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Un Contadino, un Belzebù ed un Pastorello

Fiaba pubblicata da: GiamPiero Brenci

Mi chiamo Adalcisa ed abito, da sempre, in un piccolissimo e poverissimo paese di montagna, chiamato Poggiofiorito. Piccolo paese circondato da grandi ed imponenti boschi


Ed ho per nipote è un bambinetto magro, biondo con un ciuffo ribelle sulla fronte che non lo domereste nemmen con un rastrello. Ha una faccia da birba matricolata e lo sguardo irriverente.

Tanto adorabile quanto irrequieto, infatti viene chiamato da tutti: < Peste>!

Or voglio riportarvi di quanto ebbe a raccontarci un Birocciaio che è passato per il paese…..

Il conducente del carretto, uom dabbene e timorato di domineddio, ci disse che nella valle dell’Idice, giù in pianura, v’è un Contadino che trova di che vivere, stentatamente, lavorando ed arando un misero pezzo di terra che un Signorotto gli ha affittato a caro prezzo.

Tutti ben sanno, però, che il misero pezzo di terra sia avaro ed improduttivo ed il misero Contadino ha di che lamentarsi contro la sua matrigna sorte!

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Ordunque ci narrò il Birrocciaio, il vecchio cavallo, Sacco di Pulci, tirava l’aratro con le poche forze che aveva in corpo ed il contadino imprecava a gran voce per incitarlo maledicendo il Cielo, la natura e gli uomini per quel lavoro ingrato e duro.

A metà del lungo pomeriggio s’avvide, il Contadino, che un giovane Belzebù lo seguisse dappresso e comprese con gran sgomento che s’apprestasse a ‘coglierlo’ e a trarlo agli inferi stante che fosse giunto il suo momento e che stesse, come sua abitudine, imprecando al Cielo.

Il Contadino, terrorizzato, non trovò di meglio che scappare ad abbracciare una piccola e vecchia maestà di mattoni, con l’immagine della Madonna, che si ergeva sul bordo del suo campo….

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Egli s’avvide, con meraviglia, che il Belzebù avesse interrotto la sua caccia e rimanesse, interdetto, nei pressi.

Doveva trattarsi sicuramente di uno dei diavoli meno importanti e più giovani  della gerarchia dei Satanassi.

Al tremante Contadino tornò in mente d’aver sentito dire che un’Immagine Sacra possa tener lontano il Maligno e questo lo confortò un po’. Comprese poi  che il Belzebù fosse ‘acerbo’ e che, per sua fortuna, avesse commesso l’errore di lasciargli la possibilità di abbandonare l’aratro e correre alla vecchia maestà.

Suppose che se avesse potuto raggiungere la lontanissima chiesa di campagna l’avrebbe scampata…

Ma appena cercò d’avviarsi, staccandosi dalla sacra immagine, il Belzebù gli fu addosso ringhiando e sbavando. Con un colpo dei lunghi artigli gli distrusse la misera giubba!

Il poveretto, con un urlo, tornò ad avvinghiarsi alla maestà di mattoni e si mise a dir lunghe sequele di Ave, Pater ed altre preghiere che nemmeno ricordava di sapere…..

Le ore presero a scivolare sui due: uno avvinghiato alla colonna e l’altro, come un lupo  feroce, che girava d’attorno ringhiando, sbavando e facendo roteare i rossi occhi di brace.

Giunse il tramonto e, poi, sorse la luna ad illuminare debolmente l’assediante che ululava la sua rabbia e l’assediato che continuava a recitare Ave, Pater et Gloria senza la minima interruzione.

Si fece infine notte fonda ed il Contadino s’avvide, al chiarore della luna, che il belzebù si fosse adagiato e che gli ciondolasse la testa……

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Forse stava per cedere al sonno…. Ma appena il Contadino si fu sciolto dall’abbraccio della preziosa Maestà il satanasso dimostrandosi traditore ed infingardo, come deve esserlo un vero Belzebù tentatore, balzò in piedi e nuovamente cercò di ghermirlo con i suoi artigli.

Emise un ringhio così forte che anche la Luna ne trasalì….

Il povero Contadino s’apprestò a passare la sua ultima notte in maniera disperata e molto scomoda…

Stava quasi albeggiando quando il Contadino si ritrovò distrutto e sfinito dalle lunghe ore di preghiera. S’avvide che il Belzebù dormisse della grossa ronfando sonoramente disteso su un morbido letto di paglia. Ma come egli si mosse cautamente il ronfare si fece subito più leggero….

Gli fu palese che il satanasso fingesse, ora, di dormire, ma fosse ben pronto ad assalirlo alla prima occasione propizia.

Il pover uomo comprese, con terrore, che per colpa dell’insonnia, della sua stanchezza e delle sue gambe anchilosate non avrebbe potuto rimanere aggrovigliato alla Maestà ancora per lungo tempo. Non appena fosse scivolato a terra sarebbe stato alla mercé del suo carceriere che l’avrebbe alfine ghermito e trascinato all’inferno!

In quel momento il Contadino vide comparire un grosso cane meticcio di pelo nero, due pecore magre,  malmesse ed un Pastorello magro, biondo, con i capelli ribelli e l’espressione irriverente da birba matricolata.

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Al bambino egli chiese aiuto, anche se dubitava che il Pastorello avrebbe potuto assecondarlo.

Se il giovane si fosse avvicinato, forse sarebbe stato dilaniato dagli artigli del Belzebù e forse ghermito anche lui……

Il Pastorello continuò a masticare, tranquillamente, il suo formaggio secco per un po’ come se stesse decidendo sul da farsi.

Infine indicò qualcosa al grosso cane e mentre parlava gli accarezzava la grossa testa. Poi esclamò:

< Alè, Medoro! > e il cane si mosse dirigendosi verso un grosso riccio che era sbucato dall’erba folta e che si dirigeva a passetti brevi e rapidi all’imbocco della sua tana.

Che è ben risaputo che i ricci non amino vagabondare di giorno e che preferiscano farlo di notte.

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L’animale vedendosi minacciato dal grosso cane si appallottò a difesa, ma forse comprese che il cane non gli avrebbe arrecato danno visto che non cercò nemmeno di colpirlo con gli aculei.

Il Belzebù ad occhi socchiusi ignorò bellamente le mosse del meticcio concentrando tutta la sua attenzione sullo sfinito contadino che stava per scivolare a terra stanco per la mancanza di sonno e per il digiuno.

E Medoro lestamente sospinse il riccio appallottolato nelle braghe del finto dormiente!

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In un attimo il Satanasso ne ebbe le terga dilaniate!

Ululando, imprecando e schiumando rabbia dovette rintanarsi agli inferi scornato e dolorante.

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Ed il suo Principale e tutti i Satanassi in coro  lo corbellarono a lungo avendo egli fatto la figura dell’incapace e dello stolto!

 Il Pastorello scosse la testa con aria schifata d’innanzi a tanta dabbenaggine!    

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Ignorò quasi le benedizioni del Contadino e fece per riprendere il suo andare.

Dopotutto, mi disse il Birocciaio, aveva quattro pecore, seppur magre e macilente, da accudire, che il Contadino gliene aveva regalate due per il grande favore resogli.

E, così mi disse il Birocciaio, quando il Contadino gli chiese come si chiamasse il fanciullo magro lo guardò con aria di sufficienza e con un mezzo sbuffo esclamò:

< Mi chiamano “Peste”! Ma non né so il motivo.. Alè. Medoro, alè! >

E in un attimo il Pastorello, il Medoro e le quattro pecore scomparvero oltre una fila di cespugli.

Il Birocciaio esclamò, però, che quella avrebbe potuto essere una ‘fola’ da camino di quelle che, complici il vino, finiscono per divenire fanfaronate inventate di sana pianta!

E, scuotendo la testa, s’allontanò con il suo carretto carico di legna da ardere.

Mia sorella mi fissò e per la seconda volta mi chiese cosa ne pensassi io di quel gran discolo di suo figlio….

< Peste sarà anche un gran discolo, ma bisogna ammettere che di certi ‘discoli’ ve ne sia un gran bisogno! > esclamai

E ve ne narrerò ancora, se vorrete, parola d’Adalcisa!

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Le immagini sono offerte da Rubens Fogacci

© Elaborato ideato e realizzato da  GiamPiero Brenci (www.basiliscohistory.it)

L’Autore pubblica  < ISTORIE DI UN BASILISCO > con la Maglio Editore

 

 



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