I due regni

Fiaba pubblicata da: Geremina Leva

C’erano una volta due castelli sulla stessa collina.
C’erano una volta due re che non si erano mai visti prima.
Uno era il regno del sale ed era governato da re Sapidissimus.
L’altro era il regno dello zucchero ed era governato da re Dolcissimus.
I due re abitavano da soli nei loro castelli di zucchero e di sale (i loro sudditi si erano infatti estinti a causa della cattiva alimentazione).

Un giorno arrivò a lato dei due castelli un cavaliere che si chiamava Senzagusto di Camperla e che nel bel mezzo di un lungo viaggio per andare a sposare la principessa Tuttopepe di Panella, si era ritrovato con il cavallo azzoppato e aveva deciso di chiedere ospitalità a chi gliela offrisse.

Tra i due castelli non vedeva differenza e scelse a caso il regno del sale.
Re Sapidissimus non solo non l’accolse come un ospite ma mostrava addirittura fastidio per il ritardo:
« Era ora! » esclamò  « Saranno due anni che hai chiesto di uscire per fare due passi nel bosco. Hai almeno trovato l’erba cipollinas che dovrebbe farmi passare il singhiozzo? Senti, ancora non mi passa » e in effetti prese a singhiozzare.

Il cavaliere era stupito ma capì che non era opportuno contraddire l’anziano re e decise di stare al gioco.
« Certo Sire ho l’erba qui con me e pensavo di prepararle un infuso » e tirò fuori dalla tasca qualche ciuffo d’erba, destinato a dire il vero al cavallo zoppicante.

E così senza nemmeno accorgersene, il cavaliere Senzagusto di Camperla rimase a vivere con re Sapidssimus, prendendosi cura di lui e del castello. Si occupava  del giardino, della manutenzione degli infissi, persino del bucato.
Si, perché l’anziano re era convinto che la servitù si occupasse di tutto e diceva così « Lascio ogni mattina l’ordine del giorno alla servitù mentre io mi dedico a importantisssimi studi »  e non si accorgeva invece che ogni mattina quel suo ordine del giorno veniva spazzato via da folate di vento che entravano dalla finestra.

Senonché una tiepida mattina di primavera mentre il cavaliere stendeva i panni su uno dei torrioni del castello si accorse che dirimpetto qualcuno faceva la stessa cosa. Non vedeva il viso perchè coperto dal bucato steso ma intuiva dalle sottane che si trattava di una donna. Fu tentato di parlarle ma non fece in tempo perché la dama fu richiamata in casa da una reboante chiamata.

Incuriosito nei giorni a venire, il cavaliere prestò maggiore attenzione alla vita che trascorreva nel palazzo a fianco, ora facendo capolino, ora sbirciando dalle balconate e così scoprì che proprio come il castello di Sapidissimus anche il vicino era abitato da massimo due persone: una che lavorava e l’altra che sbraitava.

E riflettendo su quanto potesse essere utile fare reciproca conoscenza sia per ragioni di buon vicinato sia per dare un’amicizia a Sapidissimus che ne aveva tanto bisogno, il cavaliere Senzagusto di Camperla si armò di fiori, doni e si recò al portone a fianco.
Finalmente avrebbe potuto vedere il viso della dama e quale sorpresa?
La dama non era nientepopodimeno che la principessa Tuttopepe di Panella, sua promessa sposa. Che felicità! I due si abbracciarono contenti per l’inaspettato ritrovamento anche se subito dopo la principessa prese a dargli dei sonori scappellotti; sì perchè lei aveva dovuto intraprendere quel viaggio allontanandosi da casa proprio per cercarlo, mancava così poco alle nozze e aveva temuto che gli fosse capitato qualcosa.
Il cavaliere allora le raccontò gli episodi che gli erano accaduti e del proposito di raggiungerla non appena il suo cavallo si fosse ripreso.

« Ma come mai anche tu ti trovi in questo palazzo? »  le chiese il cavaliere.
« Eh anche a me sono capitate tante cose! »  lamentava la principessa.
« Sventurata me! Ho scelto come compagnia le persone sbagliate e nel bel mezzo del viaggio mi hanno abbandonato scappando con la carrozza e i viveri. Ho camminato a lungo per giorni e notti fin quando mi sono trovata sulla collinetta qui di fronte e sono venuta a bussare da questo nobile re».
« Un re? »  si stupì il cavaliere « Che strano, anche nel mio palazzo c’è un re. Non ho mai visto due re a così breve distanza »

« Ma il mio è un Signor Re! » parlava con vanto la principessa Tuttopepe.
« Pensa che in questo palazzo tutto è fatto di zucchero e il re Dolcissimus è un caro vecchio signore tanto tanto dolce che non ho il coraggio di abbandonare. I suoi sudditi l’hanno lasciato solo perchè non voleva che si mangiasse altro che dolci. »
Il cavaliere scoppiò in una grossa risata tanto che la principessa Tuttopepe riprese a dargli degli scappellotti.

« Ahi Ahi! » si faceva scudo il cavaliere Senzagusto  « rido perchè il castello di re Sapidissimus invece è fatto di sale e il sapore dolce è del tutto sconosciuto. Per me non fa differnza perché, come ben ricorderai, a me manca il gusto. »
« Oh invece io! » sospirava la principessa  « cosa darei per una bella pietanza salata! »

Allora Senzagusto, da gran cavaliere che era, invitò a cena la principessa. Le avrebbe preparato il pesce in crosta di sale, focaccia con verdure, bignè salati. La principessa invece si sarebbe occupata del dolce naturalmente. E per tenere il segreto sul loro incontro, data la suscettibilità dei due re, decisero di cenare al di fuori dei castelli, proprio in corrispondenza della parete che li divideva.

Era una bella serata di primavera, la tavola lussuosamente imbandita e illuminata dalle luci dei due castelli.
Fu occasione per il cavaliere e la principessa  di rinnovare le vecchie promesse d’amore e di matrimonio.
Ma proprio mentre il cavaliere Senzagusto stava per servire la prima pietanza, sentì chiamare il suo nome:
« Che diavolo ci fai qui fuori invece di lavorare! Non mi hai mica chiesto il riposo mio caro maggordomo da quattro soldi »
Si trattava di Sapidissimus che era uscito dal castello, cosa che non accadeva da anni. La principessa non diede però il tempo di replicare perchè si alzò e lo accolse con tutti gli onori:

«Sire sia il benvenuto alla nostra tavola. Si accomodi pure al mio posto e assaggi il buon vino e le pietanza che il suo fedele e abile maggiordomo ha saputo preparare. »
Ma mentre Sapidissimus stava per accomodarsi, una nuova chiamata fece sobbalzare i commensali. Era Dolcissimus che reclamava la sua cameriera:
«Che fine hai fatto questa sera? Possibile che non ti si trova da nessuna parte? »
Questa volta è Senzagusto di Camperla a non lasciare il tempo di replicare:
«Sire, sia il benvenuto a questo nostro umile desco. Si accomodi al mio posto e venga a gustare questo vino e la pietanza che la sua fedele e abile cameriera ha saputo preparare. »

Ma i due re non la pensavano allo stesso modo perchè vedendosi entrambi coronati cominciarono ad aggredirsi.
« Io sono il Re! che ci fai con quella corona in testa! »
« No, il Re sono Io e levati immediatamente quella corona dalla testa. »
Il battibecco non terminò e decisero di sfidarsi a duello per deliberare il re dei re.
« Rientriamo a palazzo mio servitore, dobbiamo prepararci alla sfida che si svolgerà qui fra sette giorni. »

Il cavaliere Senzagusto di Camperla non poteva però permettere che i due si sfidassero davvero anche perché, vecchi e maldestri com’erano, si sarebbero fatti di certo male. Decise perciò di escogitare qualcosa.
Convinse Sapidissimus che un re del suo livello non poteva abbassarsi a duellare con il nemico ma che doveva essere il suo esercito a farlo.
« Ma io non ho un esercito! »  mugugnava Sapidissimus.
« E io cosa ci sto a fare sua Maestà? Sono qui per servirla anche in tempo di guerra! »
E così il cavaliere convinse il re a farsi sostituire.

Stessa cosa fece Principessa Tuttopepe di Panella che per convincere il re Dolcissimus gli disse che la sua guardia fedelissima (che altri non era che Senzagusto di Camperla nascosto sotto una lucente armatura) chiedeva l’onore di battersi e vincere per lui.

Il giorno del duello arrivò e fu una gran fatica per Senzagusto di Camperla perché fece la parte di sé stesso e quella del nemico.
I due re, muniti di binocolo, osservavano dalla finestra la scena, o meglio parte della scena, perchè riuscivano a vedere un duellante alla volta. Era sempre e solo Senzagusto di Camperla che, correndo ora da un lato ora dall’altro, appariva sempre all’attacco.

Alla fine vinse e perse per entrambi così che Sapidissimus si dava per vincitore e così Dolcissimus.
Il cavaliere era sì sfinito ma aveva raggiunto l’obiettivo: i due re, convinti di essere padroni indiscussi e Re dei Re, concessero ai due giovani di sposarsi pur continuando a prendersi cura dei loro reciproci castelli e vissero felici e contenti in un mondo a volte dolce a volte salato.

Fine.



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