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Samuele e la Città dei Giochi

Fiaba pubblicata da: fabulator

Samuele era un bimbo vivace e sempre in cerca di avventure immaginarie. Quel pomeriggio, correndo con gli amichetti nel parco antistante casa, aveva deciso di scalare l’unico albero presente, una grossa quercia che dominava un prato di arbusti secchi ed erbacce, nel quartiere di periferia abbandonata dove abitava con la sua famiglia.

Salendo lentamente, un po’ impaurito dall’altezza crescente, fantasticava di essere in un’enorme foresta in cerca del sentiero per scoprire un’antica città perduta. Si sedette a cavalcioni su un ramo, e guardando in basso si stupì di vedere il terreno molto più lontano di quanto pensasse. Spostando un po’ di foglie, si sporse dalla chioma dell’albero, e sgranò gli occhi pieni di stupore e meraviglia.

Il parco spelacchiato e malconcio si era magicamente trasformato in una distesa sconfinata di alberi altissimi, intervallati soltanto dalle anse di un grande fiume.

Il bimbo scese in fretta dall’albero. Ai piedi del gigante iniziava a radunarsi un gruppo di altri ragazzini a lui sconosciuti, alcuni pervasi dalla stessa fascinazione, altri in preda al pianto.

Diverse nazionalità e lingue affollavano di suoni e colori la radura. Improvvisamente apparve per magia un cartello, scritto in tutti gli idiomi del mondo:

«Visitate la città dei giochi. Per di qua!»

Samuele, che come tutti i bambini non poteva resistere alla parola “giochi”, esortò i suoi compagni a seguire le indicazioni, cercando di calmare i più piccoli. Il gruppo si mosse e in breve tempo, nonostante le soste delle ragazzine per cogliere fiori colorati, giunsero alla riva del grande fiume. Le distanze in quel luogo erano più brevi di quando sembrassero agli occhi, ma questo non dovrebbe stupire più di tanto, trattandosi di una foresta magica.

Ad attenderli vi era un vecchio canuto, la lunga barba bianca che si srotolava sul petto. In piedi, su una grande zattera rettangolare, si appoggiava a un lungo palo immerso nel fiume.

«Salite, salite!» li invitò l’uomo, facendo cenno di avvicinarsi.

«Volete andare alla città dei giochi?» chiese poi.

«Sìììììì» risposero in coro i bimbi.

Il traghettatore spinse la zattera in mezzo al fiume, guidandola sull’altra sponda. Giunto a destinazione, salutò i suoi piccoli passeggeri.

«Bene bene, divertitevi, ma state attenti al drago invincibile!»

L’assortita compagnia proseguì il cammino, e dopo una breve passeggiata giunse al limitare della foresta. Uscendo dal fitto degli alberi, davanti a loro si stagliò un enorme cancello, con un cartello colorato e luminoso.

«BENVENUTI ALLA CITTÀ DEI GIOCHI», annunciava, meraviglioso ed invitante.

Proprio davanti ad esso, però, un meno attraente, gigantesco, minaccioso drago rosso e fumante sbarrava il passo a chiunque osasse avvicinarsi.

Samuele osò.

«Scusi signor drago, possiamo entrare? Ci piacerebbe giocare un po’…»

Il lucertolone lo guardò, gli occhi iniettati di sangue, ed emise uno sbuffo di fumo dalle narici.

«Non si può entrare. Sono uno spaventoso drago cattivo e non lo permetto.»

Il bimbo, però, aveva un’arma segreta. Adorava tutto quello che assomigliasse a un dinosauro, e quell’essere, nonostante le scaglie e le ali, sembrava proprio un grosso rettile del passato. Si avvicinò maggiormente per guardarlo, poi con un gesto avventato si appoggiò al mastodontico muso dell’animale, e lo abbracciò con le corte braccia e le manine.

La foresta trattenne il respiro, in attesa dell’inevitabile fine, mentre il mostro elaborava il comportamento inconsueto. Poi, inaspettatamente, una lacrima iniziò a colare dai suoi occhi, non più rossi ma dorati, così come il colore delle scaglie che mutò lentamente in verde. Con delicatezza la bestia fece montare il bimbo sulla sua testa, alzandosi in volo sopra la vallata.

Tornati a terra, entrambi felici di aver trovato un amico l’uno nell’altro, il drago aprì i cancelli e da quel giorno permise a tutti i bambini di divertirsi con le infinite meraviglie della Città dei Giochi.



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