Il cacciatore e il lupo
Fiaba pubblicata da: Redazione
Sacra fame dell’oro, avido mostro,
che il ben di Dio con torvi occhi divori,
fino a quando dovrò co’ miei flagelli,
trista avarizia, a te levar le berze?
Sordo sempre sarà l’uomo al consiglio
del saggio e non dirà: Questo mi basta
pel mio bisogno, allegri ora viviamo?
Amico, guarda come il tempo vola,
godi, o più tardi intonerò, ma indarno,
quest’inno mio che val tutto un poema.
– Goder? Io voglio ben. – Quando? – Dimani.
– Ah poveretto! e se ti coglie in via
coll’irte unghie la morte? Or dunque godi
e leggi, amico, quello che racconta
del Cacciator la favola e del Lupo -.
Aveva un Cacciator stesa coll’arco
una damma, quand’ecco un capriolo
viene a passar. In compagnia sull’erba
coll’altra bestia cadde moribondo.
Bella preda, per Giove, un capriolo
e una damma, da pagar non uno,
ma dieci cacciatori! Il caso volle
ch’uscisse anche un cinghial grosso e superbo,
contro il quale inviò sì ben lo strale
il Cacciator, che quasi terzo all’Orco
lo sospinse. Tre volte alla feroce
belva cercò di rompere la Parca
colle forbici il fil, quando trafitto
il feroce animal sul suol piombò.
C’era d’andar contenti almen tre volte,
a creder mio, del triplice bottino;
ma tutto è poco a riempir la pancia
dell’uom ghiottone, e così volle il cielo
castigare costui. Mentr’ei s’appresta
a finire la belva sanguinante,
vista lontano svolazzar sull’erba
una bella pernice, a lei la punta
volse dell’arme, allor che strette in fascio
il mal morto cinghial l’ultime forze,
affronta il Cacciator, lo morde e lacera,
e vendicato muor su morto corpo.
Questa per voi ghiottoni. Udite or voi,
lerci avari, la vostra.
Un certo Lupo
venne a passar, e visto il miserando
spettacolo di morte: – O benedetta
la Fortuna, – esclamò, – degna che un Lupo
le innalzi un tempio. Quattro morti a un colpo!
S’è visto mai di più? ma non bisogna
abusarne, ché rara è la fortuna
(dicon sempre gli avari) e faccio il conto
d’averne almeno per un mese.
O belli,
ed uno, e due, tre morti, quattro morti,
son quattro settimane ben provviste,
s’io so contar. Comincerò dimani,
o meglio fra due giorni, e intanto all’arco
rosicchierò la corda. Ell’è di nervo
schietto, s’io posso giudicar col naso -.
Così dicendo, l’unghie ecco distende
all’arco, che scattò, lo stral partì,
e cadde il Lupo con quell’osso in gola.
– Godetevi la vita e non vi tocchi
per gola ed avarizia un’egual sorte, –
disse il Lupo e fe’ chiòsa alla morale.