Pepé e Pateslao

Fiaba pubblicata da: Geremina Leva

Nel lontanissimo quartuplo avanti l’alba nell’antica Levia viveva Pateslao, un giovane boscaiolo che tutti conoscevano per essere anche uno scrittore.

Pateslao infatti distribuiva di tanto in tanto e casa per casa, appassionanti storie inventate e popolate da vari personaggi, alcuni buoni, alcuni cattivi, altri così così. In cambio i suoi concittadini gli preparavano l’occorrente per scrivere: fogli di carta di riso e penne di aghi di pino, con sciroppo di mirtilli per il nero e sciroppo di rape rosse per le correzioni. E quando tutti gli chiedevano “Ma come fai Pateslao a inventare tutte queste storie?” Pateslao rispondeva “Me le dice Pepé”. Pepè era il suo asino e siccome tutti sanno che gli asini volano ma non parlano, nessuno gli credeva!

Pian piano la notizia di Pateslao lo scrittore, si diffuse anche fuori dalla Levia e cominciarono ad arrivare persone da molto lontano per chiedergli di scrivere delle storie. “Vorrei una storia per il compleanno di mia figlia!”, “e io per mio nipote che si sposa”, “e io per augurare buon viaggio al mio amico che parte”.

In cambio gli portavano chi una sciarpa di lana, chi un bel poncho per la pioggia, chi deliziose tendine per le finestre, persino una stalla nuova per Pepé. E ogni volta che gli chiedevano: “Come fai Pateslao a inventare tutte queste storie?”, lui rispondeva: “Me le dice Pepé”. E siccome tutti sanno che gli asini volano ma non parlano, nessuno gli credeva!

Una mattina all’alba, Pateslao si alzò, si affacciò alla finestra e come sempre inizò a chiamare “Pepé, Pepé, sveglia, è ora di alzarsi. Abbiamo un gran da fare oggi con le nostre storie”. Ma Pepè non si vedeva. Pateslao allora andò a vedere nella stalla e cosa scopri? Scoprì che di Pepé non c’era traccia, non c’erano le grandi orecchie, né la coda, né il musone d’asino. Allora uscì per andarlo a cercare, andò all’ovile, nell’orto, nel recinto dei maiali e poi nel bosco, al fiume, alla vecchia fonte, niente! Arrivò la sera e nessuna notizia di Pepé, arrivò domani e nessuna notizia di Pepé, e dopo domani e dopo dopodomani e nessuna notizia di Pepé. Pateslao era ormai molto triste, gli mancava tanto il suo Pepé e quando tutti gli chiedevano “Pateslao ma perchè non scrivi più storie?” lui rispondeva “Eh non c’è più il mio Pepé a raccontarmele”. Ma siccome tutti sanno che gli asini volano ma non parlano, nessuno gli credeva e pensavano che non scriveva più storie perchè era troppo triste.

Passò un anno intero e un giorno mentre Pateslao trasportava legna, si accorse di un carro fermo in riva al fiume. Il carro era pieno di tante cose: ombrelli, scarpe, canne da pesca, acchiappamosche, schiaccianoci, spremiagrumi e tritatutto. Era un mercante che si era fermato a far bere i cavalli, anzi no, guardò meglio Pateslao, erano asini. Gli venne subito in mente il suo Pepé e con la speranza di ritrovarlo si avvicinò, mentre il mercante dormicchiava sdraiato sulla riva.

Pateslao osservò attentamente il primo asino, gli guardò il muso, le orecchie, le zampe, persino la coda e passò al secondo poi al terzo infine al quarto. Al quarto addirittura aprì la grande bocca per guardarvi i dentoni e la lingua. No, non era lingua d’asino che raglia, quella era proprio lingua d’asino che parla. Lo guardò fisso negli occhi, lo sguardo dell’asino era pieno di lacrime e allora capì che era lui, era il suo Pepé. I due si abbracciarono e si ruzzolarono a terra come due maialini!

Quando però fecero per andarsene presi dalla felicità, il mercante si svegliò e cominciò a corrergli dietro urlando: “Ehi ma dove vai! Sei venuto a rubarmi l’asino? Ladro! Se ti acciuffo ti faccio vedere io!”. E già! Pateslao si era dimenticato del mercante. Allora pensò di raccontargli tutta la storia: che quello era il suo asino perso e che ora si erano ritrovati, che lui era tanto felice perchè in tutti questi mesi non aveva fatto altro che soffrire e poi “guardi signore come è felice lui di vedermi, guardi come scodinzola e muove le orecchie. Si chiama Pepé sa?”. Ma al mercante la storia non interessava affatto. Voleva solo l’asino per riprendere il suo viaggio da mercante. E così uno tirava la briglia da un lato e uno dall’altro. Pepé sfinito, cadde a terra come un sacco di patate.

“Ti darò tutto quello che vuoi” disse Pateslao al mercante e così andarono a casa sua e qui il mercante si portò via due pecore, una mucca, quattro salami, un prosciutto e una bella catasta di legna. Pateslao strabuzzò gli occhi guardando quel carro così carico ma che gli importava? Il suo Pepé sarebbe rimasto con lui. A casa, a Pepè tornò la parola e si mise a raccontare quanto era accaduto:

Sul mio letto di paglia
Dormivo alla meglio
Quand’ecco dal collo
Fui tirato come un pollo.
“Ma chi siete delinquenti?”
Ragliavo mostrando i denti.

Camminammo tutta notte
Che se mi fermavo ahi che botte!
Al circo volevan portare
Un asino che sa parlare,
(A far tanti soldi quei bruti manigoldi).

Mi urlavano “Parla!”
Ma io rispondevo a raglio.
E un due tre volte
alla quarta eran botte.
Alla quinta stremato
mi ritrovai solo e abbandonato.

“Corri corri buon Pepé”
ripetevo dentro me
“non ti devi disperare
nuova luna va per spuntare”
e mesto detto, lesto fatto
il mercante giunse d’un tratto
Al suo carro mi legò
e in tondo per il mondo mi portò.

Ma dopo viaggi e tanti ragli lo tirai
verso i luoghi che mai dimenticai
e in riva al fiume lo feci fermare
proprio lì,
dove ti avrei visto di certo passare.

Insomma Pepé era stato davvero bravo: aveva capito che doveva starsene muto se voleva evitare di finire al circo, aveva convinto il mercante ad andare verso il paese della Levia e l’aveva fatto fermare in riva al fiume dove sapeva che Pateslao sarebbe prima o poi passato.
Pateslao felice come non mai riprese carta di riso e penne di aghi di pino per ricominciare a scrivere storie, ma quante ne aveva ora Pepé, era irrefrenabile tante ne aveva viste e sentite durante la sua avventura.

E tutto riprese come sempre era stato, in quel pacifico e felice angolo di alba.



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