I desideri

I desideri

Fiaba pubblicata da: Redazione

Nel Mogòl c’è dei folletti
abilissimi valletti,
che alla casa e all’orto attendono,
ma bisogna aver rispetto
o scompiglia chi le tocca
le faccende del folletto.

Un di questi folletti in illo tempore
coltivava il giardin d’un galantuomo
in riva al Gange, e svelto, lieto, amabile,
non aveva pensier da quello in fuori
de’ suoi padroni e dei suoi cari fiori.

Gli zeffiri, che sono coi folletti
buoni compagni, il campo rinfrescavano,
e il nostro giardiniere,
lavorando con mano attenta ed agile,
accoglievali sempre con piacere.

I folletti si sa che son volubili,
ma questo alla sua casa si attaccò
con tanto amor, che stuzzicò l’invidia:
e tanto i suoi fratelli congiurarono,
che il Capo di partir gli comandò.

O sia questa una legge di repubblica,
o sia che così volle il presidente,
o per capriccio o per ragion politica,
il fatto sta che in fondo alla Norvegia
fu traslocato perentoriamente.

In quel freddo paese gli assegnarono
una casa sepolta entro la neve.
Così provvede spesso la repubblica,
e così fu che in forza del congedo
il nostro Indou divenne Samoiedo.

Ma prima di partir volle lo spirito
parlar co’ suoi padroni,
e disse lor: – Partire mi costringono
e non vado a cercarne le ragioni;
però nel breve tempo a me concesso
ancora m’è permesso
di soddisfar tre vostri desideri,
e il faccio volentieri.
Chiedete ciò che in l’animo vi frulla,
un bel desiderar non costa nulla -.

I suoi padroni cercan l’Abbondanza,
e l’Abbondanza versa il cornucopia.
Piovon marenghi, gli scrigni ne crepano,
le biade da’ granai quasi traboccano,
e luogo non c’è più per la Speranza.

E conta e conta e scrivi sui registri,
ahi! non c’è tempo per tirare il fiato,
quindi i ladri si svegliano e congiurano,
quindi i signori chiedono gl’imprestiti,
piovon le tasse… O voto sciagurato!

Quella povera gente disperata,
anzi quasi malata di fortuna,
– Basta! basta! – pregando alfine esclama, –
o poveretti, o povertà beata,
o gran virtù, che il troppo mai non chiama.

O pia Mediocrità, torna e discaccia
quest’Abbondanza che avvelena l’ore;
ite, o tesori, e tu vieni, ritorna
del buon umore amica e del buon core! –
A questo dir Mediocrità si affaccia.

Le fan largo, con lei la pace stringono,
né chiedono di più. Ride il folletto
di lor come di quei che sempre sognano
fantasmi, e il bene perdono più schietto.
Sul punto di pigliar da lor licenza,
pegno di sua bontà, lasciava loro,
amabile tesoro, la Sapienza.



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