Il grasso merlo innamorato

Fiaba pubblicata da: Carlo-Maria Negri

Giusto ieri incontrai per caso il signor Tasso. Come al solito lo trovai all’ombra della Grande-Betulla, mentre dormiva. Colpa della mia goffaggine, però, lo svegliai di netto dal suo sonno, incespicando su una radice.

“Ma insomma!”, tuonò il signor Tasso. “Sono vecchio e sono stanco, perché m’hai svegliato?”

Il signor Tasso era molto arrabbiato. Furibondo, a dir poco. Così mi sbrigai dicendogli che non era mia intenzione svegliarlo, che era stato un incidente; seguitai infine con le scuse: “Scusa, scusa e ancora scusa”.

“Mille scuse! Va bene, basta così”, borbottò lui. “Chi sei? cosa ci fai nel bosco?”

Sedetti accanto alla radice che poco prima mi fece inciampare, piano piano, perché il signor Tasso, sospettoso com’era nei miei confronti, non mi perdeva d’occhio nemmeno un istante.

“Allora, tè e biscotti non ne ho. Cosa vuoi?”

“Una storia”, dissi.

“Ah! Mi hai svegliato di proposito, quindi. Per una storia, giusto? Dovrei morderti il naso, brutto farabutto. Così ci penserai due volte prima di svegliarmi”.

Spalancai lo sguardo dalla paura (i tassi sanno essere davvero feroci, se disturbati). Ma quella volta lì il signor Tasso volle essere gentile con me, e andò dietro l’albero per tornare subito dopo con un vassoio carico di tè e biscotti.

Nel bosco ne succedono di cose strane. E credetemi se vi dico che sorseggiare dell’ottimo tè all’ombra della Grande-Betulla, per giunta in compagnia di un tasso che poco prima diceva di non avere niente da offrirmi, è forse la stranezza meno sorprendete fra tutte.

Quel giorno il sole era alto. Il vento dell’estate soffiava con pigrizia tra le fronde degli alberi. La terra era ancora morbida e fresca dall’ultima pioggia, e l’erba soffice rifletteva ombre e luci di migliaia di foglioline. E così iniziò la storia, quella del grasso merlo innamorato.

 

Tanto tempo fa, quando la Grande-Betulla era poco più alta di un germoglio, un merlo molto grasso si innamorò perdutamente di una giovane talpa.

Ovviamente i merli non possono sposare le talpe: è una legge scritta sulla pietra. Ma l’amore fra i due era talmente forte che non poterono fare altrimenti. E così, in gran segreto, si sposarono lo stesso.

Purtroppo però gli animali del bosco mal tolleravano la bizzarra unione. E il signor Merlo e la signora Talpa, per questo, vennero tristemente esiliati da tutti, costretti a vivere molto lontano.

Ma la signora Talpa era un’ottima costruttrice di tane sotterranee. E scava e scava, presto la signora Talpa costruì altrove un rifugio caldo e asciutto. Ahimè, però, il signor Merlo era davvero troppo grasso per entrarci!

“Devi dimagrire un pochino” disse la signora Talpa, “altrimenti non potremo più stare insieme”.

Così il signor Merlo decise di mettersi a dieta; andò da un dottore e questi gli disse che doveva magiare tanta lattuga e fare tanto esercizio fisico.

Il signor Merlo provò a seguire il buon consiglio. Ma dopo qualche mese non riusciva ancora ad entrare nel buco della tana.

“Devi dimagrire di più”, continuava a ripetere la signora Talpa. Il signor Merlo, allora, volle sentire un altro parere e andò nuovamente da un secondo dottore che gli disse di non mangiare affatto e di fare tantissimo esercizio fisico.

Passarono i mesi. Il signor Merlo dimagrì di qualche chiletto, ma il buco rimaneva sempre troppo stretto.

“Devi dimagrire ancora un pochino”, ripeté la talpa.

“Ma tu non puoi allargarlo un pelino?”, domandò il signor Merlo.

“Non posso! se lo allargo crollerebbe tutto e moriresti schiacciato dal peso della terra!”

Preso dallo sconforto il signor Merlo quasi quasi voleva farla finita. Quand’ecco che un gatto gli passò affianco, e disse: “Perché quella faccia da funerale?”

“Sono troppo grasso. Così grasso che non riesco ad entrare nella casa di mia moglie. Basta, sono stufo”, disse mesto il povero merlo.

“Aspetta un momento!” disse il gatto. “Si dà il caso che io sia un gran dietologo. Seguimi, vedrai tu stesso!”

Il signor Merlo, titubante, seguì il gatto. E una volta arrivati a destinazione il felino si mise svelto un camice bianco e un paio di occhiali rotondi.

‘Oh!’ – pensò il signor Merlo – ‘Ora sì che mi sembra un gran dottore’.

Il dottor Gatto si sedette dietro a una mattonella. Guardò il suo paziente e disse spiccio: “Devi mangiare tre piatti di vermi al giorno senza muoverti dal letto. Vedrai, in men che non si dica perderai abbastanza peso da poter entrare in qualsiasi tana”

‘Che gran dottore!’ pensò il merlo. E disse: “A me basta stare con mia moglie”.

“E sia. Chiedo solo di essere pagato in anticipo”.

“Ma come?!” esclamò sorpreso il signor Merlo. “Non ho il becco di un quattrino, io. Come potrei pagarti?”

“Le tue penne andranno benissimo. Per il mio cuscino sgualcito, ecco”.

Così, stretta la zampa, il merlo fu felice di spogliarsi di tutte le sue piume. Tanto non gli servivano più a niente, pesante com’era, e poi gli sarebbero ricresciute presto.

“Lei è un gran dottore!” disse con entusiasmo il signor Merlo. E intanto il dottor Gatto cominciò a preparagli i primi piatti di vermi e un giaciglio dove dormire.

Passarono i mesi e il merlo divenne ancora più grasso. Era grassissimo e nudo. Dalle dimensioni, pensate, pareva un tacchino di trenta chili.

“Finalmente è giunto il momento del trattamento finale!” disse esultante il dottor Gatto, leccandosi i baffi. Ed ecco di cosa si trattava: la stanza dove stava il grassissimo merlo venne accuratamente pulita per l’occasione; il giaciglio venne sostituito con una vaschetta riempita di brodo e verdure, mentre fuori il lesto gatto accatastava della legna attorno alla stanza.

“Ma è sicuro che funzionerà?”, domandò il signor Merlo. “Io mi sento più grasso di prima”.

“Sì, sì. Fa tutto parte della cura. Ora farai una sauna e ti sentirai meglio, vedrai”.

Il dottor Gatto, infine, chiuse la stanza a chiave. Guardò ancora una volta il merlo da una piccola fessura e, girato i tacchi, appiccò il fuoco.

Il signor Merlo fece una brutta fine, e venne cotto a puntino. D’altronde avrebbe dovuto immaginarselo che dietro a quel cattivo consiglio si celava un vero farabutto.

Il falso dottore così si rimpinzò a spese dell’ingenuità del signor Merlo, diventando a sua volta molto grasso. Ma l’ingordigia affila l’ingegno. E presto il gatto ne pensò una nuova.

‘Con le penne del signor Merlo mi travestirò da uccello, busserò a casa della signora Talpa e mi papperò anche lei!’

Detto fatto e il gatto si travestì da merlo e, cammina cammina, si presentò davanti la tana della signora Talpa.

Ma la signora Talpa, anche se non vedeva bene, aveva fiutato molto prima l’inganno del perfido gatto. Così lo prese in contropiede, e disse: “Marito mio, cielo, come sei dimagrito! Prego, entra in casa, ti aspetto, ho allargato l’ingresso apposta per te”.

Il gatto non se lo vece ripetere due volte e svelto si infilò dritto dritto nella tana della signora Talpa.

Presto però il gatto capì di trovarsi in una trappola. E prima che potesse uscire gli crollò addosso un metro di terra, mentre la signora Talpa se ne stava poco più in là a guardare la sua fine.

“Che storia triste”, dissi al signor Tasso.

“Quel che è triste è la stupidità di talune persone accecate dall’ingordigia” mi rispose. “Ancora tè?”

“Basta così, sono a posto. Grazie”.

E la sera scese tra le fronde della Grande-Betulla, la giornata finì e il signor Tasso riprese di nuovo a pisolare. Piano piano, senza incespicare, mi allontanai da lui e corsi a casa a scrivere questa storia.

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