avanti il mondo tutto intero e tutto tondo. Essere Papa, questa è la mia vera vocazione, e dominare l’anima di tutti gli abitanti della terra.
– Benissimo, – disse la fata, – vai a letto. Girati tre volte e chiudi gli occhi, e domattina vedrai cosa vedrai.
Così la vecchina andò a letto, piena di orgogliosi pensieri. Si girò tre volte e chiuse gli occhi. E il mattino dopo era tornata nella bottiglia dell’aceto.