La colomba azzurra

Fiaba pubblicata da: ciondolino

Marisa se ne stava in giardino a fissare le prime nubi, messaggere dell’inverno ormai imminente.

Seduta sulla panchina di pietra, un po’ annoiata, un po’ impigrita dall’ozio del periodo estivo, s’era, strano a dirsi, quasi assopita.

Poi, d’un tratto, un frullare d’ali disordinato la scosse; qualcosa di vivo era caduto nel giardino.

Si guardò intorno, un po’ stupita, un po’ incuriosita.

Prese a frugare nell’erba di una siepe e scorse, sulla terra umida, il corpo quasi esanime di una colomba.

La prese fra le mani e questa prese a pigolare debolmente.

Pure, quella colomba non era bianca; era azzurra.

Marisa che, in un primo tempo, si era quasi intimorita, tentò di farle riprendere il volo ma la bestiola ricadde pietosamente al suolo senza neppure tentare di dischiudere le ali.

E Marisa riprovò ma si accorse che non sarebbe riuscita.

Costruì un nido nell’erba e ve la pose.

Nella colombaia, intanto, le colombe bianche avevano preso a protestare energicamente alla vista di quella compagna azzurra.

No, non poteva essere una di loro giacché le sue piume non erano candide come le nubi che solcano i cieli.

E così la colomba azzurra fu posta nel suo nido, coperta e nutrita ma, nei giorni che seguirono, non accennò a voler dischiudere le ali.

Usciva dal suo nido, con il capo tremante e gli occhietti arrossati, soltanto quando Marisa andava a portarle il cibo.

Poi, quando Marisa si allontanava, rientrava nel suo nido.

Così, quando giunse l’inverno, Marisa pensò che la neve avrebbe potuto uccidere la sua compagna e se la riportò a casa con gran dissenso delle colombe bianche che se ne stettero a gracidare della cosa per tutta la giornata.

Fu così che Marisa prese a chiamare Ketty la sua nuova compagna.

Alla sera se la teneva sulle ginocchia e, nell’imbeccarla, le parlava di cieli azzurri, di prati verdi, di tutte le cose belle che Dio ha create.

Venne così la primavera e Ketty era già abituata a vivere in casa.

Quando Franco tornava dal lavoro, prima di andare a tavola, andava a carezzare Ketty, a darle i lombrichi raccolti per strada, quelle raffinatezze che fanno impazzire gli uccelli golosi.

Ma Marisa restava la vera amica di Ketty e, così, un giorno, rimase molto stupita nello scoprire che l’angolo riservatole era rimasto vuoto.

Si volse verso la finestra e Ketty era lì; ritta su due zampe, continuava a fissarla con i suoi due occhietti rossi.

Per un attimo Marisa si sentì come venire meno per l’emozione.

Se fosse caduta!? Si precipitò verso di lei e Ketty, dischiuse le ali, si tuffò nell’aria.

Sorvolò per tre volte il giardino disegnando tre cerchi perfetti prima di tornare a posarsi sulla mano di Marisa.

Marisa piangeva e anche Ketty piangeva, forse, giacché i suoi minuscoli occhietti vivaci s’erano come fatti umidi.

Poi Ketty volò verso la colombaia e le colombe bianche la fissarono intimorite.

Ne dischiuse la particina e quelle si ritrassero.

Poi una uscì e le altre la seguirono.

Le bianche colombe continuarono a volare in cerchio sul giardino precedute dalla colomba azzurra.

Marisa, con le guance segnate dal pianto, sollevò la mano in segno di saluto.

La colomba azzurra, ad ali spiegate, coprì, per un attimo, la sfera celeste; la sua ombra, sulla terra, si disegnò superba, a forma di croce.

Infine, seguita dalle altre, s’immerse nell’azzurro, in quel mondo multiforme e di luci e d’ombre, in quel mosaico iridescente che il buon Dio ha creato per tutti.



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