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Il giardiniere

Fiaba pubblicata da: Lisa5

Franco viveva al quarto piano di un palazzone, nella periferia ” bella” della sua grande città. Non che ci si vivesse male, lì: vita tranquilla, rispettabile ed un elegante giardino condominiale sul quale si affacciavano quattordici appartamenti, più o meno tutti uguali e c’era gente gentile  ed educata che vi abitava, insieme alle proprie grandi, ingombranti, importanti… automobili!

Tutto rientrava nei canoni richiesti ( da chi, poi?), come la sua stanza grande e luminosa, come il silenzio che accompagnava le vite di quelle quattordici famiglie, così discrete e lontane…. Ora, però, Franco sentiva che in lui qualcosa era cambiato, ora non riusciva più a guardare quel grande edificio, senza notare che sapeva di vecchio, di triste, di dimesso.

– Potreste regalarmi la bicicletta, per il mio compleanno!

Il bimbo scrutò i visi dei suoi genitori, stupiti (e forse un po’ imbarazzati?), mentre il leggero vapore delle minestre li avvolgeva e li sorprendeva, per un attimo, immobili.

– Ma Franco…

Rispose la mamma

– Non riusciresti ad usarla molto, qui!

– Potrei andare a scuola da solo, così voi non dovreste più accompagnarmi!

– Ah, no! Col traffico che c’è? E’ troppo pericoloso, no,no, no! E’ escluso!

Papà fu perentorio e questo chiudeva la discussione.

– Beh, vedremo, poi ne riparliamo… magari si potrebbero prendere i pattini: qui vicino c’è una bella pista, se ti iscrivo…

Mamma addolcì la pillola, ma Franco era deluso e, finito di cenare, visto che alla televisione non davano niente di interessante, se ne andò in camera sua.

I ricordi del campeggio estivo, appena concluso,tornarono, ancora una volta, a fargli compagnia.

Rivide il bosco, la sua luce, il verde e i visi di tanti amici, amici per quei pochi giorni, ma compagni di una bella allegria, insolita per uno come lui!

Gli tornarono alla mente suoni, odori e… di nuovo le immagini di quell’incontro segreto che… forse era stato tutto un sogno?

Già, si era allontanato per un attimo dagli altri e, come si ha la fortuna di sorprendere, che so, uno scoiattolo dalla coda rossa, o un’altra di quelle creature che di solito se  ne sta nascosta, proprio così, gli era apparso quello strano ometto. Che impressione! Era di spalle, chino ad osservare un cespuglio  di “non – so – che”, con la camicia verde squillante che gli copriva i pantaloni fino alle gambe, corte e magre, ma sembrava non essersi accorto di lui. Improvvisamente, però, si era girato sventolando una barba nera, nera, lunga fino alle ginocchia, mentre i suoi grandi baffi  e la nuvola di capelli scarmigliati e le sopracciglia folte, folte, erano completamente bianchi e immobili, rigidi e gonfi come se fossero stati cotonati e poi cosparsi di gel. Inutile dire che la tal cosa gli dava un’aria un po’ spiritata, forse un tantino teatrale…

Lo strano ometto non si era sorpreso nel vederlo, anzi, pareva aspettarlo, perchè aveva alzato lo sguardo su di lui e …

– Io leggo negli occhi dei bambini e so che prima o poi ti servirà questa cosa.

Franco era rimasto senza parole.

– Non aver paura, prendilo! Ti servirà al tuo ritorno, ti servirà molto!

Gli aveva dato un sacchettino di canapa marron, chiuso da un laccio verde, verde come la camicia.

– Spargilo un po’ ovunque, nei luoghi che ti danno tristezza, vedrai che effetto!

– Oh!

Non riusciva a capire e non sapeva decidersi: doveva scappare via, o cominciare a fare un mucchio di domande?

– Ci ho messo parecchi anni a raccoglierli: ogni stagione ne produce qualcuno. Sapessi, sono così difficili da trovare! Coraggio, prendili! Non importa, non mi ringraziare, non è un vero e proprio regalo…. poi capirai!

A quel punto l’ometto, con gli occhi sorridenti aveva guardato Franco intensamente, mentre i baffi bianchi riposavano immobili sulla lunga barba nera ed era rimasto in silenzio, ma Franco non era riuscito nemmeno a sillabare un ” Ah, si?” Allora quello aveva continuato imperterrito

– Se l’anno prossimo ritorni qui a raccontarmi quello che è successo, vorrà dire che i miei semi hanno trovato terra fertile e umore buono e che tu sei il giardiniere che cercavo. Ricordati, sono molto potenti, però devi avere i pensieri giusti, quando li spargi, altrimenti non germogliano e… oh! …

non aveva finito la frase, poiché qualcosa trai rami dell’arbusto di non – so – che aveva attratto la sua attenzione. Solo allora Franco aveva cominciato a balbettare qualche “perchè?” ,”cosa?”, “chi sei?”, ma gli altri lo stavano cercando e, proprio in quel momento, si era udita, chiara, la voce di Filippo che era in procinto di raggiungerlo.

– Che stai facendo? Dai, ti stiamo aspettando, si riparte subito!

Si era girato, un attimo, verso l’amico che era apparso in cima al sentiero e il misterioso tipo era già scomparso, dileguato, sparito. Altro mistero!

Ritornato dagli altri, Franco non aveva rivelato a nessuno di quell’incontro, anzi aveva nascosto in tasca quello strano sacchettino, sentendo la sua presenza per tutto il giorno: il pomeriggio, durante l’escursione e alla sera, davanti al falò, in mezzo agli scherzi e alle risate dei compagni. La notte, poi, in tenda, lo aveva tenuto vicino a sé, nel sacco a pelo e… aveva sognato…

C’era dell’acqua, un fiume e lui correva lungo le sue sponde, felice, libero e forte, non come gli accadeva, a volte, quando aveva gli incubi che lo tenevano fermo, inchiodato a terra, mentre qualche mostro senza volto avanzava inesorabile verso di lui…

Le vacanze erano quasi finite, ancora qualche giorno… e poi la scuola, i compiti, il corso di nuoto, il basket e… uffa!

– Domani telefono a Filippo.

Così l’indomani…

– Vieni da me?

– Ok, chiedo a mamma.

I due amici si incontrarono nel grande giardino condominiale, in uno di quei tiepidi pomeriggi di fine estate.

– E se facessimo una capanna?

Disse Franco

– Con che cosa? Il vostro giardiniere dopo la potatura ha portato via tutto, non c’è rimasto neanche uno stecchetto, manco una foglia per terra; guarda quelli alberelli: sembrano amputati, al posto dei rami ci sono dei moncherini!

– Già.

– Se giocassimo a pallone?

Propose a sua volta Filippo

– E’ proibito, lo sai, si fa troppo baccano. Ah, se avessimo la bicicletta!

– E poi dove andresti? L’erba non la puoi calpestare e in strada non ti ci fanno andare, che ci facciamo con la bici?

– Hai finito i compiti delle vacanze?

– Mi mancano quindici schede di narrativa, una di educazione all’immagine, una di studi sociali, quattro vero o falso di scienze e tre di storia. e tu?

– otto temi.

– Cosa sono?

– Boh!

– Uffa!

– Già.

Finirono davanti alla play, ma non si divertirono.

Alla sera Franco ripensò di nuovo all’ometto del bosco.

– Che avrà voluto dire?

Si chiese ancora una volta. Poi si mise in tasca, chissà perchè, il misterioso sacchettino e raggiunse mamma e papà che lo aspettavano davanti all’ascensore.

Miracolo! Si andava fuori a prendere il gelato! Beh, una volta tanto i suoi non erano stanchi e pieni di sonno dopo cena!

Scesero insieme e papà andò in garage a prendere la macchina. Peccato, perchè avrebbe fatto volentieri una passeggiata. Fuori, la serata era tiepida e piacevole e si sentiva uno strano odore di fiori dolci e di frutti maturi. Forse quella fresca folata, così densa di profumi era scesa dalle colline vicine e, per un po’, era riuscita a coprire il puzzo delle macchine e dell’asfalto. Sì, Franco ora ricordava i profumi del bosco e capiva l’orrore al quale era abituato, ogni giorno, tra le mura di casa, nel traffico convulso, nella vita di città, insomma. Si immaginò i vapori delle case, densi di aromi artificiali, di spray alla rosa finta o al finto pino silvestre  che uscivano, invisibili, dalle finestre aperte e si mescolavano ai miasmi dei tubi di scappamento delle automobili, delle plastiche cotte sotto il sole, dei puzzolenti vestiti sintetici. Ora, nemmeno il rumore fastidioso del quartiere, fatto di clacson, di rombi di motori, di frenate  e accelerate riusciva a disturbare quella sensazione di fresco e di pulito. Pareva che una nuvola magica, portando con sé i pensieri della natura trionfante, li avesse avvolti come dentro un invisibile bozzolo e imprigionati nell’intreccio dei suoi misteriosi fili. La strada, le case, i loro colori innaturali erano lontani, la loro forza, la loro violenza neutralizzate, una presenza sfumata in qualche parte dimenticata della mente.

– Forse ho capito.

pensò Franco

– E’ il momento!

Sentiva di avere i pensieri giusti!

Fece una corsa e raggiunse la strada.

– Dove vai?

La voce della mamma era ormai lontana. Franco aprì il sacchettino e lo rovesciò sull’asfalto.

I semi erano leggerissimi, così leggeri che sembravano volare da soli, come minuscole farfalle, come farfalle dalle ali iridescenti, sotto i raggi della luna.

Ecco, ora si spargevano dappertutto e poi si spegnevano, scomparendo nel buio della notte.

Fatto! non rimaneva che aspettare…

Già, qualcosa sarebbe accaduto, ma ciò che avvenne, poi, nessuno, tantomeno Franco, avrebbe potuto immaginarlo!

Nemmeno Barbacco, l’Auluncio del bosco, in verità, si aspettava una reazione simile dai suoi preziosi semi, sì un po’ di confusione, ma tutto quel caos, no! Figuriamoci i guai che ebbe dai Saggi del Gran Consiglio! Guai seri: non si scherza con la magia! Per fortuna gli Aulunci non riescono a rimanere arrabbiati troppo a lungo e Barbacco fu presto perdonato, senza evitare la meritata punizione, s’intende! Ma di questo parleremo in seguito… Ora torniamo a noi e a ciò che accadde dopo la magica semina di Franco.

Non ci volle molto tempo, anzi, già il giorno dopo, le strade della città, improvvisamente si coprirono di strane protuberanze, piccole cunette che crescevano a vista d’occhio e poi, tutto d’un tratto, si formarono, in cima ad esse, delle crepe profonde. Cric, Crac, croc, faceva l’asfalto scoppiando, come se delle ruvide, mostruose uova nere si stessero schiudendo. Ma quali fameliche creature, bramose di vite umane , quali esseri crudeli, pronti a distruggere il pianeta sarebbero nati? Altro che mostri! Spuntarono, invece, dei teneri germogli con verdi foglioline che, timidamente, fecero capolino cercando la luce e, subito, si distesero e allungarono i fragili, esili, rametti verso il cielo. L’apparenza inganna, si sa e quegli innocui vegetali non erano, poi, così inoffensivi. Lo scoprì subito qualche malcapitato automobilista che li “investì”, pensando che avrebbe schiacciato, in fondo, soltanto un po’ di cellulosa colorata di clorofilla e invece … si ritrovò con la macchina tutta ammaccata! Anche gli zelanti volontari con enormi cesoie  e seghe a motore ebbero la peggio. Infatti tutto cresceva ad una velocità spaventosa e, quando, con grande fatica, si riusciva a tagliare un ramo, (cosa che richiedeva almeno un’ora) in pochi minuti ne spuntavano due o tre e quelli si sviluppavano più di prima, con maggior forza e vigore. Già a mezzogiorno tutte le strade erano invase da piante, alberi alti e da ogni genere di vegetazione. Verso sera, molte chiome sfiorarono i piani alti dei palazzoni e la notte era scomparso l’asfalto, forse coperto dalle foglie o forse sepolto dalle radici che affioravano per sprofondare di nuovo, trascinando con sé i pezzi della strada, ormai distrutta.

.”Sarà colpa dell’ingegneria genetica?” si leggeva sui giornali, ” la nostra civiltà è in pericolo?” Si ascoltava alla radio e poi si aprirono i dibattiti alla tivù, del tipo: “Sono semi venuti dallo spazio, o c’è un nuovo virus che infetta le nostre piante?”

Ma, in realtà, nessuno ci capiva niente e malgrado le consulenze di insigni scienziati: botanici, biologi, agronomi e perfino ufologi e astrologi, malgrado scoppiassero ovunque “tempeste di cervelli”, malgrado la scienza, la burocrazia, la tecnica e la politica, malgrado tutto questo, dicevo, le nostre piante continuarono a vegetare più floride che mai e… la vita cambiò nella città di Franco. Le strade divennero inservibili per le automobili e …il nostro amico ebbe in regalo la tanto desiderata bicicletta! Dovreste vederli, lui e Filippo, mentre pedalano veloci, facendo la gimcana nella via boscata che porta a scuola e, quando arrivano, hanno le guance rosate e, a volte, una foglia o un rametto tra i capelli.

Annusateli, sanno di fresco e, guardateli, hanno gli occhi brillanti!

Mamma e papà, in principio  brontolarono un po’, perchè non c’erano più strade asfaltate ed era un peccato lasciare le proprie belle macchine chiuse nei garages, ma ebbero di che consolarsi per la luttuosa perdita automobilistica, perché le persone di ingegno cominciarono a proporre nuovi mezzi di locomozione, tipo fantastiche e avveniristiche funivie, sospese sui fianchi dei dolci colli che coronavano la città, o metro sotterranei, o altro … e finalmente furono ascoltate! Furono graditi soprattutto i simpatici battelli che cominciarono a percorrere la fitta rete di canali del territorio urbano. Essi, dapprima, scorrevano sotto l’asfalto, ma, ora,(che sorpresa!) erano emersi per opera delle piante misteriose ed erano diventati una vera attrazione. Inoltre, i genitori di Franco e tutti gli altri cittadini scoprirono, ben presto che … beh, non era poi così sgradevole pedalare e che era rilassante passeggiare, facendo quattro chiacchiere tra amici, senza il rumore del traffico che spegne le voci e confonde i pensieri! Ora c’era un  pezzettino di terra per tutti, per i bimbi che giocavano e per i vecchi che coltivavano l’orticello.

Avete mai sentito un nonno che dice…

– E’ mio nipote, quello che urla e schiamazza come un galletto all’alba!

E l’amico, il vicino di orto che gli risponde …

– Il mio è quello che corre e salta come un grillo!

Prima, questi discorsi se li ricordavano solo i vecchi, ma ora, nella città di Franco si ascoltano sempre più spesso e, prestate orecchio, qualcuno aggiunge ….

– Lascia che si divertano!

– Meglio le loro risate del rombo dei motori!

– Già, tutta un’altra vita!

Sì, tutta un’altra vita… una vita migliore… Così, per divertimento, la gente ricominciò ad usare le mani: le mani ripresero a cucire, ricamare, dipingere, intagliare, piallare, avvitare…. e tutto, perchè avevano perduto una insignificante ruota: il volante dell’automobile!

… Franco? mi chiedete di Franco? Beh, Franco, dapprima rimase un po’ sconvolto e ci mancò poco che spifferasse tutto ai suoi, perchè si sentiva colpevole di chissà quale catastrofe, poi, man mano che le cose procedettero per il meglio, si sentì risollevato, anzi, orgoglioso di essere stato complice dello sconosciuto ometto del bosco. A quel punto non riuscì più a trattenersi e una sera…

– Sai mamma, devo dirti una cosa… e raccontò tutto.

– A volte si sogna e, per un po’, credi che quello che hai immaginato sia vero…Ora vai a dormire e vedrai che poi passa!

Uffa! Si sentiva un eroe incompreso, ma forse, Filippo lo avrebbe ascoltato e insieme avrebbero cercato di rispondere alle mille domande che Franco si poneva ormai da troppo tempo. Certo, sentiva di aver fatto “la cosa giusta”, ma voleva una spiegazione e poi, chi era quello sconosciuto incontrato al campeggio?

Lo avrebbe rivisto veramente? Avrebbe dovuto aspettare ancora un anno?

Un’ altra Estate e le vacanze e di nuovo il bosco? E se quello non si fosse fatto vivo all’appuntamento?

Calma, calma, Barbacco, il nostro amico Auluncio, ( già lo sapete che si tratta di lui, vero?) era un tipo dalle mille risorse e, infatti, quella notte fece visita a Franco, in sogno, ovviamente!

Si, Franco lo vide con la sua camicia verde squillante che si muoveva come in un film, tra provette e alambicchi, tra attrezzi da giardinaggio e vasi fioriti  e capì che era un mago.

Ad un certo punto l’Auluncio guardò oltre lo schermo, verso di lui che era l’unico spettatore e disse:

– Hai fatto un buon lavoro! Vedrai, non sarà facile domare le piante elette, perchè, una volta germogliate, (e solo i pensieri della vera gioia possono aiutarle a farlo) esse si nutrono della tristezza e della noia della gente. Quando ne avranno assorbita una grande quantità, fioriranno e i loro semi torneranno qui al bosco ed io li raccoglierò. E’ la prima volta che faccio nascere le mie creature in una delle vostre città e non mi aspettavo una reazione simile, ma ormai è fatta, conviene continuare… beh, ora ti saluto …ah, un’altra cosa.. devo dirti una cosa importante… sì, ma quale? Accipicchia …la mia memoria … dov’è il rastrellino “trovapensieri”, dove l’ho messo?

e cominciò a rovistare tra un mucchio di carte, appunti e disegni che volarono in aria, poi finalmente sotto un vecchio libro spuntò un piccolo manico di legno

– Eccolo!

Barbacco, trionfante, si passò l’attrezzo tra i capelli già sconvolti e li acconciò per bene, così che la sua chioma bianca sparò le ciocche in alto come un istrice all’attacco.

A Franco venne da ridere nel sonno, ma cercò di trattenersi per rispetto.

– Ecco, ecco, ora ricordo…

Soddisfatto il mago si accarezzò la lunga barba nera e continuò

– mi raccomando, acqua in bocca, confidati solo con persone fidatissime, perchè potresti avere guai seri: non tutti sono contenti di quello che è successo! Mantieni il segreto e noi due potremo combinare ancora parecchi scherzetti, che di lavoro ce n’è ancora tanto da fare in giro!

Ciao, ti aspetto l’anno prossimo….

e Franco nel sonno disse:

– sì!

FINE

Barbacco e Pèopo non sono gli unici Aulunci combinaguai, anzi, forse non ce n’è uno che non abbia confezionato qualche pasticcio esemplare, un bel pacco sorpresa con tanto di fiocchi per i Saggi del Gran Consiglio che hanno il loro bel daffare a mantenere la disciplina con quei maghetti ribelli!

Ma loro sono fatti così e fanno fatica  a seguire le rigide regole della tradizione Auluncia, è la loro natura, non possono che trasgredire, però …però l’importante è che non sia troppo spesso! Per fortuna, alla fine, tutto si sistema, così i birbanti ricevono una solenne ramanzina, condita con la meritata punizione (più avanti, ve ne parlo…)

A proposito, mi piacerebbe sapere come hanno castigato Tomone, il bibliotecario di Auleia, perchè mi è capitato di ascoltare una strana storia, da una certa signora, la storia di un bimbo e di un curioso maghetto che… sembrava proprio lui, anzi era sicuramente lui, Tomone! Bisogna proprio che lo chieda a Pèopo, quando lo rivedo, sono troppo curiosa! Intanto, voi girate la pagina e leggetevi la storia…

Leggi tutte Le storie di Pèopo.

Questa favola è pubblicata da Boopen (www.boopen.it) nel libro dal titolo: Magie Verdi in Città. Buona lettura.



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