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Silvì, la fatina del bosco

Fiaba pubblicata da: Chignola annalisa

Lontano nel tempo e lontano dai villaggi popolati da, donne, contadini, bambini, principi, re e regine, si stendeva vasta e maestosa una meravigliosa foresta.

I suoi alberi toccavano il cielo, le loro fronde  accarezzavano il sole mentre la brezza giocava con le  foglie sue più tenere.

Anche questa, come il villaggio era abitata ma il suo popolo era invisibile agli occhi degli umani  e aveva l’importante compito di vigilare attento su tutto ciò che accadeva al suo interno specialmente quando la gente del villaggio  si avventurava lungo i sentieri stretti e sinuosi .

I misteriosi abitanti della foresta erano le splendide fate silvane che si nutrivano della linfa vitale delle piante e si ricaricavano di energia con i caldi raggi del sole .

Esse si vestivano con lunghe vesti verdi che magicamente all’occorenza cambiavano colore per mimetizzarsi meglio al passaggio dei viandanti.

Un largo cappello copriva i loro occhi color del cielo, le labbra roese si schiudevano come boccioli di rosa e il sorriso illuminava il loro volto bello da mozzare il fiato .

All’interno della comunità, le giovani fate venivano istruite ed educate dalle fate anziane che  avevano anche il compito di sorvegliarle attentamente.

Tra le giovani ve ne era una un po’ più discola delle altre, il suo nome era Silvì  e la sua vivacità la metteva spesso nei pasticci ma ancor più grave, erra la curiosità che conduceva i suoi passi al limitare  della foresta proprio dove le era proibito andare .

Sovrane dei boschi ma vulnerabili al contatto con gli umani,  esse  non potevano lasciare la foresta  dove erano protette ed accudite .

Un bel giorno, durante una delle sue solite scorribande,  Silvì si rese conto  dell’improvviso  e strano silenzio che era  calato attorno a lei .

 Le voci degli alberi, che soltanto le fate potevano udire le sussurrarono di stare all’erta  e nascondersi al più presto.

Silvì, per nulla intimorita, restò ferma e immobile ad ascoltare le vibrazione del terreno che tanto avevano spaventato  i suoi abitanti. Si guardò intorno e non vedendo nulla decise di arrampicarsi sui rami di una flessuosa betulla .

Quando arrivò a un buon punto di osservazione, allungò il suo esile collo e allora vide in lontananza il sopraggiungere di un piccolo esercito di uomini a cavallo .

Sempre più curiosa, Silvì scese dall’albero e corse a nascondersi dietro ad un cespuglio vicino al sentiero.

Non passò molto tempo, che i cavalieri passassero accanto a lei.

Alti, belli, fieri, i cavalieri  in groppa ai  loro cavalli  sollevarono un una nuvola di polvere  ma Silvì, potè scorgere ugualmente in fondo al gruppo un cavaliere  diverso dagli altri, indossava un mantello  color  porpora e nella mano destra aveva uno scudo dorato proprio come i finimenti del suo cavallo .

Essa fu subito rapita dal viso di quel cavaliere, bello come non mai, dal suo portamento regale  capì che doveva trattarsi del principe del regno degli umani di cui tanto aveva sentito parlare ma che non aveva mai  potuto vedere.

Veloce, come solo lei sapeva fare, corse leggera dietro a quel piccolo esercito, rimanendo però nascosta tra gli alti arbusti della foresta .

All’improvviso  qualcosa accadde perché il cavallo del principe  si impennò e il bel cavaliere cadde malamente proprio ai piedi della fatina.

Silvì fece un balzo indietro spavantata.

 Il resto dell’esercito non si accorse di nulla e proseguì la sua corsa lasciando il principe svenuto a terra e con rivolo di sangue che gli usciva da una profonda ferita alla testa .

Silvì aspettò fino a quando la foresta tornò silenziosa e allora svelta si avvicinò al principe.

Per alcuni minuti contemplò il suo bel viso che lentamente stava perdendo colore.

“Non posso lasciarlo in questo stato“ si disse, quindi  si inginocchiò ed estrasse dalla sua tasca un pizzico di erbe magiche che mescolò con la linfa di una betulla.

Ne ricavò così un impiastro morbido e profumato  che applicò sulla ferita .

Prese poi il nastro che le cingeva la vita e fasciò la testa del principe.

Nel frattempo il bosco incominciava a rianimarsi e gli uccellini curiosi si radunarono vicino ai due giovani.

Tra questi c’era anche un merlo nero che guardò la fatina con severità.

“lo so lo so “sospirò Silvì“ ma  non posso lasciarlo in questo stato e poi è svenuto non si accorgerà di me .“

Così dicendo si concentrò nuovamente sul principe, gli prese il viso tra le mani e soffiò per tre volte sulle sue labbra. A quel punto il bel giovane riaprì gli occhi e Silvì con un agile balzo scomparve tra gli arbusti.

Stordito, il giovane principe si mise seduto e si guardò attorno poi barcollando un po’ si alzò in piedi.

“che strano sogno ho fatto, vicino a me c’era una meravigliosa creatura  che curava la mia ferita. “

Quindi si portò la mano sulla fronte e scoprì che era fasciato davvero.

Perplesso si guardò attorno e girò tra gli alberi e gli spinosi cespugli, mentre Silvì non lo perdeva d’occhio un attimo. La ricerca fu vana e all’imbrunire il giovane ormai esausto decise di far rientro al suo castello.

La fatina continuò a seguilo fino ai confini della foresta poi anche lei fece rientro nella sua casa.

Passarono i giorni e il principe, non smetteva di pensare a quella splendida ragazza ed era anche sicuro di non aver sognato perché nella sua tasca teneva ancora il nastro con cui lei gli aveva fasciato la ferita .

Continuò quindi a tornare nel bosco vagabondando di qua e di là nella speranza di incontrarla.

Nello stesso tempo anche Silvì non si dava pace e lo aspettava tutti i giorni al limitare del bosc, poi invisibile lo seguiva.

Continuò cosi per giorni e giorni finchè un pomeriggio, grossi nuvoloni neri ricoprirono il cielo e oscurarono il sole.

In breve grosse gocce di pioggia scesero a bagnare la foresta.

Il principe e Silvì si ritrovarono in breve zuppi di acqua.

La fatina, che conosceva molto bene i suoi boschi, corse veloce verso un tronco cavo che più volte aveva utilizzato durante le sue scorribande e ridendo vi si infilò dentro.

Su sedette comoda e si preparò paziente ad attendere che quel furioso temporale avesse termine.

Dopo poco però l’entrato di quel rifugio si oscurò e la figura del principe riempì l’intero ingresso .

La sorpresa di Silvì fu grande e il principe rimase immobile e sbalordito vedendo la fatina.

Muti si persero entrambi nei loro sguardi incapaci di proferir parola.

Il principe fu il primo a riprendersi e lentamente, le si avvicinò e le prese la mano.

“Eccoti qui dunque, finalmente ti ho trovata, avevo ragione non sei solo un sogno come dicevano i miei sudditi .”

“No mio principe, non sono un sogno “ rispose con voce tremante Silvì.

“Vieni con me mia dolce creatura “ le sussurrò  “ti porterò a palazzo e sarai la mia regina.”

La fatina balzò in piedi pronta a scappare ma il giovane lesto la bloccò la strada.

“Non vuoi dunque venire con me ?”

“Principe, io non posso seguirvi e non potrei nemmeno star qui a parlar con voi, il mio popolo proibisce il contatto con voi umani.”

“Chi sei e chi è il tuo popolo ?”.

“Sono una fata dei boschi, la mia casa è all’interno di questa foresta e da secoli e secoli nessuno appartenente al nostro popolo può lasciare questo territorio .”

“Ma non è giusto !” replicò il giovane “portami dai tuoi sovrani e cercherò di convincerli io .”

Silvì stava per protestare quando un sussurro la fece voltare di colpo.

“Devo scappare mio principe..addio .“

E così dicendo corse  via .

Per nulla rassegnato, il giovane cercò di raggiungerla corse anch’esso a perdifiato e quando le fu vicino abbastanza da toccarla ecco che due lunghe fronde di un salice lo abbracciarono saldamente .

Egli cercò di liberarsi e mentre si contorceva ecco che fu circondato da numerose fate, tutte vestite di verde e  tutte bellissime. I loro sguardi però non promettevano nulla di buono.

“lasciatemi andare, non sapete chi sono io?”

“certo che lo sappiamo “gli rispose la più anziana del gruppo.

“allora liberatemi non voglio fare del male a nessuno.”

Poi abbassò la voce e continuò

“vorrei solo stare con Silvì, mi ha salvato la vita e ora ne sono perdutamente innamorato.”

“sappiamo tutto, principe ma Silvì non potrà mai stare con te . Questa è la nostra legge, mai una fata dei boschi potrà incrociare il suo destino con quello degli umani anche se questi è un principe,”

“Vi prego,  fate della foresta datemi una  possibilità, parliamone e forse troveremo insieme una  soluzione che vada bene al vostro popolo.”

Nel frattempo il salice riaprì le sue fronde e lasciò libero il principe .

Le nubi lasciarono nuovamente spazio al sole e il sole lentamente si ritirò permettendo ad una splendida luna  di ammantare  di luce argentea la radura dove il popolo delle fate e il bel principe discutevano animatamente.

Come sempre fu la piccola vivace,  curiosa Silvì  a trovare la soluzione che poteva mettere d’accordo tutti.

“permettete mia signora, io avrei una idea che potrà mettere d’accordo tutti.”

Con un sospiro l’anziana fata diede la parola a Silvì.

“or dunque sentiamo !”

“ecco, potremo costruire un palazzo proprio sul confine della foresta, metà sul territorio degli umani e l’altra metà nel nostro.  Il principe ed io vivremo nel castello con la  promessa che, io fatina dei boschi non metterò mai piede nel territorio degli umani ed uscirò sempre  dal portone che si affaccerà sulla foresta ed il principe usufruirà dell’uscita opposta. voi  saprete sempre dove trovarmi ed io sarò sempre vicino a voi .Allora che ne dite mia saggia fata ?” concluse sorridendo maliziosa Silvì.

Le fate e il principe la guardarono ammutoliti poi, l’anziana fata, battè tre volte il suo bastone a terra.

“E sia !”.

Grida di gioia uscirono dalle piccole labbra rosee delle fatine e un bellissimo sorriso illuminò il viso del principe.

Sei mesi occorsero per costruire il palazzo dei due giovani e quando l’ultima pietra fu posta in cima alla torre più alta vennero celebrate le nozze ed un banchetto nuziale  fu sistemato a cavallo tra i due mondi , la grande foresta e il piccolo  regno degli umani . 



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