Nina Gamberina

Fiaba pubblicata da: Lara

Nina non sapeva come tutto era iniziato. Ricordava solo che un giorno, un giorno normale, identico a tanti altri, era andata a scuola, si era seduta al solito posto, aveva lasciato lo zainetto accanto al banco e aveva atteso che la lezione iniziasse. D’un tratto, mentre l’insegnante entrava e sistemava le sue cose, Rocco, un suo compagno, le si era parato davanti, quando la classe ancora era in fermento, e ridendo aveva detto, indicandola con il dito:

“Guardate! Guardate come diventa rossa!” e mentre lo diceva le guance di Nina davvero si erano colorate di rosso porpora, suscitando l’ilarità del ragazzino e di tutta la classe. L’insegnante non vi fece caso, pensando che erano solo sciocchezze tra ragazzi, ma da quel giorno nulla fu più uguale per Nina.

Ogni volta che entrava in classe, Rocco la additava, rideva davanti a tutti dicendo che Nina non era normale-nemmeno a farlo apposta non c’era nessun altro in tutta la classe cui si coloravano le guance di rosso- che doveva stare in una classe speciale o in una per gamberi, riferendosi al colore delle guance. Cominciò anzi a chiamarla Nina-Gamberina e così la chiamarono molti ragazzi della classe, poi della scuola.

Accadeva spesso, quando veniva chiamata per un’interrogazione, quando doveva essere scelta per la partita di pallavolo, quando erano sul pullman per una gita, anche solo nei giorni di scuola normali nel corso dell’intervallo.

Nina non capiva il perché di quella persecuzione. Era una ragazzina a posto, non faceva del male a nessuno, era rispettosa con gli altri, come le avevano insegnato, suggeriva addirittura quando un compagno aveva bisogno durante un compito. Ma perché, allora, avevano iniziato a prenderla in giro a quel modo?

A casa non ne parlava, si vergognava per non essere in grado di rispondere a quello sbruffone di Rocco e a coloro che, imitandolo, la sbeffeggiavano e le uniche volte che aveva parlato con qualche insegnante le avevano semplicemente detto che fra ragazzi è normale che accadano cose del genere.

Ma normale non era e Nina lo sapeva bene. Non era normale avere il terrore di uscire dal letto, la mattina, di prendere il pullman, di sedersi al suo banco. Non era normale contare i minuti che la separavano dal ritorno a casa, non era normale chiudersi nel bagno della scuola e piangere le lacrime che davanti agli adulti non era in grado di mostrare.

Le malefatte di Rocco non finirono qui. Approfittando della sua timidezza-era solo per questo che la prendeva in giro- il ragazzino arrivò a prometterle di lasciarla in pace se Nina gli avesse portato la cartella, passato i compiti e svolto altri incarichi di questo genere. Naturalmente non manteneva mai la parola, ma Nina ogni volta si piegava al suo volere sperando che quella fosse la volta buona. Intanto, intorno, tutti vedevano cosa capitava a Nina, ma nessuno aveva intenzione di aiutarla. Alcuni per paura di essere pure loro presi di mira da Rocco, altri per semplice cattiveria.

Nel frattempo i mesi passavano, Nina dimagriva, non voleva più andare a scuola, non parlava più con i compagni di classe. I genitori si chiesero cosa stesse capitando, ma Nina non osò fiatare. Non solo era timida, ma, pensava, era stata anche una stupida nel diventare la schiava del suo persecutore, a non ribellarsi. Non vedeva più una via d’uscita e si vergognava con tutti.

Fino a che, come spesso accade nella vita, le cose cambiarono senza che Nina se lo aspettasse.
Un giorno come un altro, arrivò a scuola e si sedette al suo solito posto. Rocco era già lì, pronto a deriderla, con i compagni disposti in semicerchio pure loro pronti a godersi lo spettacolo. Ma quando il ragazzo iniziò a parlare, le parole stentarono a uscire dalla sua bocca.

“N..n..n Ni..na” iniziò, tra lo stupore di tutti, prima di tutti di se stesso “N.n.n.Ni..N.Ni” non riuscì a terminare”. Rocco stava balbettando.

Non fosse mai accaduto. I compagni che erano riuniti per poter deridere Nina per un attimo fissarono Rocco, attonito, incapace di finire il nome di Nina, e quindi iniziarono pure loro la cantilena che era stata la sua: “N.n.Ni.na” e poi “R.r.r.r. Ro.Rocco Balbettone! Rocco Balbettone!” e giù a ridere. Non guardavano più Nina, ma Rocco che era sul punto di scoppiare in lacrime.

Rocco, mentre tutti ridevano, prima fissò l’insegnante, che al solito fece finta di nulla. Poi, guardò Nina. Lei era lì, con le guance rosse, ed incredibilmente-Rocco non lo poteva credere-era l’unica a non prenderlo in giro. Lei, che per mesi era stata il bersaglio delle sue cattiverie, ora non ricambiava, non prendeva la palla al balzo per deriderlo a sua volta. Aveva le guance rosse, di vergogna per quanto stava accadendo, ma non lo stava deridendo.

Rocco, oltretutto, non aveva mai balbettato, così non riusciva a comprendere che cosa gli fosse accaduto. Doveva essere capitato qualcosa, pensava, perché altrimenti avrebbe sempre balbettato. Il ragazzino non poteva saperlo, ma le sue balbuzie erano solo temporanee e dovute all’incubo della notte precedente, quando si era visto solo, su una spiaggia infinita, inseguito da migliaia di gamberi rossi e, come sottofondo, le risate dei compagni di classe. Nel sogno Rocco correva e correva, ma più andava avanti più i gamberi parevano acquistare velocità e più forti erano le risate dei compagni. Si era svegliato urlando, tutto sudato per la paura. Poi, non aveva più pensato al sogno, fino a quel momento.

Mentre la lezione iniziava e tutti prendevano posto nei banchi, Rocco per la prima volta capì quanto era stato crudele con Nina, che aveva l’unica colpa di essere una ragazzina timida. Comprese come si doveva essere sentita in quei mesi, con le sue prese in giro, sempre spalleggiato dai compagni e con la muta complicità degli insegnanti. Capì quanto doveva essere spaventoso, per lei, arrivare in classe e sedersi al banco ogni giorno, con il terrore, in ogni momento, di essere nuovamente presa di mira.

Si girò a guardarla un momento, ma lei non ci fece caso. Proprio in un momento come quello, quando avrebbe potuto vendicarsi di lui, non l’aveva fatto. Rocco attese la ricreazione, forse allora Nina avrebbe fatto la sua mossa, invece lei non disse nulla nemmeno allora. Furono invece coloro che insieme a lui avevano sempre deriso la ragazzina, stavolta, a prenderlo di nuovo in giro per le sue balbuzie.

Per la prima volta Rocco si vergognò della sua cattiveria e di quella dei ragazzi che ridevano di lui, come prima avevano riso di Nina. Non poteva sapere che avrebbe balbettato ancora per poco, ma decise comunque di provare a rimediare. Quando la ricreazione terminò, Nina gli passò davanti e lui le fece segno di avvicinarsi. Nina obbedì, come sempre faceva, per paura di ciò che avrebbe potuto farle Rocco, ma lui stavolta non voleva minacciarla o deriderla.

“S.sc.s.sc.scu.sa” le disse invece porgendole la mano.

Nina non rise dei suoi balbettii e seppur restia-non era ancora sicura della sincerità del compagno- gli strinse la mano. Rocco sorrise, ma Nina no. Aveva accettato le sue scuse, ma il dolore che aveva provato in quei mesi non li poteva sanare nessuno. In altre parole, potevano rispettarsi a vicenda, ma non sarebbero mai stati amici. Rocco lo capiva e ammirava Nina per come non si era prestata al gioco degli altri e non aveva ceduto alla tentazione di umiliarlo.

Alla fine Nina gli lasciò la mano e insieme rientrarono in classe. Anche giorni dopo, quando Rocco si accorse di non balbettare più, non prese più di mira Nina e non la chiamò mai più Nina-Gamberina. Anche quando arrivò in classe un ragazzino nuovo, piuttosto robusto, facile bersaglio di prese in giro, Rocco non lo tormentò mai. Purtroppo lo fecero altri compagni, fino a quando, anche a loro, per un motivo o per l’altro capitò di comprendere come si sta dall’altra parte.

Nina non avrebbe mai dimenticato la paura di essere presa in giro davanti a tutti, l’indifferenza degli insegnanti, le minacce di Rocco e degli altri, sapeva che certe cose non si dimenticano, ma era contenta che Rocco avesse imparato la lezione e che per tutti ora fosse solo Nina e mai più Nina Gamberina.



Contenuti suggeriti: