Patata Novella

Fiaba pubblicata da: Lauretta

Sotto la copertina di terra, si stava proprio al calduccio. Troppo al calduccio.

Novella si girò e rigirò venti volte: proprio non riusciva più a star ferma là sotto; si stava stretti e faceva un gran caldo, mancava quasi l’aria. Aprì gli occhi: tutte le altre patate dormivano tranquille.

“ Beate loro”, pensò Novella, “Io non resisto più, basta! Esco!”

“Novella, ma cosa fai? Rimettiti subito giù per benino, nella tua terra e stai ferma, per favore!” le intimò la sua mamma.

“Uffa, mamma! Sono mesi che dormo, che dormiamo. Quando usciamo?”

“Benedetta figliola…” rispose la mamma, “Quante volte ti devo ricordare che noi non usciamo finché il signor Pompeo non ci viene a cogliere? Cosa ti sei messa in testa? Noi siamo patate: dalla terra si va a mercato e poi in padella”.

Novella sbuffava ogni volta che qualcuno le ripeteva queste cose, lei non era d’accordo. Perché mai una patata doveva per forza farsi cogliere da quel Pompeo per poi finire in una cassetta e poi in una busta, tra zucchine e peperoni?

No, lei aveva altre aspirazioni, lei non era una patata come le altre. Lei era Novella.

“Senti mammina, voi restate pure qui, ma io una sbirciatina là fuori la devo proprio dare. La mia amica Mica, la formica, è venuta a trovarmi un sacco di volte questo inverno, sai passa di qui per arrivare al suo formicaio e mi ha raccontato quello che c’è fuori. Voglio andare a vedere.”

La madre si spazientì: “ Ah sì? E cosa c’è là fuori di così eccezionale per una patata? Cosa pensi di fare, dove credi di andare? Guarda che sveglio tuo padre, poi chi lo sente…”

Novella si corrucciò, si arrabbiò e provò a riaddormentarsi. Ma sognò ancora quello che Mica le raccontava: sopra di lei, all’aperto c’era un tappeto verde dalle mille sfumature, Mica diceva che era l’erba e al di sopra c’era qualcosa di azzurro, un azzurro splendente che Novella non poteva neanche immaginare, chiamato cielo. E poi il sole! Una palla gialla, calda, grande grande che verso sera si faceva rossa…

Si svegliò agitata e sudata e pensò: “Novella cara, ora o mai più…”

Si scrollò la terra di dosso, guardò la mamma, il papà e tutte le altre patate che dormivano nell’attesa di essere colte. In fondo mancava ancora un po’ di tempo al raccolto; poteva andare ad esplorare il mondo esterno e tornare dentro prima del raccolto.

Così cominciò a scavare verso l’alto; Mica le aveva detto che il tempo, fuori, era diviso tra giorno e notte, luce e buio: chissà cosa avrebbe trovato uscendo. “Speriamo che sia giorno, vorrei vedere la luce, sto sempre al buio, qui”.

Con tutte le sue forze spinse un’ultima volta e… Ohhhhhh… una luce abbagliante la costrinse a chiudere gli occhi. Quello doveva essere il Sole, si stropicciò a lungo gli occhi prima di aprirli di nuovo. “Oh, se le altre patate potessero vedere! Questa deve essere l’erba e questo allora è il colore verde. E lassù il cielo, che meraviglia! Che bello l’azzurro!”.

“Novella!!!! Sei tu? Non credo ai miei occhi!”

“Mica, sei tu, dunque? Al buio là sotto non avevo potuto vedere quanto sei bella!”.

“Ah, Novella” rispose Mica, “Non so se hai fatto bene ad uscire, ma sono così felice di averti qui che voglio subito presentarti alle mie trecentocinquantadue sorelle”.

Così Novella fece la conoscenza di Pica, Tica, Lica, Brica, Rica e tutte le altre sorelle di Mica. Le simpatiche formichine la invitarono a restare con loro, ma lei voleva esplorare il mondo, voleva annusare i profumi e conoscere quella cosa strana, che Mica diceva si chiamava Libertà.

Novella salutò tutte le formiche e si incamminò. Vagò qua e là, nell’erba fresca dell’orto di Pompeo, annusando i fiorellini. Una voce, per niente simpatica, la chiamò all’improvviso: “ Dove vai, patata, tutta sola?” Novella guardò di qua, poi di là e poi guardò in su.

“Chi sei””, chiese.

“Chi sono!? Sono una Mela, dico! Ma del resto voi tuberi vivete sotto terra , uscite solo dentro una cassetta per andare al mercato e non conoscete nulla del Mondo…”.

“ Ehi, non ci offendere” gridò in risposta Novella, “Intanto io conosco un sacco di cose del Mondo perché me le ha raccontate Mica… e poi, scusa, tu forse non finisci venduta al mercato?”

Se ne andò offesa, ma felice perché aveva dato una bella lezione a quella antipatica di Mela. Credeva di essere meglio degli altri perché abitava in alto, su un ramo?

Continuò il suo giro di perlustrazione, finché non sentì qualcosa di fresco e umido sotto i suoi piedini. “E questa cos’è?” si chiese.

“Ma dai piccola, è acqua! Sei vicina al tubo che ci annaffia tutti i giorni, sai sgocciola perciò la terra si trasforma in fango… ma scusa, mi presento: sono Madama Melanzana, sono quasi matura, guarda che splendido colore viola! Credo che domani Pompeo mi coglierà, non vedo l’ora di andare al mercato:  gente, rumore, musica e poi tante allegre melanzane e zucchine e peperoni. Forse anche qualche limone…”

“Ma quanto parla, signora madama Melanzana! Non sono abituata, mi ha stordita!”.

“Bè, io sono famosa per le miei chiacchiere, carina. Piuttosto, quando torni sottoterra, piccola? Pompeo vi sta controllando ogni giorno, sai, da qui io vedo tutto. L’ho sentito dire che per la fine della settimana sarete pronte e…”

Novella salutò la melanzana e se ne andò in fretta. Non aveva tempo da perdere perché era quasi ora del raccolto. Lei doveva ancora esplorare tanto. Dopo una bella corsetta, si sentì stanca e si appoggiò a riposare ad un mucchietto di terra; sentì allora un vocio e il rumore ritmico di tanti passetti: tò, si era appoggiata al formicaio di Mica. Le formichine uscivano ordinatamente dal buchino e si incamminavano tra le foglie d’erba, in fila indiana.

“Ehi, Mica! Dove andate?”

“Sei ancora qui, Novella? Andiamo a cercare cibo da portare nel formicaio, lo facciamo per tutto il giorno, sai, è la nostra vita! Ti va di venire con noi?”

“Non so, devo cercare ancora un posto per dormire quando la luce se ne andrà, ma intanto vi accompagno, così imparo altre cose. Che cosa raccogliete, esattamente?”

Mica rispose mentre rientrava nella fila, seguita da Novella: “Semini, bricioline, tutte cose moooolto piccole, sennò non ce la facciamo  a portarle”.

Così nel prato si poteva vedere una strana fila di formichine, precise, nere, perfettamente allineate e,  tra loro, una buffa patata che camminava un po’ a zig zag ed ogni tanto si fermava a raccogliere qualcosa. Un po’ per aiutare e un po’ per divertirsi.

“Ehi! Cos’è quello?” urlò ad un tratto Novella, vedendo qualcosa di gigantesco camminare verso di loro.

Mica a sua volta gridò: “Nasconditi Novella! E’ il signor Pompeo, se ti vede ti porta via!” e, con tutte le sue forze, prese a spingere Novella, che era rimasta impietrita, per nasconderla da qualche parte, ma Pompeo la notò.

“Ma come ci è arrivata questa fino qui?” tuonò Pompeo tenendo Novella tra la mani. “Non è ancora matura… troppo piccola. Ma Morbidone ci può giocare a palla”.

Novella tremò: “ Aiuto, Mica! Chi è Morbidone?” chiese mentre Pompeo si incamminava. Mica si era aggrappata con le zampine a Novella e la stringeva così forte che la stava quasi sbucciando.

“Non aver paura, non ti lascio sola… Morbidone è una cane, che sarebbe un animale grosso e peloso, ma è buono…”

In quel momento Pompeo lasciò cadere la patata a terra, proprio vicino alla zampa di Morbidone, che dormiva beato.

“Ho combinato un guaio” si lamentò Novella, “Sono poche ore che ho lasciato la mia terra e guarda in che guaio mi sono messa!”

“Sssshhhhh!!!! Zitta, cerchiamo di non svegliarlo…” ma Mica aveva parlato troppo presto: Morbidone le guardava con un occhio solo, assonnato, mentre loro due cercavano di allontanarsi in punta di piedi. E fu allora che fece: “Woof!” e con una zampa diede una spinta a quella strana palla. Novella prese Mica al volo per un’antenna e si ritrovarono a volare mentre Mica strillava: “Ahio! Mi stacchi l’antenna! Aiuto, precipitiamooooo!!!!”

E pumfete!

Rotolarono un po’, per fortuna stavano benone anche se Novella era un po’ sbucciata.

Mica si ripulì della terra, salì su un grosso sasso, si raddrizzò le antenne e disse, guardando Novella negli occhi: “Allora, amica mia. Lo vedi quanto può essere pericoloso qui fuori, per te? Come faccio ad aiutarti? Non posso neanche darti riparo nel formicaio, sei troppo grande, non c’entri”.

Novella si era rattristata, stava creando problemi alla sua amichetta: forse era meglio se ne se ne tornava da dove era venuta. Dunque stava pensando di tornarsene a casa, quando una voce alle loro spalle le fece saltare contemporaneamente.

“Cosa? Cosa vedo? Una formica che parla con una patata, no, non può essere…”

“Oh, aiuto, mamma mia! E questo cos’è?”

“Calmati Novella”, la rassicurò Mica, “Questo è Pallotto, lui è un gatto. E’ mio amico”.

“Cara la mia formicuzza” disse quello, “Voi due avete l’aria di avere un problema, dico bene?”

Mica raccontò per filo e per segno l’avventura di Novella, la sue smania di conoscere il mondo e la sua voglia di libertà.

Novella si avvicinò, anche se un po’ titubante, a quel grosso ammasso di pelo arruffato e gli disse:

“Vede signor Pallone…”

“No, no! Pallotto, prego!!!” la corresse il gatto.

“Oh scusi, Pallotto, io sono una patata…”

“Si vede…” fece quello sbadigliando.

“ Insomma, ecco: io non voglio fare una vita da patata. Non siamo mica tutte uguali, noi patate. Io sono diversa… non so se mi capisce. Soltanto che ora che sono qui, vedo che è davvero difficile…”

Pallotto la guardò intensamente con quegli occhioni verde smeraldo, arricciò il naso, si sdraiò, si grattò un orecchio, si leccò una zampa e con quella si pulì i baffi… poi finalmente parlò: “ Diversa? Perfetto! Io sono felice di conoscerti, Novella, Non sono uno di quelli che inorridiscono quando vedono qualcosa di diverso, anzi. E’ bello potersi confrontare… poi mi racconterai tutto di te. Ma ora ascolta, ehm… dunque, non lontano da qui c’è il vecchio tronco di un albero ormai secco. C’è un bel buco per entrarci… è spazioso. Lo conosco perché ci vado spesso a farmi le unghie. E’ un posto tranquillo, Pompeo non ci va perché lì non c’è da lavorare e neanche Morbidone ci arriva, lui è troppo pigro. Se vuoi ti accompagno e si ti piace ci puoi restare quanto vuoi.”

Novella applaudì con le sue manine patatose, saltellando di gioia: “Grazie Pallone, no, no Pallocco… no, huuummm, Pallotto! Grazie, so già che mi piacerà!”.

Chi avesse guardato nel prato, in quel momento, avrebbe potuto vedere un gatto che portava in bocca una patata alla quale era aggrappata una formica.

“Ehi, Mica, mi stai staccando il naso…Potresti tenerti alla mia mano, per favore?”.

Dopo poco Pallotto posò delicatamente a terra le due amiche, indicò loro il tronco e le salutò:

“Domani faccio un salto a trovarti, patata Novella, così potremo conoscerci meglio”.

Anche Mica doveva andare; si era fatto davvero tardi e doveva rientrare nel formicaio. Si fece dare un passaggio dal gatto e tirò un bacio a Novella: “A domani, cara, sogni d’oro!”.

Appena rimasta sola, Novella si rotolò a terra, esausta, ma felice. Poi si accoccolò ben bene tra le foglie secche che si trovavano nel tronco e crollò in un sonno profondo.

Passò qualche giorno e Novella trascorreva tutto il tempo a chiacchierare con Pallotto e con Mica; anche le altre innumerevoli sorelle formichine venivano spesso a trovarla.  Un pomeriggio assolato, mentre Novella e Pallotto aiutavano Mica nella ricerca di briciole di pane, sentirono gridare all’improvviso: “Aiutoooo, aiutoooo!” e videro volare sulle loro teste una palla… no, una mela… no! Era proprio una patata!

Quella atterrò accanto a loro, si raddrizzò e si ripulì dalla polvere, guardando quella strana combriccola di amici, così diversi tra loro eppure così affiatati.

Pallotto capì che anche la nuova patata era stata spedita lì da Morbidone, allora si rivolse al tubero, gentilmente: “Buon pomeriggio, serve aiuto?”

La nuova patata si schiarì la voce e parlò, rivolgendosi a Novella: “Eccoti, sei Novella, vero? Finalmente sono arrivato nel posto giusto e ti ho trovata!”

“Come, cercavi proprio me?” chiese stupita l’altra.

“Certo. Sono giorni e giorni che sotto terra non si parla d’altro che della famosa prima patata fuggita dall’orto di Pompeo. Sei diventata un personaggio importante; non immagini quante patate avrebbero voluto imitarti, ma il coraggio a volte manca…”

Novella non credeva alle sue orecchie e incitò la nuova patata a continuare il racconto.

“Bè, come ti dicevo, io ho pensato che se tu c’eri riuscita, potevo farcela anch’io e volevo proprio conoscerti. E così eccomi qua. A proposito, io sono Pato e ne ho passati di guai per raggiungerti…”.

Pallotto tossicchiò, guardò Pato e poi Novella e poi di nuovo Pato e ancora Novella e infine disse: “Guarda un po’, due belle patate: fritte in padella ci verrebbe un bel contorno, ihihih”

Allora Mica, sorridendo finse di tirargli i baffi,  e tutti risero.

“A questo punto io direi di lasciare Novella e Pato liberi di conoscersi e di raccontarsi le loro avventure. Ho fatto tardi anche questa sera: prima o poi il capo formicaio mi lasciarà fuori!”.

Salutati i due simpatici amici, Novella invitò Pato ad entrare nel tronco che ormai era la sua casa, lo fece accomodare, gli curò le sbucciature e poi gli fece vedere la sua raccolta di foglie e il suo erbario, pieno di fiori profumati.

Chiacchierarono tutta la notte, ridendo, scherzando e programmando il loro futuro da patate libere nel meraviglioso orto di Pompeo.

Questa fiaba è dedicata a tutte le patate che non vogliono finire fritte, in umido o bollite.



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