Avventura di pagliaccio e Bica la formica

Fiaba pubblicata da: Geremina Leva

C’erano una volta in un piccolo villaggio tre arpie che si chiamavano Cipressa, Tea e Cariola.

Erano malvagie e invidiose della Principessa e un giorno lanciarono, su tutti gli abitanti, un gran brutto incantesimo.

Era l’incantesimo del sorriso spezzato e nessuno da quel momento poteva più ridere.

La sola che avrebbe potuto sciogliere l’incantesimo era, per l’appunto, la Principessa ma era stata imprigionata dalle arpie nella stanza più buia e sotterranea del loro castellaccio.  Nel villaggio regnava perciò una grande tristezza.

Il più triste di tutti era Pagliaccio che, non riuscendo a far ridere più nessuno, se ne stava tutto il giorno sdraiato ai piedi di una vecchia quercia e qui sonnecchiava pigramente.
I ricci capelli color arancio erano spenti e cadenti come un vecchio bastoncino di zucchero filato, mentre grossi lacrimoni scendevano, non già dagli occhi, ma dal tondo naso rosso.

Un giorno mentre dormicchiava sentì un gran solletico ai piedi, tanto che dovette tirarsi su e prese a ridere come un matto.

“Ma che succede?” gridava tra le risa. Non era altri che Bica la formica. Stava facendo la sua solita passeggiata quando si era trovata davanti ad un piedone con calze a strisce bianche e nere e pensando si trattasse di strisce pedonali, le attraversò velocemente fin sull’allucione.
Pagliaccio rise proprio di gusto e si ricordò di quanto fosse bello ridere. Mentre diceva questo alla sua amica Bica, che intanto era salita fin su la spalla, sentirono i passi di qualcuno.

Erano le arpie che passeggiavano nel bosco e siccome erano prepotenti e maleducate, nel mentre tiravano ciuffi d’erba, strappavano fiori, rigavano i tronchi degli alberi, buttavano cartacce a terra. Non si accorsero di Pagliaccio, men che meno della minuscola Bica e quindi continuarono a parlare come se niente fosse:
“Hai visto che musoni giù al villaggio?” e ridevano a crepapelle, “così imparano” e ridevano.
“E quando si saranno dimenticati della loro sdolcinata Principessa, prenderemo noi il potere e saremo regine indiscusse” e ridevano e se ne andavano.

Pagliaccio fece due più due diviso due e capì che dietro la tristezza degli abitanti del villaggio c’era lo zampino delle arpie e siccome era simpatico ma anche furbo, chiese a Bica la formica di aiutarlo a scoprire cosa stavano tramando.

Andarono così al castellaccio delle arpie, Bica cercò un foro della sua taglia ed entrò. Girovagò indisturbata per tutte le stanze, stando attenta a cani, gatti, lucertole e piccioni finchè scoprì che nella stanza più buia era rinchiusa la Principessa.
Seguì poi il suono di voci provenire dal fondo di un lungo corridoio e arrivò nella stanza degli intrugli e dei guazzabugli, dove le tre arpie erano intente a rimestare, tagliuzzare, spremere e frullare: stavano mettendo a punto le loro pozioni malefiche. E mentre parlavano delle loro cose, Bica la formica scoprì dell’incantesimo del sorriso spezzato lanciato sugli abitanti del villaggio.

Corse quindi subito ad avvisare Pagliaccio che la aspettava fuori dalle mura del castello.
“Che guaio Bica” commentò Pagliaccio “dobbiamo trovare in fretta una soluzione per liberare la Principessa. Solo lei può dirci cosa fare”.
Tutta la notte Pagliaccio restò sveglio per cercare di farsi venire un’idea e siccome era simpatico, furbo ma anche tanto bizzarro, per farsi venire un’idea saltava su un piede solo, un passo avanti, due indietro, tre a destra e quattro a sinistra. E andò avanti così, con questo passo (guai a sbagliare, tutte le idee sarebbero sparite!). All’alba sfinito per i salti e con una scarpa consumata, finalmente trovò la soluzione.

Si appostò fuori dal castellaccio e quando le arpie uscirono per la solita passeggiata, Pagliaccio le avvicinò e iniziò lo spettacolo: travestimenti, magie, conigli che saltavano dai cappelli, bretelle che diventavano altalene, insomma uno spettacolo molto molto divertente. Le arpie pensarono che era un forestiero venuto a far soldi e gli chiesero di andare al castellaccio la sera stessa a dare uno spettacolo.

La sera fu quindi ricevuto dalla porta di ingresso, nessuno si era accorto della minuscola formica che stava sulla sua spalla. E così mentre le arpie erano sdraiate sui loro divani a ridere e a mangiare nidi di rondini arrosto e uova di drago al cioccolato, Pagliaccio iniziò lo spettacolo.

Ad un bel tratto, nel bel mezzo di una magia, finse di trasformarsi in una formica e si allontanò dietro il sipario. Era Bica la formica travestita da Pagliaccio che ora prendeva il suo posto sul palco.
Le arpie dovettero strabuzzare gli occhi per vederla tanto era minuscola e si spanciavano dalle risate guardando una formica con la parrucca arancione e il naso rosso. “Ma come ha fatto?” si sorprendevano le arpie, confuse anche dal succo d’uva che divoravano ad interi boccali d’un sol fiato.

Intanto Pagliaccio cercò la Principessa. La liberò in un batter d’occhio perchè tutte le guardie erano allo spettacolo e insieme corsero fuori dal castellaccio.
Intanto Bica continuava a divertire i suoi spettatori, arpie incluse, finchè annunciò la magia del ‘piccolo che più piccolo non si può’. Si nascose allora in un buchino del palco e tutti si misero con il naso a terra per cercare di vederla.

Bica invece era diretta fuori dal castello e quando sbucò dal muro e la Principessa la vide travestita da Pagliaccio, scoppiò in una grande risata e non la smetteva più di ridere.
Ad un tratto videro in cielo una schiuma di stelle, come l’onda del mare che arriva sulla spiaggia e poi se ne va. Pagliaccio capì subito:
“Ma certo! Grazie alla risata della Principessa l’incantesimo del sorriso spezzato si è rotto. Ecco perchè le arpie ti avevano rinchiuso, eri l’unica che poteva sconfiggere la loro magia”.
La Principessa annuì e disse: “Dobbiamo fare in fretta e trovare il modo di allontanare le arpie perchè quando scopriranno che sono scappata e che l’incantesimo è sciolto andranno su tutte le furie”.

Ma Bica la formica stupì tutti perchè, mentre era nella stanza degli intrugli e dei guazzabugli ad origliare quello che le arpie dicevano, si era nascosta su uno scaffale pieno di bottigliette. Ne aveva presa allora una su cui era scritto ‘intruglio per diventare piccoli’.

Ora sì che sarebbe stato facile liberarsi delle arpie. Bica rientrò nel castellaccio, arrivò al pozzo dell’acqua che stava in mezzo al cortile e splash! vi versò l’intera bottiglietta. E così che quando le arpie presero a bere acqua diventarono piccole, ma piccole, più piccole di Bica la formica. Furono quindi catturate e rinchiuse in un vasetto di vetro su cui era scritto: ‘Chi agli altri toglie il riso e la libertà mai più grande diventerà’.

Al villaggio tornò il sereno e le risate.

Pagliaccio, Bica la formica e la Principessa vissero nel castello ridarolo felici e contenti.



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