Le tre fate buone dei desideri

Fiaba pubblicata da: belfagor

In un antico paese ai confini dell’Artico, tra foche, otarie ed orsi polari, in mezzo alle distese infinite di ghiaccio, si erge un immensa torre bianca. In cima alla costruzione splende una stella che illumina l’orizzonte, come fosse un faro di riferimento per tutti gli spiriti buoni del cielo. Ancora oggi, nella torre vivono le tre fate buone dei desideri: Amore, Pace e Felicità.

Durante uno dei miei tanti viaggi, ho avuto la gioia di essere ospitato a casa loro …. ma è stato proprio un caso fortunato ! Infatti, quel giorno, dovevo portare i nuovi libri di scuola ai bambini esquimesi della tribù del Nord. Purtroppo, dopo la terza consegna, i cani che trainavano la mia slitta erano a corto di forze: avevano corso per più di mille chilometri contro il vento ghiaccio delle lande artiche e la stanchezza li aveva sopresi proprio a metà strada. Stava per fare buio e, anche se avessi montato la tenda, non avrei potuto proteggere i miei cani dagli orsi bianchi affamati di quelle zone.

Mio nonno, esperto esploratore di quelle regioni, mi aveva sempre detto che, in caso avessi avuto seri problemi, avrei dovuto accendere una fiamma di colore blu e sperare che le tre fate buone dei desideri mi venissero a soccorrere.

Mio nonno mi aveva spiegato che il colore blu lo si poteva generare accendendo il fuoco e versandoci sopra del sale. Così feci, anche se ci misi un bel po’: la temperatura era calata a -50° e senza guantoni era davvero complicato muovere le mani e le dita. Ad ogni modo, riuscì in quella che mi sembrava l’impresa impossibile del secolo: radunai i cani intorno a me ed accesi la fiamma soffiandoci sopra il sale: il colore blu cominciò miracolosamente a salire in cielo creando una fascia luminosa che arrivava quasi alle stelle.

Non so se mi addormentai per qualche minuto o se il freddo mi aveva ibernato il cervello, ma ad un certo punto sentii un tintinnio il cui suono si faceva sempre più vicino ed insistente. All’inizio ebbi un po’ paura, però poi mi dissi: “tranquillo, non ho mai visto orsi con al collo i campanellini !”.

Ebbene, rimasi estasiato quando davanti a me si fermò la slitta con le renne:

“Oh ! Oh ! Oh ! Ho fatto il più presto che potevo!”   …. Era Babbo Natale! Non potevo credere ai miei occhi! Addirittura pensavo di sognare o che il freddo mi tirasse brutti scherzi!

“Tranquillo ragazzo ! Bevi questo che ti riscalderà in un secondo !”

Mi passò una borraccia di legno e bevvi un sorso …. Wow ! Mi sentii arrivare una calore incredibile dappertutto e subito mi preoccupai per i miei cani. Ma non so come e non so perché i cani erano nuovamente tutti in perfette condizioni. Allora guardai Babbo Natale come per chiedere spiegazioni.

“Ho dato loro un po’ di farina di stelle. Vedrai che basterà loro fino a domani. Le tre fate buone hanno visto la tua fiamma blu e mi hanno chiesto di venire in tuo soccorso. Ero il più vicino e del resto sono anche sempre il più veloce”.

Io ero lì che lo guardavo sbigottito. Era tanto tempo che non pensavo più a Babbo Natale: ero sorpreso ma non certo incredulo: ho sempre saputo che prima o poi l’avrei incontrato.

“Sono onorato di incontrarla e la ringrazio per il suo aiuto” salutai con molta riverenza.

Babbo Natale mi guardò con curiosità come se volesse recuperare un ricordo nella sua mente. Così mi disse:

“Ma su via, Orlando ! Proprio tu mi dai del “lei”, tu che mi scrivevi ogni sera di Dicembre, per dieci anni di seguito esprimendo i tuoi desideri ?!”

Mi invitò a salire sulla sua enorme slitta tendendomi la sua manona. Io senza dire nulla montai sopra, mentre lui mi rassicurava:

“Non ti preoccupare, dei tuoi cani se ne occuperanno gli gnomi. Andiamo, le fate ti stanno aspettando ! A proposito, non ricordo, ma quale è stato il tuo ultimo regalo che mi hai chiesto a Natale ? Te l’ho consegnato, vero ?”

Non feci in tempo a rispondere che con un “Oh” improvviso del cocchiere, la slitta partì come un lampo.

Attraversammo la distesa dei ghiacci in breve tempo e, dopo aver sfiorato l’aurora boreale con i suoi fantastici colori, fummo guidati dalla luce di una stella: era quella in cima alla torre bianca dove abitavano le tre fate buone dei desideri.

Babbo Natale mi lasciò all’entrata. Mi salutò calorosamente e mi indicò cosa fare perché mi venisse aperto il cancello. Era tutto così straordinario che mi muovevo come se vivessi in un sogno.

All’entrata della torre c’erano due orsi bianchi, belli e maestosi. Babbo Natale mi aveva detto la parola d’ordine ed io senza fare alcune domande me l’ero ben scritta nella mente.

Non appena mi avvicinai per salire i gradini, i due orsi mi sbarrarono la strada ed uno dei due mi tuonò:

“Parola d’ordine straniero !”

“Muschio e licheni !” risposi con convinzione.

I due orsi mi aprirono la strada e mi fecero oltrepassare il cancello. Dopo appena quattro passi, un gruppo di pinguini mi venne incontro. Da una parte ero abbagliato dagli interni monumentali della residenza delle fate, mentre dall’altra ero affascinato dai movimenti buffi dei pinguini che a piccoli passetti mi condussero in un salone grandissimo. C’era una grande tavolo di ghiaccio nel mezzo e tutte le pareti intorno erano ricoperte di libri, volumi e tomi di ogni genere; rimasi lì a guardare sbigottito, cercando di vedere se trovavo un libro che avessi letto almeno una volta.

“Se stai cercando il tuo libro, lo puoi trovare al quarantacinquesimo scaffale, volume dieci a partire da sinistra” una voce dolcissima mi sorprese nel freddo silenzio della sala e feci un piccolo balzo.

“Scusa, non volevo spaventarti, io sono Felicità …” la fatina continuava a parlarmi, ma io ero rimasto estasiato dalla sua bellezza e dalla sua calma nel raccontarmi cose che mi passavano da un orecchio e volavano via da quell’altro.”

“Questi libri contengono le storie di tutti i bambini del mondo: e in quello lì, quarantacinquesimo scaffale, volume dieci a partire da sinistra, c’è la tua….” ribadì la fatina buona.

Ero rimasto sbigottito a guardarla per non so quanto tempo, tanto che la fatina mi sorprese con tono deciso:

“Mah … insomma ! Babbo Natale ti ha dato qualcosa di buono da bere ? Non mi sembra che ti abbia fatto un bell’effetto !”

Mi ripresi dal torpore e le risposi: “Mi scusi, la bevanda era ottima … sono io che sono ancora stordito per quello che vedo ! Mi deve capire, sa … non avrei mai immaginato di vedere tutto questo alla mia età”.

La fatina Felicità sorrise e con fare dolce mi si avvicinò; mi accarezzò il viso e con tono sereno, ma piuttosto malinconico, sospirò: “Povero Orlando …. Il tuo problema è che con il passare del tempo ti sei fatto imprigionare dagli anni …. e così ti sei dimenticato di essere bambino. Ah, ma questo vale anche per tutti i tuoi compari ! Uomini, uomini, uomini ….. uomini”.

“Eccoli là, tutti i tuoi simili, raccolti in migliaia di libri, ordinati su centinaia di scaffali …..” indicandomi la parete infinita della biblioteca.

Timidamente mi feci avanti e chiesi: “Ma scusi, perché conservate tutte le nostre storie lì ?”

La fatina mi guardò con stupore e quasi stizzita mi confessò: “Noi conserviamo ?? Ma se siete proprio voi che volete questo !? Passate il tempo a cercare di crearvi una storia, perché qualcuno si ricordi di voi o perché qualcuno possa raccontare della vostra fama ….. Qualcuno, per carità, è diventato anche famoso: Mozart, Michelangelo, Napoleone …. Ma se tu li avessi visti come erano felici quando erano bambini ! Poi, il tempo lì ha inghiottiti in una vita di sofferenza, tormento e qualche volta anche di distruzione.”

La fatina mi sorrise come per salutarmi, si voltò lentamente ed uscì dal salone. Non la rividi più, mi lasciò solo avvolto da un alone di tristezza che mi aveva pervaso tutto l’animo.

Passarono appena pochi attimi che la seconda fatina mi comparve alle spalle, facendomi fare un bel balzo: “Orlando !!” squillò con tono deciso “ma cosa combini?”

Mi voltai di scatto e rimasi affascinato anche da lei: aveva un volto che esprimeva una tale serenità, tranquillità … e proprio lei mi tolse la parola di bocca:

“Sono Pace, la fatina Pace. Vedo che hai già conosciuto mia sorella Felicità!”

“Ma come fai a sapere ? Non eri qui prima !”

“Ah mio caro … riconosco quando Felicità si avvicina agli umani: l’espressione del tuo animo di tradisce. Ai bambini, invece, fa tutto un altro effetto: Felicità è una cosa normale tanto che sembra non fargli né freddo né caldo. Felicità e i bambini divengono una cosa sola. Li hai mai visti giocare ? Hai guardato bene come giocano i bambini ? Ti ricordi di quando giocavi tu?”

Provavo a riflettere su tutte quelle parole come per ricostruire il senso della mia vita, come se ce ne fosse stato uno fino a quel momento. Ma era difficile, era come immergersi in un secchio di acqua gelata o come rituffarsi in un tempo perduto, ormai lontano.

Non feci a tempo a riprendermi che Pace era già andata via e senza che me ne potessi accorgere.

Mi guardai intorno sperando di vedere la terza fatina, ma niente da fare. Poi, ad un tratto una voce si fece avanti:

“Orlando ! Orlando ! L’Amore non lo puoi vedere, lo devi sentire. Non puoi dare una forma all’Amore e neanche un tempo o uno spazio. Amore c’è o non c’è ….. lasciati guidare da quello che senti in fondo al cuore”.

“Adesso svegliati e riprendi il tuo cammino.”

Quando riaprì gli occhi, vidi i miei cani che generosamente mi leccavano il viso nel tentativo di svegliarmi.

Era di nuovo mattino e dovevo portare i nuovi libri di scuola ai bambini esquimesi della tribù del Nord. Mi sentivo felice, ed un senso di pace mi diceva che quello che facevo era giusto … perché lo facevo con amore.

Arrivato al villaggio, i bambini esquimesi mi vennero incontro gioiosi … i loro sorrisi non li scorderò mai per tutto il resto della mia vita …

(la storia di Orlando – quarantacinquesimo scaffale, volume dieci a partire da sinistra)



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