elfo

Il canto dell’elfo

Fiaba pubblicata da: Anna Consolo

C’era una volta, nell’arco di cielo che ancora oggi guarda l’Elba, una stella luminosa. Era talmente luccicante che la regina delle stelle le aveva dato il nome di Splendente.

Si mormorava nel firmamento che il suo brillare dipendesse dal fatto che fosse innamorata. Anche durante le ore del giorno, quando la luce del sole nascondeva ogni astro, Splendente fissava lo sguardo sull’Elba verso una chiazza verde al centro dell’isola. Proprio in quel punto, viveva l’ultimo degli elfi. Splendente con l’ espressione sognante lo osservava  per ore quasi stregata dal suo canto melodioso e dalla sua gioia di vivere. L’ultimo elfo le pareva  felice perché non faceva altro che saltellare e cantare tutto il giorno. Viveva da solo ormai da dieci anni e quando sua madre dovette lasciarlo lo fece a malincuore, sapendolo l’ultimo della specie, perché senza speranza, ma  era stato un miracolo tanto  inaspettato che non poterono fare a meno di chiamarlo Dono. Il padre di Dono era svanito, non nel senso di distratto, era proprio scomparso  e a sua madre non rimase altro che seguirlo. Questo è il destino degli elfi e delle fate che si uniscono: per sempre!

Dono era cresciuto ascoltando le storie dei vecchi elfi tra ruscelli e prati in fiore e guardando nei loro occhi la bellezza trascorsa nei boschi.

I saggi, gli avevano insegnato ad ascoltare il canto dell’Elba al risveglio e raccontato della danza dei giovani elfi e delle giovani fate in amore. Gli dissero del suono del vento e del bisbigliare degli alberi prima della pioggia, del profumo del mare portato dagli uccelli e della gioia respirata tra i raggi del sole. A volte gli elfi scendevano a valle a spiare la vita degli uomini, così che al loro ritorno ci si raccoglieva a rivelare le  nuove scoperte. Una volta videro gli uomini lanciare palle colorate addosso ad un pallino, pareva che la cosa li divertisse molto, non capirono bene il nome del gioco: mocce, gocce, docce, bocce, rocce, ma vollero provare con le arance e un mandarino. Successe che ognuno di loro voleva avere la sua arancia da tirare e alla fine, immancabilmente, il mandarino diventava difficile da trovare, non si riusciva mai a capire che fine gli si facesse fare! Gli elfi erano tutti così, con la testa tra le nuvole… svaniti, non nel senso di scomparsi… distratti! Erano un po’ fatati, anzi, troppo fatati e… troppo curiosi. Fu proprio l’ interesse per gli uomini a provocare il rischio della  loro estinzione; ogni volta che un uomo scorgeva un elfo, questi svaniva, scompariva per intenderci, definitivamente, senza lasciare nessuna traccia e così alle fate da loro amate, che per via del loro destino, dovevano seguire gli elfi per sempre. Era successo proprio questo agli elfi dell’Elba… troppo curiosi. Quando Dono si ritrovò solo, non si scoraggiò. In cuor suo non provava  alcuna solitudine, al contrario, pareva che la sua esistenza tra la terra e il cielo fosse tutt’una con la sua anima e i suoi ricordi, con i suoni e i colori del bosco e quando di notte, guardava il firmamento, fissava una stella luminosa, la più radiosa fra tutte e quella stella diventava la sua speranza. Dono credeva fermamente che la vita fosse fatta di momenti magici, piccoli momenti magici che doveva catturare nell’attimo in cui li percepiva, sapeva che non potevano durare a lungo, per questo ne succhiava l’essenza e ne gioiva  profondamente.  In una notte particolarmente serena, come inevitabilmente il destino aveva stabilito, il suo sguardo incrociò quello di  Splendente e ne rimase completamente rapito. Quel momento magico scombussolò tutti i suoi concetti sull’esistenza poiché divenne la sua eternità. In cuor suo si  rafforzò l’idea che la sua specie non fosse finita. Ebbe  la convinzione che la vita avrebbe continuato a scorrere… con lui… attraverso lui. Ogni mattina dunque, si alzava di buona lena con le migliori note in gola e si dava un gran da fare a prepararsi una dimora, un tetto accogliente per due; sapeva, lo sentiva che la sua fata sarebbe arrivata e con lei avrebbe danzato e cantato all’infinito, per sempre. Non era un sogno, ne era sicuro, non era un momento fatato e, se a volte, questa  sicurezza vacillava,  fissava la sua stella luminosa e qualsiasi dubbio… svaniva, nel senso che non l’aveva più! Splendente dall’alto del cielo pareva sentire ogni desiderio di Dono poiché le sembrava diventasse suo  e non tardò a chiedere alla regina delle stelle: “Ti prego madre di tutte le stelle, fammi cadere! Sento dentro al mio cuore un’ energia che mi spinge verso quel pezzo di terra. Ti prego fammi cadere! Sono sicura che Dono sta  aspettando la sua fata e sento di essere io,  so di esser pronta, fammi cadere!”.  La regina, che già da tempo l’aveva osservata, non era impreparata alla richiesta. Sapeva che avrebbe dovuto  rispettare questo desiderio. Ogni qualvolta una delle sue stelle bramava raggiungere la terra per amore, lei doveva lasciarla cadere altrimenti si sarebbe spenta;l’amore è così:  può   far  brillare o far consumare. La regina rispose: “Domani, figlia mia, domani notte ti lascerò cadere”. Successe che in una delle notti più fredde dell’anno, una scia luminosa accarezzò il cielo, poiché così è il saluto di una stella quando cerca di raggiungere il suo amato. Splendente si spinse sulla terra e prima di toccarne il suolo era già una fata, volò sul cipresso più alto dove Dono aveva rifugio e attese. L’alba non tardò ad arrivare e con essa il canto degli uccelli,  quando Dono aprì gli occhi al primo raggio di sole la vide, vide la sua fata. Sorrise l’elfo, felice, sapeva che ciò che stava guardando non era un sogno, prese per mano Splendente ed insieme fissarono il mare. Un canto accese il suo cuore che disse di vita, di gioia, d’amore e speranza.

Null’altro si seppe dell’ultimo elfo. Si suppone si sia smarrito nell’amore, si,  come perso, che non vuol dire scomparso!

Ma chi vive nell’isola, ancora oggi racconta di come una stella cadente, il cuore dell’Elba nasconde e, del  canto di un elfo al sorgere del sole,  che prima di quello degli uccelli, rinnova il suo amore, poiché da quel mattino, in eterno, Dono e Splendente vissero felici e contenti per sempre…  nel senso che non svanirono mai!



Contenuti suggeriti: