gnomo

Il bosco delle foglie

Fiaba pubblicata da: Anna Consolo

Mirò è uno dei tanti abitanti del bosco di Caidate, un piccolo paesino vicino Varese. Chi ha avuto la fortuna d’incontrarlo, e succede proprio raramente, pare l’abbia descritto come un esile gnomo biondo, con lunghi capelli e orecchie a punta, i suoi piedi  sono più lunghi delle orecchie e,  le sue scarpe appuntite, lo sono ancor di più, quasi come le dita delle sue mani.

Indossa  pantaloncini neri sopra una calzamaglia azzurra, una giacca rossa con le frange e un cappello-campanello a quattro punte color arcobaleno che suona a tutto “drin”, sia quando è allegro o preoccupato, sia quando semplicemente, si china in avanti per guardare le punte delle sue scarpe. Lui vive felice nella sua casetta bianca e rossa, un grande fungo amanita con  l’ ingresso sul gambo.

La porta non ha chiavistello, solo due nocciole che nessuno si permette di tirare o spingere per via dei loro strilli; gli abitanti del bosco, amici di Miro, conoscono l’umore di quelle nocciole e se vogliono entrare, sanno che devono accarezzarle o far loro il solletico, perché quando le nocciole cominciano a ridere, il bosco s’impregna di buon umore.

Ospite fisso di fungo Amanita è Gaio, il migliore amico di Mirò, un piccolo topolino bianco, eternamente sdraiato sul divano a sgranocchiare  nocciole, non  quelle della porta naturalmente! Gaio adora guardare fuori dalla finestra, un ampio buco sulla cappella  fatto nel primo inverno dal temerario verme Giò.

Gaio aspetta sempre che possa ripetersi un miracolo accadutogli tempo addietro: mentre era in ascolto del cinguettio degli uccelli, il suo sguardo si era posato sui rami degli alberi, ammaliato per come brillassero di gocce di pioggia sullo sfondo del cielo. Improvvisamente aveva smesso di sgranocchiare nocciole, cosa  molto rara, lo  faceva solo quando andava a dormire! Era estasiato dal fatto che  nonostante stesse piovendo era improvvisamente spuntato il sole. Il suo viso andò a prendere  una nuova espressione:  gli occhi gli si aprirono e la sua bocca si spalancò così tanto che tutte le nocciole tritate che c’erano dentro, vennero fuori! Che meraviglia! Stava contemplando  l’arcobaleno! Gaio aveva davanti per la prima volta  proprio tutti i colori del cappello-campanello del suo amico Mirò! Nonostante lo stupore corse fuori a chiamare il suo amico: “Mirò, Mirò! Vieni a vedere questo prodigio!!” Poiché si sa quanto gli amici amino  condividere ogni cosa! Mirò come sempre,  stava ripulendo il bosco dai rifiuti  che gli uomini, come  sempre, avevano lasciato in giro. Metteva ogni cosa dentro un grosso cestino che gli aveva regalato Bettina, la rondine carina, un vecchio nido restaurato.

Quella volta Mirò non potè sentire la voce del piccolo topolino bianco, primo perché come è risaputo tutti  i topi non hanno una gran voce, e poi perché in quel momento era un po’ distante, nel senso che era un po’ lontano: stava contrattando i rifiuti raccolti con qualche foglia cordato da regalare a Girlà, la sua ragazza. L’emporio “Vieni e scegli” era un elegante cavità situata tra le radici del saggio Albertone, l’abete più anziano del bosco. Il negozio era gestito da Nino, un paffuto riccio napoletano dalle spine molto lunghe e lucide e una berretta  verde che non toglieva proprio mai; s’era incastrata tra gli aghi! Nino passava un terzo del giorno a vendere o scambiare  le foglie e un terzo   a raccoglierle, ma si fa per dire, perché la maggior parte di queste gli cadevano addosso casualmente e gli si appiccicavano!! Nino si muoveva solo quando gli ordinavano alcune foglie preziose, primo, perché queste le preferiva a tutte quelle normali e poi perché per raccoglierle doveva raggiungere posti un po’ distanti, che solo lui conosceva e questa era una  cosa che lo allettava.

La preferita in assoluto era proprio la foglia cordato. Nino era un romanticone,  cedeva a malincuore quella foglia poiché gli ricordava la prima volta che incontrò Filù, la sarta del bosco nonché compagna di vita. Infatti, ogni volta che Nino deve scambiare una foglia cordato, le sue spine cominciano a vibrare e  i suoi occhi diventano lucidi, il labbro inferiore della bocca  gli si rivolta tutto in giù per il dispiacere!. Ormai tutti gli abitanti del  bosco sanno che quando sopraggiunge l’estasi di quel ricordo, devono semplicemente portare un po’ di pazienza e… aspettare che passi. L’attesa certe volte risulta infinita, per cui, può capitare, per qualche attimo, di vedere delle lunghe file proprio davanti all’emporio. Ma,  per gli abitanti del boschetto, questa è una buona opportunità per improvvisare delle piccole colazioni o  aperitivi, o merende sull’erba, in attesa che la malinconia passi: gli amici sanno condividere  anche quella!

La moglie di Nino, Filù, è una allegra e paffuta scoiattola,  vive, insieme a lui, non molto distante dal saggio Albertone,  è così che Nino, senza troppa fatica, trascorre l’altro terzo della sua giornata: in adorazione dell’amata compagna, nell’ attesa che qualche ago le si spunti così che lei vada a sfilargliene uno dalla schiena. Tutte le scuse  sono buone per  sbaciucchiarla un po’! Filù è molto stimata da tutti nel bosco perché è sempre gentile e molto abile nell’uso dell’ago. Un terzo della sua giornata, naturalmente, lo passa sorridendo a suo marito e ripensando alle cose fantastiche che fa con lui ogni giorno. Che poi, a dire il vero, di tanto fantastico nella loro vita non è che ci sia un gran ché,  a parte forse il modo in cui s’ incontrarono la prima volta! Fu una sera d’estate nei pressi del laghetto Merletto, dove viveva il tiglio  Assomiglio, il più grande produttore di foglie cordato, le più lucenti foglie a forma di cuore mai viste! Assomiglio stava dentro al “cratere” di una piccola collina a forma di chiocciola la cui entrata era molto difficile da scoprire, primo perché era ricoperta da piante rampicanti, secondo perché su quella collina aleggiava un’orrenda storia e tutti ne avevano paura. Nino era l’unico capace di andarci. Quella volta ne aveva prese talmente tante, di foglie beninteso, che il sacco con cui  le trasportava aveva ceduto in un angolo, così che  alcune di esse durante il percorso erano fuoriuscite lasciando  lungo il cammino una striscia argentata.

Quella sera la luna era particolarmente luminosa, si dice che  diventa così quando  un cuore deve incontrarne un altro, insomma, una specie di rilevatrice direzionale!  Nel sacco i cuori erano talmente tanti che forse sono un po’ come dire… scoppiati? Si, proprio così!  Le foglie-cuore erano proprio scoppiate e, tutte, parevano volersi dirigere verso Filù. La giovane scoiattola, attratta da una sera tanto luminosa, si era addentrata fino al laghetto Merletto senza quasi accorgersene quando, all’improvviso, vide il chiarore della striscia lasciata dalle foglie, non lontana da sé. In un primo momento pensò fosse la gigantesca bava della sua amica Bicocca, la  lumaca che scoccia,  ma poi si diede della sciocca, non poteva essere, Bicocca era una fifona e poi era troppo lenta, non poteva aver fatto tutta quella strada, l’aveva vista qualche ora prima ai piedi di Albertone! Si apprestò a raggiungere la scia luminosa e, proprio davanti a sé, vide una figura imponente che trascinava un sacco, non c’impiegò molto a capire come stavano le cose; raccolse quanto più fiato aveva e cominciò a chiamare: “Eilà… eilà… scusi… senta un po’… guardi… si giri”  Nino  si girò e i raggi di luna che fino a quel momento dimoravano sulle foglie, si riflessero negli occhi di Filù  che come uno specchio li rimandarono su Nino fulminandolo all’istante! Si riprese quasi subito, cominciò ad agitarsi, lasciò cadere il prezioso carico e corse incontro a Filù; un improvviso pericolo stava abbattendosi su di lei,  ebbe un attimo di esitazione alla vista dell’ orribile ragno! Gli occhi, che per un gioco di luce si erano accesi di rosso, fecero brillare i fili di una gigantesca ragnatela sospesa proprio sopra la testa della giovane scoiattolina: era  Sicarrino, il ragno assassino. Per Nino ci fu solo il tempo di un pensiero fulmineo:  un ramo davanti agli occhi, la sacca delle foglie… la sua decisione fu  velocissima. Primo: afferrare il sacco  e arrotolarlo al ramo, secondo:  tirarlo indietro con tutte le forze, terzo: centrare!

Il giovane riccio aveva preparato la sua arma in una frazione di tempo di un pensiero, ora,  non gli restava che puntare, neppure il tempo per la conta … VIA!!! Il grosso sacco, aveva cominciato a volare scagliandosi dritto addosso al ragno: COLPITO! La povera scoiattola che fino a quel momento non aveva capito molto, si ritrovò tra le braccia distese del suo salvatore che prontamente si era anche preoccupato di ritirare le proprie “spine” per non farle male. Rimasero abbracciati così, come fosse una cosa naturale e si guardarono dritti negli occhi per un’eternità,  quasi fossero mummificati. Si liberò un gruppo di lucciole che felice cominciò ad illuminare la serata, ma nel frattempo, Sicarrino giaceva svenuto perché  una foglia cordato gli era entrata in gola. Lentamente dal picciolo della foglia fuoriusciva  la linfa della bontà dolce come il miele,  che  convertì il cuore del ragno assassino, altrimenti che foglie-cuore sarebbero state?

Lo sguardo di Sicarrino si rabbonì e nel vedere l’amore che era nato tra Nino e Filù, si commosse. La gioia fu così contagiosa che  persino mastro Grilloven  si svegliò con tutti i suoi grilli violino come pure maestra Cicallas  e le sue cicale canterine. Le rane non aspettavano altro che creare un sotto fondo basso, ma non tanto basso perché anche Barbaggianni secondo, sul ramo di Assomiglio arrivò. C’erano proprio tutti. Quel matrimonio s’aveva da fare.

E il Gufo cominciò:
“Ora che qui riuniti  siamo,
Filù e il suo Nino noi sposiamo.
Vuoi tu Nino, Filù come sposa,
anche se non ha l’abito rosa?
E tu piccola, lo vuoi questo Nino?
Dai, dite di sì che facciamo il festino!”
E’ questo il  clima della boscaglia, dove la cosa più preziosa è solo una foglia!



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