gino-aeroplanino

Gino, l’aeroplanino

Fiaba pubblicata da: Chignola annalisa

In mezzo al deserto, tra cactus, sassi e serpenti, si trovava una costruzione un po’ traballante.

Al suo interno erano stipati vecchi aeroplani che, stanchi di volare, si rifiutavano di accendere i motori.

Un giorno, mentre una tempesta di sabbia sferzava le grigie pareti dell’hangar, un grosso camion rumoroso, raggiunse la saracinesca che chiudeva l’entrata del deposito.  

Un omino, con un buffo cappello calato sugli occhi, scese dal camion e, litigando col vento che sollevava la sabbia, aprì il lucchetto e sollevò il pesante portone.

Un mormorio di disapprovazione si levò dai vecchi aeroplani: “Uffa, ecco che ne arriva un altro, già siamo stretti!” brontolò un grigio aeroplano.  

Ma intanto si spostò per dar spazio al nuovo arrivato .

Dal camion infatti era stato scaricato un piccolo aereo rosso e azzurro, con una simpatica elica sul muso.

L’omino spinse con forza il veicolo all’interno e, dimenticandosi poi di chiudere la saracinesca, salì sul suo camion, mise in moto e se ne andò.

“Ciao amici!” salutò l’aeroplano rosso-azzurro, di nome Gino.

Gli altri aerei lo guardarono un po’ di traverso e dal fondo dell’hangar si levò una vocina rauca: “Ciao piccolo aeroplano, benvenuto fra noi!”

“Benvenuto un corno!” ribatté un vecchio e grosso aeroplano.

“Qui non c’è più posto, guarda, la tua elica posteriore è fuori dall’hangar, proprio non ci stai! Poi – continuò – cosa fai tu qui, mi sembri ancora giovane e in buono stato per andare in pensione!”

“Hai ragione, non sono così vecchio, ma mi sono stancato di girare per i cieli della grande città, tra i fumi dei camini e lo smog delle automobili, così un giorno mi sono rifiutato di mettermi in moto.”

“Che strano tipo sei!” disse un Cesna con la sua voce sottile.

Un vocio di approvazione si levò dagli altri aerei, ma il piccolo Gino, aeroplanino non si scompose, anzi, con un sol giro della chiave, diede voce ai suoi motori e lentamente uscì dall’ hangar.

L’elica, con il suo vorticoso girare, sollevò una nuvola di sabbia e subito dopo la protesta di alcuni uccelli del deserto che stavano riposando al sole.

“Allora, amici, che ne dite di uscire anche voi da lì? Non avete voglia di sgranchirvi un po’ le ali?” Il vecchio aeroplano borbottò tra sé, ma l’ultimo aereo in fondo fece udire la sua voce per la prima volta e ribatté: “Perché no, vecchio aeroplano, sarà divertente uscire un po’ di qua e rivedere l’ azzurro del cielo.” “Ma sì, dai!” gli fece eco un altro aereo.” Ho proprio nostalgia del calore del sole sul mio muso!” “E va bene!” capitolò il vecchio aereo. “Uno alla volta accendiamo i motori e usciamo fuori!” Ci volle un po’ di tempo finché tutti riuscissero a rimettersi in moto, ma alla fine tutti si ritrovarono all’aperto.

Gino l’aeroplanino fu il primo ad alzarsi in volo e proseguì diritto per un po’ per poi iniziare una serie di simpatiche evoluzioni, gettandosi a capofitto verso il basso per poi invertire la rotta e risalire verso l’alto.

In breve tutti gli altri lo seguirono e per un po’ il deserto silenzioso si riempì di un gran frastuono.

Verso sera, la poca benzina che avevano nei serbatoi si esaurì, ma di nuovo Gino li stupì dicendo loro dove potersela procurare e fece segno di seguirlo.

Dopo poco, infatti, tutti atterrarono vicino ad una grande pompa di carburante poco usata e quindi ben fornita.

Gli aeroplani fecero il pieno, ma quando si girarono per rientrare, si accorsero che, ai margini del deserto di sabbia, si era levato un gran fumo grigio.

Gino gridò: “Guardate, la foresta sta bruciando, gli animali stanno scappando, bisogna fare qualcosa: loro non possono vivere nel deserto. Dobbiamo salvare la loro casa!”

“Ma come possiamo fare per aiutarli?” chiese il vecchio aeroplano.

“Lo so io!” intervenne il Cesna.

“Prendiamo quei grossi secchi, li agganciamo ai nostri carrelli ed andiamo ad attingere acqua.”

“Bravo, ma dove la troviamo l’acqua nel deserto?” Gino che sapeva sempre tutto ribatté: “Qui attorno, ci sono tante oasi con profondi specchi d’acqua.  Trovatele e calate i secchi. Quando saranno pieni, volate veloci verso la foresta e rovesciateli sopra l’incendio”.

Velocemente tutti ripresero il volo: chi a destra, chi a sinistra e tutti trovarono l’acqua.

Ci volle tutta la notte ma al mattino, quando il sole sorse nel cielo, l’incendio era domato.

Il bosco si salvò e gli animali poterono far ritorno nelle loro tane.

Di tutto questo fu spettatore l’omino con il cappello buffo, che aveva la casa poco lontana dalla foresta. Egli era allibito ed incredulo: gli aerei, che credeva non servissero più a nessuno, e che lui stesso aveva stipato nell’hangar, in realtà erano stati molto utili.

Decise allora di recarsi al deposito e quando lo raggiunse tutti gli aerei, erano al riparo, uno vicino all’altro e con i motori spenti.

“Se non li avessi visti con i miei occhi…” si disse l’omino “non ci crederei. Siete proprio stati bravi. Meritate una ricompensa. Domani darò inizio alla costruzione di un hangar più grande e farò portare  la pompa di carburante proprio qui, vicino a voi.”

Un mormorio di assenso si alzò da tutti gli aerei.  

Gino l’aeroplanino fece girare la sua lucente elica e, birichino, strizzò l’occhio ai suoi amici.



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