La principessa e il cane.

Fiaba pubblicata da: veronicadg

C’era una volta una bellissima principessa fatata, alla quale daremo il nome che preferiamo, che portava un lungo e sontuoso vestito nero.

Da lontano, sembrava bassa bassa, ma da vicino faceva invidia ai grattacieli.

Per vederla e scrutarla davvero, l’occhio umano non aveva bisogno di alcuna magica lente d’ingrandimento, bastava solo la sua profonda volontà.

Al collo portava una collana di fiori, e quando camminava pareva fluttuare.

I suoi capelli erano lunghi e ricci, cambiavano colore a seconda di come essa dentro si sentiva.

La leggenda narra che essa racchiudeva le pietre magiche del mondo, che collegavano tutti gli umani tra loro.

Di per se, era una creatura notturna, e sugli alberi, durante la notte, si divertiva a creare nuove forme e nuovi animali con le stelle infinite del cielo.

La notte le regala energia e coraggio, per modellare le punte delle rocce quando esse sembravano insormontabili e il sentiero di casa sembrava nascosto.

C’è una cosa che mai succede, alla regina del nulla: i suoi capelli mai avevano emanato luce di rosso fiammeggiante al sole.

Essa mai s’innamorava, perchè tanto era così vicina all’amore, tanto più avrebbe rischiato di ardere viva, come la legna del caminetto durante la notte natalizia.

Dunque era questo il tormento della lugubre ragazza, che viveva nell’ombra sua stessa? Incontrare l’amore non era di certo difficile, lasciare libero in lei il fuoco splendente lo era.

La donna per sempre racchiusa nella sua fanciullezza sporca d’inchiostro, era frutto di una dolce maledizione che mai più sottile e tagliente di così avrebbe schiuso in lei l’uovo della sofferenza.

Orbitava intorno agli alberi e ad essi cantava sconsolatamente del suo dolore e del fuoco che al tatto non la bruciava, ma che da dentro la mordeva e masticava.

La rabbia rendeva neri i suoi occhi, che nessun viso avrebbero mai potuto con amore vero contemplare, e oscuravano le vene delle sue mani che nessuno avrebbero mai potuto accarezzare.

Nessuna sua canzone era una ninna nanna, e la stridula voce dell’umana pena rompeva gli specchi, che tanto a lei attraeva.

Agli specchi lei cantava e con l’anima sua li stritolava.

Perchè mai soffocare, per poter amare?

Neanche lei stessa riusciva a guardare, perchè nessuna luce ai suoi ombrosi occhi appare.

Dover morire le sembrava il suo destino, ma mai capiva quale creatura rara lei al mondo rappresentava.

La forza dell’oceano scuro, le tempeste del vento, forti e invincibili fenomeni naturali erano, e dentro di lei abitavano.

Riuscirà a trovare la sua pace nell’oscurità?

Passava intere giornate a disegnare su teli bianchi che dagli alberi apparivano, ma quando dipingeva solo buio pesto dal pennello usciva.

Urlava, urlava! Nessun colore riusciva a trovare, il nero la dilaniava, in lei cresceva, e nessuna risposta alla sua coscienza svelava.

“Com’è possibile?” si chiedeva, ” da dove sono nata? Eppure dentro mi sento bruciata!” Ma quando cenere diventava, nel grigiore essa brillava.

Che spettacolo mondiale, quella cenere luccicante, sembravano coriandoli di luna che l’amore sprigionava, sulle teste su cui si posava.

Dormiva su un enorme masso nero, pensando alla sua disgrazia e nuotando in un mare di lacrime, si abbandonava al sonno.

Un giorno, incontrò un affascinante ed enorme cane: gli occhi blu come il mare madre natura gli aveva donato, e un pelo folto nero su di lui era cresciuto.

Quando ti guardava, l’anima tua si rimpiccioliva e la grandezza che agli occhi umani appariva, puff! D’un tratto scompariva! Nei suoi occhi la verità trainava, e al mondo non esisteva niente che essa non potesse con naturalezza rivelare.

Era sviscerata in lui, e come la fanciulla, nella notte solitario vagava, ostentando al finto coraggio degli abitanti del pianeta terra, spegnendo ogni fuocherello che senso i suoi occhi non riuscivano a scrutare.

“Sono la verità vera!” disse.

“Da nessuno vengo cercato, semmai da qualcuno ritrovato! Nessuno ha potere su di me, solo il destino mi orbita intorno e mi accompagna per un lungo cammino.

Neanche la morte stessa mi spaventa, anzi, essa in realtà mi tenta! Come fai tu ad essere spaventata, povera sventurata?”

“Io non sono spaventata” la principessa rispose.

“Io in questo mondo non sono nata, di questo son certa! E’ il mio cuore che mi parla, ha la forma di una perla, come deve essere bello! Io non riesco mai a guardarlo, ma solo,solo a udirlo!”

“Molto triste tu sei, giovane donna, dimmi, in cuor tuo, di cosa non ti sei accorta? Io posso rivelare, ma il mistero ad osservarti ancora un pò mi assale.”

“Cos’è questo mistero? Verità vera tu sei, grande e possente e senza emozioni mi sembri, tu puoi capirmi?”

“Mia cara piccola, non indugiare di fronte a ciò che non riesci a vedere! Tu stessa ti dai la risposta, possibile che tu sia così sciocca? Sembrare, apparire, scostare, rigirare ed esaminare! In quale mondo son mai state utili? Tu non vedi in me emozioni, eppure, con chi pensi di stare a parlare?”

“La verità vera, mia signora. Non so cosa dire, devo ancora lottare? spezza la mia pena!”

“Ancora non capisci? io non sono la tua signora, niente devo spezzare, io ti lascio sol vedere, sei tu che poi devi fare! Non c’è niente con cui lottare, tu non sei la fanciulla, neanche la principessa, sei ancora una betulla che cresce sui cipressi, rara e impossibile! Com’è, com’è, che non riesci a vedere?”

“I miei occhi sono neri, come faccio io a vedere, se tutto intorno a me loro decidono di coprire, se anche gli specchi riescono a frantumare e mai nessuna volontà mi è concesso di toccare.”

“Questa sei tu, non devi permettere, ma solo osare! Se ai tuoi occhi tutto nero appare, ricorda, quelli son tuoi, è tutto un sembrare! Smettila di fingere, io sono la verità vera, e in giro non mi prendi!”

“Accompagnami, ti prego! So che qualcosa devo trovare, è vicina, vicinissima.

Non voglio strappare altri teli di buio pesto.

Con il colore della natura, la natura stessa voglio disegnare!”

“Che senso ha? Non correre, non scappare! Non hai ancora i colori, e già vuoi creare? Non hai detto che le montagne rocciose tu sai modellare? Ti vanti, ti vanti con gli altri, e poi cosa rimane? Un cumulo di cenere grigia che a volte neanche riesce a brillare!”

“Non trattarmi così, stai attenta a parlare! Io sono la principessa, dai miei occhi gli incubi hanno vita!”

“Sei così piccola, principessa. Fai tenerezza, alla mia grandezza! Vieni con me, c’è qualcosa che devi vedere.”

“Cosa, cosa devo vedere, cane!”

“Io sono la verità vera, è nella tua mente che assumo le sembianze di un enorme cane. Io non ho forma, non ho voce, in me c’è solo sostanza, io mostro, è il mio compito nel mondo. Vieni con me.”

“Io non vado da nessuna parte! Non mi sono mai spostata dal mio regno!”

“Cara betulla, mi fai ridere, non c’è nessun regno, e tu stessa ti chiami regina del nulla.

Ma non vedi? Tutto in te si trasforma in buio quando hai paura, ma come può un fiore farti male, se tu stessa lo schiacci?”

“Mi fai sentire triste, la mia cara verità.

Chi mi troverà? Io sono solo una fanciulla, che vuole amare ma proprio non ce la fa!”

“Ti vergogni dell’affetto, mia betulla, o solo di te stessa? Devi ostentare la grandezza! Ricorda, sei tu la padrona. Non smetterai mai di avere paura, vero? Pensi davvero di portare morte e distruzione, di non avere in te nessun colore? Sei tu che lasci che il fuoco spenga l’acqua, sei tu! Sei tu! Sei tu! Perché non lo ripeti?”

“Perché so di non esser ciò che sono!”

“Bugiarda! Tu sai di esser quel che sei, altrimenti io qui, che ci farei? Anche io sono te, perché tu mi hai desiderato. Cosa pensi, che sono io che finalmente ti ho trovato? Tu rifiuti te stessa, la tua natura. La tempesta, il vento e il mare da te nascono e in te muoiono. Perché non riesci ad accettarti anche quando comodamente, ti menti? È bello stare sempre seduti su comodi cuscini! Sei sicura di esser così forte, che in te porti la morte?”

“Io non sono sicura, mia verità. Non so perché, non riesco a fronteggiarti, eppure, con uno sguardo potrei dilaniarti!”

“Tu la natura vuoi disegnare, tutto vuoi creare. Ma il coraggio? Anche con lui vuoi parlare? Non ti basta la verità che in te stessa dimora?”

“Io ho il coraggio. Non riesco a scorgerlo, dal momento che nello specchio non posso guardare.”

“Mai umana più cocciuta i miei occhi hanno visto! Il coraggio è proprio ciò che ti serve per guardare. Ma ascolti il tuo essere cantare? – Non posso guardare- . Mai nessuno ti ha detto che volere è potere, bambina mia? Come hai fatto a perderti così? Una creatura come te. Lo sai che non ne esistono? Ogni uomo è grande, ma vivono tutti dentro mille bugie. Sei grande, perché pensi che sia sbagliato, e pensi di te che sei piccola? Quando poi, a ciò che ti circonda scagli fulmini e saette per farti temere? Ti sei convinta anche tu stessa, che questa bugia è una verità. Hai visto?”

“la mia verità, non so mai cosa dire, ecco perché solo di dolore la mia voce riesce a cantare. Come posso ritrovare? Ritrovare cosa?”

“Se tu fulmini gli umani, e tratti tutti come cani, un egoista sei! Un egoista viziata! Ecco ciò che nello specchio non riesci a guardare, perché ti fanno troppo male e neanche la tua esistenza riesci a sopportare! Preferisci la morte, tanto sei impaurita, perché in te non riesci a scorgere nessuna nuova vita!”

“Perché, perché attiro lo specchio, se poi con uno sguardo lui si rompe e si distorce, il buio, il buio sarà la mia sorte!”

“Smettila, scappi ancora, anche adesso! Perché non apri quel maledetto cassetto?”

“Quale, questo?”

“Si è sempre stato lì, chiedi perdono alla tua volontà reginetta, altrimenti sempre le spalle ti volterà!”

“Ho aperto signore.”

“Cosa c’è?”

“Non riesco a vedere, troppa luce!”

“Invece è adesso che stai vedendo! Cosa pensi?”

“Sto soffrendo.”

“A cosa pensi?”

“Ho dolore mio signore, ho dolore.”

“Quando non riesci a pensare, solo allora vedrai ciò che è reale!”

“C’è un fiore bianco!”

“Lo vedi il colore?”

“è bianco!”

“Indossalo.”

“Cos’è questo candore?”

“E’ il dolore che sentivi, che temevi, il colore che non avevi, ma mi deludi bimba, è davvero la purezza ciò che vuoi?”

“Non mi sta questo candore?”

“Se una domanda ti viene posta, io pretendo solo una risposta. In cuor tuo di madre perla, vuoi davvero solo quella? Dai tuoi peccati ti vuoi lavare, o il cielo infinito vuoi disegnare? Dimmi, piccola luce, fai ancora la codarda?”

“Non sono una codarda. Della purezza mi accontento, perché mai tanta luce avevo visto!”

“Ora hai visto, prima non vedevi. Ti sai solo accontentare, piccola donnina, luce del male?”

“Smettila di prendermi in giro! Non hai avuto anche tu paura, in questa tua vita, così duratura?”

“Dici sul serio, fanciullina? Da dove pensi ch’io provenga, da una magica stella? No! È l’essere umano che mi ha creata, io sono solo un pezzo della sua grandezza, mi ha lasciata libera, affinchè io possa ricordare di quanto gli fa male, quando il vero io smette di cercare!”

“Dunque sono grande anche io?”

“Tu sei gigantesca, mia dolce principessa. Sei selvaggia, primordiale, come un possente animale. Quella luce in quel cassetto, è solo una risposta, che riempie la tua invisibile luce rossa. Sai quante altre dovrai scostare? Certo, sempre se lo vuoi fare, se VUOI riuscire a liberare. Non ho molto tempo, prima o poi dovrò andare, in te stessa ritornare.”

“Cosa vuoi dire?”

“Che non devi sussurrare principessa, devi urlare!”

Silenzio.

“Sii sincera principessa, quanto ancora vuoi far la fessa?”

“O mio dio, mio salvatore, per quanto ancora dovrò provare dolore? Perché non basta questo candido fiore?”

“Perché la purezza non è ciò che salva gli uomini, dolcezza. C’è molto di più all’interno del tuo cuor di perla, perché non vuoi vedere, cos’è che il tuo spirito non riesce a sostenere?”

“Non voglio romperlo, dato che tutto ciò che guardo si distrugge, da me fugge. Il mio cuor di madre perla è tutto ciò che mi rimane, e se io lo distruggessi? Di colpo poi, lo vomitassi? La bellezza rara è da ammirare, così fragile, anche da immaginare.”

“Questo è ciò che tu vuoi pensare. Il tuo cuore è forte, non si lascerà pervadere dalla morte!”

“E come lo sai?”

“Io sono la verità vera, non mi interrogare. Io lo so che dal tuo essere vuoi scappare. Vuoi trovare insensate conferme, per avvolgerti in un involucro di foglie secche che con un soffio di vento vanno via, seguono la scia!”

“Ti prometto che avrò coraggio, ma tu mostrami!”

“Mostrarti cosa?”

“Il mio cuore.”

“Sei sicura di aver coraggio? Guarda quello specchio, non è un miraggio!”

“Brilla come tutte le stelle delle galassie!”

“Delle tue galassie, perché sono le tue stelle! Avvicinati.”

“No! Se ne andrà, nessuno più lo ammirerà.”

“Solo tu vedi quelle stelle, sciocca! Apri le orecchie, smettila di fingere, nessuno può osservare le tue stelle, solo tu, e non solo quelle!”

“E’ così luccicante, che spettacolo signora!”

Silenzio.

“Dove vai signora, dove vai?”

“La risposta dentro te la troverai, principessa. Io prima o poi dovevo andare, ricordi? O vuoi che resti qui a spiegarti anche come fare a camminare? La vita è la tua.

Non scappare più, non c’è nessuno che ti insegue. Goditi lo spettacolo che lo specchio ti mostrerà. Non temere, non scomparirà. Ricorda anche il coraggio, lui è reale, vive dentro te. In realtà la paura non è cosa così oscura, no?”



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