Il principe ignorante

Fiaba pubblicata da: Carlo-Maria Negri

In un regno lontano lontano, viveva un principe ignorante. Il re, suo padre, lo mandò nelle migliori scuole; lo affiancò ai suoi più saggi consiglieri; tutto, insomma, per prepararlo a diventare re. Ma il principe non riusciva davvero in nulla! Pensate, i suoi compiti in classe erano sempre pieni di errori e quando parlava diceva spesso un sacco di sciocchezze, del tipo: “Quando sarò re alleverò una razza di asini volanti”. “E come?”, chiedevano i compagni di scuola. E lui, tutto fiero della sua idea, rispondeva: “Porterò gli asini del regno in cima alla torre più alta del castello, poi li getterò giù, uno ad uno: il primo che volerà sarà scelto per il mio allevamento di asini volanti”.
A sentire certe orribili sciocchezze faceva venire il mal di testa a chiunque. Ma il principe, per quanto fosse ignorante, era pur sempre il futuro re del regno. Quindi nessuno lo contraddiceva, e i suoi compiti in classe, anche se sbagliati, avevano il massimo dei voti.

“Bravo, signor principe”, dicevano insegnanti e consiglieri. “Sua altezza, un lavoro davvero eccellente”. E alla fine il principe ignorante, dopo qualche anno, si laureò pure in tuttologia. E quando suo padre morì il principe divenne presto re. E dopo l’incoronazione il nuovo re ordinò ai suoi stallieri di portare tutti gli asini del regno in cima alla torre.

“Ma è una sciocchezza!”, osò dire uno degli stallieri al re. Ma questi, a sentir ciò, lo fece immediatamente arrestare, imprigionandolo nella segreta più profonda del castello.

Così, uno dopo l’altro, gli asini cadevano dalla torre. Il re ignorante continuava a insistere con la sua folle idea: “Uno di questi asini, prima o poi, dovrà per forza volare”, diceva tra sé e sé.

Un giorno, però, successe che un piccolo omino sbucò come una talpa dal pavimento della cella dove stava imprigionato lo stalliere.

“E voi chi siete?! Il diavolo, forse?” domandò preoccupato lo stalliere.

“Esatto!”, rispose il piccolo omino. “Ma non sono venuto per te, bensì per il tuo re che con tutte le sue sciocchezze mi ha fatto venire un mal di testa d’inferno. Sai dove posso trovarlo?”

“Ti mostrerei volentieri la strada, ma chiuso qui dentro difficilmente potrò aiutarti”.

Detto fatto, lo stalliere venne subito liberato dalla sua prigione e, ben camuffato, portò il piccolo omino d’innanzi al re.

“Vostra maestà, ho saputo che cercate un asino volante. Io so dove trovarlo, ma voi cosa mi darete in cambio?”

Il re era pronto a concedergli ogni cosa, anche la metà del suo stesso regno. Anzi no, tutto il reame per un asino volante. “Ma se non riuscirai nell’intento perirai di una morte atroce”, gli disse infine il re.

Il piccolo omino acconsentì, e disse: “Il re domattina avrà il suo asino volante”.

Il giorno seguente il re si svegliò nel suo letto fresco come una rosa: voleva vedere il suo asino volante, e uscendo dalla stanza cercò il piccolo omino.

“Ah, eccoti” disse il re. “Allora, dov’è il mio asino volante?”

Il piccolo omino accompagnò il re sulla cima della torre: “Mio re, mi segua, il suo asino è già pronto per il volo”.

Il re salì le scale della torre. Era felice e contento, e piano piano si avvicinò alla finestra della torre. Ma dell’asino manco l’ombra!

“Ma che presa in giro è mai questa?”, tuonò il re.

“Lanciate l’asino!” gridò l’omino. E lo stalliere che osò contraddire il re si fece avanti con un bel forcone, costringendo il re a tuffarsi dalla torre. Quand’ecco che all’improvviso, proprio sua altezza reale, prese il volo in una sequela di ragli da lui stesso pronunciati.

“E’ l’asino volante! E’ l’asino volante!” gridarono tutti i sudditi quando videro quel somaro svolazzare in lungo e in largo per il castello.

Così l’omino, mantenuta la promessa, prese possesso del regno, che regalò subito dopo allo stalliere.

“Questo somaro lo porto giù con me”, disse il diavoletto. “Quanto te, re stalliere, sii più saggio del tuo vecchio re: altrimenti verrò a prenderti nel sonno, e mai più vedrai la luce del giorno!” e il piccolo omino sparì, insieme all’asino alato, là da dove era venuto.



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