La mia finestra fra le stelle

Fiaba pubblicata da: ARPA

 

Un giorno, mentre facevo una passeggiata con alcuni miei familiari, fra di loro, quelli che dicono di essere “grandi”, di fronte alla mia esuberanza e alla mia gioia, a volte anche un po’ invadente, sì lo ammetto, mi hanno fatto capire che ormai stavo crescendo e che non avrei mai più potuto fare le cose dei “piccoli”: saltare, giocare, scherzare con quelle risate a crepapelle, meravigliarmi davanti alle bellezze più semplici, prendere in giro per la goffaggine questo o quello, eppure qualcosa mi diceva che questi “grandi” in realtà erano così “piccoli”, ma non di età, piuttosto di cuore!

Si perché dovete sapere che ciascuno di noi è capace di emozionare e di emozionarsi a qualsiasi età, ma soltanto se scegliamo di andare a piedi o in bicicletta per assaporare le realtà migliori, i viaggi più belli e così sorprenderci delle gioie meno attese!

Ancora adesso se ripenso a quei momenti sono pervasa da una tristezza! Ma non per me, che sono rimasta con la voglia di vivere e di sorprendermi, piuttosto per loro che ormai “grandi” si sono inariditi a forza di giudicare “cose da bambini” la stesse cose di cui sono fatti i sogni: la speranza! Parlare “ai grandi” di speranza fa anche arrabbiare, sapete? In un mondo in cui molto pochi sono quelli che ne parlano con forza, ma soprattutto la vivono, si rischia di essere visti come “visionari, idealisti”…Lo so bimbi, vi ho già stancato vero? Ma certo, comincio a fare anche io discorsi “da grandi”, allora, fate come me: chiudete gli occhi e…respirate profondamente…1 2 3 ci siamo! Inizia la passeggiata, vedrete, ne sarà valsa la pena…

C’era una volta, così iniziano tutte le fiabe, una bambina che non importa quanti anni avesse, ma dovete sapere che aveva un sogno…e voi bimbi ce lo avete un sogno? Io si…ma non ve lo dico fino a quando ciascuno di voi qui presenti non mi avrete raccontato il vostro!

Questa bambina aveva il sogno più bello fra tutti i sogni che lei avrebbe mai potuto sognare, perché desiderava tanto diventare farfalla, allora cominciò a domandare ai suoi amichetti.

Era il periodo di Carnevale e tutti i bimbi parlavano di cosa si sarebbero mascherati il martedì grasso, così sul pulmino, la bambina chiese: “Ciao Giacomo, sai, io vorrei tanto diventare una farfalla”…

I bimbi che stavano ascoltando cominciarono a prenderla in giro, perché soltanto quella compagnetta aveva una maschera diversa dalle solite, così ad un certo punto Giacomo rispose: “Faresti meglio a guardare dove cammini, piuttosto che fantasticare tanto! Soltanto le femminucce vogliono mascherarsi da farfalle!”.

La bambina, di nome Myriam, veniva da un paese lontano al quale ci si arriva prendendo l’aereo, per arrivare prima, ma anche la nave, lei era ebrea e il Carnevale nel suo Paese ha un altro nome: “Purim” che ricorda un evento di 2500 anni fa, dunque, molto importante per il popolo ebraico, perché gli ebrei furono salvati dalla crudeltà del perfido consigliere del re Nabucodonosor, di nome Haman, grazie al grande cuore e all’intelligenza della regina Ester.

Myriam rimase molto male quel giorno e decise di non parlare più né con Giacomo né con gli altri compagnetti da poco conosciuti…passarono i giorni, il Carnevale si stava avvicinando e tutti i bimbi erano ormai pronti per festeggiarlo, così Giacomo guardava Myriam e faceva sempre più caso che quella bambina era in disparte, con lo sguardo assorto, perso nel vuoto…si vedeva proprio che non era affatto felice! E a voi bambini, è mai capitato di sentirvi come Myriam? E come Giacomo? Chi di voi si sente di assomigliare di più a Giacomo? E a Myriam?

Volete sapere che cosa ha fatto a quel punto Giacomo? Allora ve lo racconto…

Giacomo si avvicinò a Myriam e le chiese, un po’ intimidito: “Ciao Myriam!” e lei: “Ciao”.

“Posso sedermi qui?”.

”Si, certo” rispose Myriam.

“Sai…l’altro giorno io non volevo dirti quelle cose…” Myriam guardava Giacomo senza batter ciglio, forse era arrabbiata e magari non voleva dargli la soddisfazione o forse voleva semplicemente ascoltarlo, chi lo sa, ma di certo, in quel momento sembrava che ogni litigio non fosse mai scoppiato e che ogni tensione non ci fosse mai stata.

Giacomo riprese a parlare dicendo: “…sai, forse non sei tu quella diversa, ma io lo sono, trattandoti così…, è che se non faccio così quelli là non sanno che io sono forte! Capisci?! Quelli là non mi fanno entrare più nel club”.

“Perché? Avete fatto un club?” chiese Myriam “E di che?”.

“Dei forti” rispose sicuro Giacomo.

“Vuoi farci parte anche tu?” chiese Giacomo.

“No”, rispose decisa Myriam.

“E perché? Guarda che poi siamo tanti e poi giochiamo fra noi e ci divertiamo un sacco”.

“Ma io mi diverto lo stesso, io gioco con tutti”.

Passarono altri giorni, ma Giacomo non riusciva a far entrare nel “club dei forti” Myriam, allora, si sedette ancora accanto a lei, ma stavolta era triste anche lui e Myriam gli chiese: “Giacomo, perché sei triste?” e lui rispose: “Non faccio più parte del club dei forti”, “e perché?” chiese Myriam, “Perché mi hanno visto parlare con te, capisci? Ora sono un debole, non faccio più per loro”.

“E tu come ti senti? Forte o debole?” chiese Myriam.

“Triste, ma presto ci ritornerò, lo so che diventerò il più forte dei forti e poi quelli se la vedranno con me!”.

“Oh no! Non dire così, Giacomo, tu sei già forte, quello che ti manca è una cosa sola: il coraggio”.

“Guarda che io sono coraggioso: ho fatto un sacco di casini ai grandi della terza media!” rispose Giacomo.

“Ma io non volevo dire questo…il coraggio è una cosa seria…il coraggio non arriva così, dall’oggi al domani, ci vuole pazienza come quando uno impara a suonare…Tu sai suonare?”.

”No” rispose Giacomo.

Da quel giorno Giacomo iniziò a cambiare, a diventare un bambino nuovo, arrivò il Carnevale, ma lui, che non faceva parte del “club dei forti” non si mascherò, mentre Myriam indossò quel variopinto abito da farfalla, giocava insieme alle altre bambine, spensierata e Giacomo? In disparte.

Myriam lo vide e gli si avvicinò: “Ciao Giacomo!” e lui “Ciao Myriam…come sei bella!”.

“Grazie! Si, questo è il mio vestito preferito!”.

“Ti sta molto bene, ti si addice proprio!” esclamò Giacomo.

“Sai Giacomo” – disse Myriam – “ognuno di noi può avere un bel vestito se vuole, vedi, basta guardare in fondo al cuore”, “Ma dove? Dove devo guardare?” chiese smarrito Giacomo.

“Sul fondo, dentro te luccica una piccola luce”.

“E tu come fai a sapere tutto? Tu come fai ad essere sempre così felice?” ribattè Giacomo e Myriam: “Perché io guardo sempre quella Luce che mi ricompensa di tutto, anche delle offese che ricevo come quella che mi hai fatto tu quel giorno”.

Giacomo sorrise, ma stavolta il suo sorriso era come cera che si scioglie al sole, al sole di quella bambina che gli ha insegnato cosa vuole dire “coraggio”, cosa vuole dire “amare” e che, voltatosi, nel Carnevale di piazza, non c’era più.

Alzati gli occhi al cielo, Giacomo vide una grande luce variopinta che dietro di sé lasciava un arcobaleno di luci e di suoni, mentre il suo volto, brillando si affacciava da una finestra nel cielo azzurro.

Obiettivi: educare al rispetto delle differenti culture, alla reciproca collaborazione, alla costruzione di relazioni sane, all’amicizia, guidare alla riflessione sugli effetti delle emozioni negative, del bullismo, per sensibilizzare al valore dell’empatia, della fantasia, al sogno, alla speranza, al perdono.

Consigli didattici: stimolare i bambini a ricercare le origini delle feste popolari e religiose del proprio territorio, confrontandole con quelle ebraiche, trovando assonanze e differenze. Realizzare le “orecchie di Haman” e le fritture tipiche dell’Italia, seguendo le ricette, poi condividerle per una festa insieme. Disegnare una farfalla immaginandone i contorni e i colori.



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