L’incanto della montagna

Fiaba pubblicata da: Ilaria

-Basta! Non ne voglio più sapere di questi stupidi cosi!- grida arrabbiato il bambino, togliendosi gli sci e lanciandoli poco lontano. È la settima volta che cade scendendo, e oltre ad avere qualche piccola botta sulle ginocchia, ha la tuta fredda e zuppa di neve gelata. Per di più, ha sbagliato discesa, ed è appena atterrato nella curva di un piccolo sentiero non battuto, poco lontano dal bordo pista fra gli alberi. Della mamma e degli zii non c’è traccia: come lo troveranno ora? Dovrà per forza trascinarsi con gli scarponi pesanti e ingombranti fino a bordo pista e iniziare a sbracciarsi per essere notato da qualcuno dei turisti in discesa o meglio ancora da un maestro, da cui per certo non ha intenzione di tornare. Perché poi in montagna? Non si poteva fare la settimana bianca da un altra parte? Tutti i suoi compagni per le vacanze di carnevale vanno a vedere il mare di inverno o fanno qualche gita breve in qualche città all’estero..non avrebbero potuto andarci anche loro, invece che venire qui a rompersi magari una gamba in mezzo al gelo?

Sempre più innervosito da questi pensieri, senza rendersene conto il bambino parla ad alta voce esclamando:

-Chissà cosa ci sarà mai di bello in te, montagna! Tutta una salita, per arrivare dove poi? Non parliamo della neve, dopo un pupazzo o due che te ne fai? E gli sci? Pensano davvero che la gente si diverta? E non dimentichiamo che..-

“Ah, perché sai trovare qualche lato negativo in più? Non ti bastano quelli che hai già elencato, piccolo umano?”

Il bambino, che si era già avviato zoppicando negli scarponi pesanti verso bordo pista, si ferma impietrito: non riesce a capire da chi provenga quella voce femminile portentosa che gli ha appena risposto; risuona intorno a lui, ma sembra non provenire da una persona o fonte precisa.

“È inutile che ti guardi intorno..mi stai camminando sopra. Anzi per la verità mi stai pure guardando..eppure se ti applicassi un po’ di più sono certa ti divertiresti a scendermi sopra.”

Nel frattempo il bambino è caduto seduto a terra, con gli occhi sbalorditi si sta guardando intorno, ancora senza capire..perché, no, non può essere lei a parlare..

-Ma sei..sei..sei tu, la montagna, che sta parlando?-

Si sente molto stupido a fare una domanda del genere ad alta voce; ma nemmeno troppo forse, vista la risposta.

“Certo, chi altri credi che sia? Non stavi parlando arrabbiato con me poco fa?” risponde lei, con una voce di valanga e tuono tempestoso.

Il bambino tace, sospeso tra lo stupore e il disappunto per essere stato sgridato: in fondo cosa ha detto di sbagliato?

“Cos’hai detto di sbagliato? E non fare quella faccia, ti sorprende che io possa leggerti dentro? Pensi di avere un pensiero più profondo di uno dei miei crepacci oscuri? Non credo proprio” la montagna tace per un attimo, risentita; ma quando vede che il bambino si è seriamente spaventato, riprende più dolcemente, con voce di ruscello e vento fresco:

“Tu mi disprezzi perché non mi conosci; o forse, perché non ti sei mai soffermato a guardarmi veramente. Tu dici che in me non c’è nulla di bello: ma non hai mai osservato le mie cime? Ogni forma, ogni guglia, ogni cresta ha un nome particolare che l’uomo mi ha dato perché il Signore mi ha plasmato con forme a lui familiari, ma che al tempo stesso lo fanno sognare. Mi ritieni insignificante? Eppure sono ciò che sulla terra è più vicino al cielo: con le punte delle mie cime accarezzo le stelle di notte e le nuvole mi incoronano nel loro passaggio”.

Il bambino tace ora, pensieroso: è vero, non si era mai accorto di quanto ha appena detto la montagna. Che è tutta una salita, però, è vero: ha il fiatone pure ora che deve fare solo pochi metri tutto bardato per risalire di poco e arrivare in un punto visibile per farsi portare giù a valle!

“Penso proprio che se facessi più attività sportiva o semplicemente passassi un po’ più di tempo all’aria aperta, sicuramente non avresti tutto questo fiatone. Voi bambini di oggi, così attaccati al vostro divano e con i pollici incollati a quegli scatolotti metallici pieni di pulsanti! Poi, appena vi si chiede di fare un passo in più siete già stanchi! Ti lamenti della salita? È vero, è faticosa, a volte così tanto che ti viene da desistere, girarti e tornare a valle. Ma hai mai considerato la vista da una cima? Hai mai sentito il cuore allargarsi più ancora degli occhi che cercano la linea dell’orizzonte e non ci riescono perché si perdono fra i miei picchi e le mie vallate e le mie forme rocciose e maestose? A quel punto, concorderai che la fatica vale la pena per una ricompensa del genere! Senza salita non avresti discesa; senza salita, non vedresti tutto questo”.

Anche qui la montagna ha ragione, pensa il bambino. A volte osserva dalla cabinovia il paesaggio sotto di lui che scorre verso il basso mentre lui sale in cima. Ciò non toglie che la neve che lo inzuppa in questo momento sia veramente fastidiosa.

“Un’altra cosa che hai detto che non ti piace di me è la neve, giusto?

La prossima volta che verrà, prova a osservarla mentre si stacca dalle nuvole leggera come una poesia, discreta come un punto o una virgola, che non fanno rumore quando cadono ma hanno comunque un loro peso. Considera ogni fiocco bianco come un bacio che proviene dalle labbra del cielo e che mi ricopre di bellezza e splendore puro quando il sole la fa brillare. E quando il freddo diventa più intenso, la trasforma in trasparente e duro ghiaccio, dalla superficie poco affidabile per permetterti di sfidare il tuo equilibrio, e sfavillante ancor più della neve quando i raggi del sole giocano con lui a nascondino”.

La neve vista così sembra tutt’altro che brutta pensa il bambino; ma resta il fatto che lui sugli sci non ci sappia andare.

“Ho visto che hai gettato lontano i tuoi sci molto arrabbiato poco fa: è perché sei caduto molte volte?”

Il bambino annuisce imbronciato.

“Forse non te lo ricordi, ma quando hai iniziato a camminare hai fatto esattamente la stessa cosa; pensi che il cerbiatto riesca a trottare subito sicuro su tutte e quattro le sue esili zampe appena nasce? Certo che no! Trema nel tentativo di reggersi su tutte e quattro le zampe dritte, e quando finalmente ci riesce, poi uno zoccolo scivola indietro e ricade pancia a terra. Allora magari aspetta un attimo e si guarda intorno disorientato, ma poi riprende slancio, tremolando si rialza dritto e con le gambe traballanti cerca di muovere qualche passo incerto, seguito dalla mamma che ogni tanto lo aiuta a rialzarsi sollevandogli il fianco con il muso rassicurante. Non puoi fare lo stesso anche tu? Inizierai a scendere a spazzaneve giustamente all’inizio e comunque cadrai magari in una curva o su un lastrone di ghiaccio mal coperto dalla neve artificiale sparata da qualche cannone a inizio stagione. Ma questo ti impedirà forse di sentire l’ebrezza di volare sulla neve?”

-Volare?- chiede il bambino, sorpreso.

“Sì, volare. Si può volare anche tenendo i piedi a terra sai? Non servono sempre le grandi ali dell’aquila o quelle veloci del falco per farlo! Probabilmente ora che sei ancora insicuro, pensi di più a guardare le punte dei tuoi sci che il paesaggio intorno a te, e ti concentri su come scendere invece di lasciarti andare, frenando appena senti lo sci traballare. Con questo non sto dicendo che devi scendere alla velocità della luce senza mai frenare! Questo no! Ma quando avrai acquistato sicurezza, allora alzerai la testa distogliendo lo sguardo dalla posizione dei tuoi sci, e magari noterai appunto che le mie cime hanno forme curiose e fantasiose. Poi, sentirai i tuoi sci prendere velocità e allora inizierai a curvare, ma senza fermarti sempre impaurito, anzi ci prenderai gusto sentendo la neve scivolare liscia sotto i tuoi piedi. E allora ti sembrerà di volare libero lungo la pista: tu deciderai i movimenti, quanto piegare le ginocchia, quanto curvare, quanto frenare, quanto accelerare. Sentirai veramente la discesa, tu diventerai la discesa: la sentirai nei tuoi movimenti, nel tuo respiro, nei battiti del tuo cuore. Ti sembrerà quasi di sfiorarla solamente la neve, di accarezzarla, di non avere quasi peso, come se gli sci fossero ali e la neve nient’altro che aria su cui planare leggero.

Certo, ci vuole tempo per arrivare a sentire questo completamente; ma del resto, cosa pensi, che io mi sia formata in un giorno solo?”

Al bambino pare quasi di sentire la montagna sorridere dolcemente a queste ultime parole, come un tramonto rosso che fa arrossire le cime di rosa per la sua bellezza. Non parla più ora; lui prova a chiamarla ma lei tace. E se si fosse immaginato tutto? Ad ogni modo si può sempre provare. Così imbraccia gli sci e si avvia pesantemente verso il bordo pista, dove li indossa con aria decisa. Come aveva detto di fare la montagna? Di partire a spazzaneve ma di saper apprezzare la discesa. Di diventarne parte. Inizia a scendere allora a spazzaneve, prima piano piano, poi un poco più velocemente, e ogni tanto prova ad accostare gli sci quasi paralleli. E anche se alterna questi movimenti e ogni tanto frena bruscamente perché ancora insicuro, adesso inizia a sentire la discesa: allarga le braccia prive di racchette dato che sta ancora imparando e respira profondamente mentre scende piuttosto velocemente, lanciando un rapido sguardo alle vette intorno..così distratto e sicuro che la mamma e gli zii che lo aspettavano poco più sotto hanno un bel da fare ora a rincorrerlo per recuperarlo prima che sbagli magari di nuovo pista!

Così è questa una piccola briciola del volare che intendeva la montagna, pensa il bambino felice, mentre continua a tenere le braccia larghe e gli sci a spazzaneve..ma non troppo.



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